36. Leonardo

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Dopo una giornata intera con i bambini e qualche boccale di birra di troppo a cena, io e Cami siamo tornati in stanza.
La sento imprecare alle mie spalle e, non capendo se ce l'avesse con me, mi giro di scatto verso di lei. Sta lottando semplicemente con i suoi jeans.
«Dannazione! La lampo è bloccata.»
«Non riesci a sfilarli comunque?»
«Se avessi potuto sfilarli così, non sarei qui a lottare con questa stupida zip. Mi daresti una mano?»
Non credo sia un ottima idea quella di farsi spogliare da me. Non credo che riuscirei a resisterle ancora per molto.
Cami si sfila il maglione restando in reggiseno per poi ritornare a maneggiare la cerniera. Sgrano gli occhi e le chiedo: «cosa stai facendo?»
«Non è evidente? Sto cercando di spogliarmi», risponde con un ghigno.
Credo sia ubriaca. Si sta spogliando avanti a me. Vuole provocarmi? Sta ancora giocando? O semplicemente è troppo brilla per rendersi conto di quello che sta facendo?
«E vuoi farlo qui? Avanti a me?»
«Che male c'è. L'hai detto stesso tu che non c'è niente che tu non abbia già visto», mi canzona.
riesce finalmente a togliersi quei jeans e non posso non notare che la sua lingerie è abbinata. È un caso?
«È un perizoma quello?», chiedo cercando di non far trasparire il mio stato di eccitazione.
«Si, ti piace?» domanda maliziosa.
«Stai giocando con il fuoco. Lo sai?» mormoro a denti stretti.
«Non mi piace perdere quando c'è in mezzo una sfida», afferma biascicando.
Ok, è ubriaca. Non posso stare qui a guardarla mentre lei mi provoca. L'unico motivo per cui non mi sono avventato ancora su di lei è solo perché domani mi odierebbe per essermene approfittato.
«Vado a farmi una doccia», la informo.
Entro in bagno e, una volta spogliato, mi butto sotto il getto freddo della doccia. È proprio quello di cui ho bisogno. Sono appoggiato con le mani al muro. Gli occhi chiusi, mentre l'acqua scorre veloce sul mio viso.
Improvvisamente due mani calde mi cingono la vita e una serie di baci si fanno strada sulla mia schiena.
«Cami, non farlo!», l'avviso voltandomi verso di lei. Completamente nuda, come madre natura l'ha fatta, è in piedi avanti a me con un sorrisetto che la dice lunga.
«Lasciati andare», ordina.
«No, domani mi...»
Mi interrompe portando un dito alla mia bocca per farmi tacere.
«A domani ci pensiamo... Domani», esclama ridendo.
«Cami, per favore!» la imploro. Ma è troppo tardi. Mi sta mordicchiando il lobo dell'orecchio mentre struscia il suo corpo contro il mio.
«Lasciati andare», ripete. Strofina il suo pube sulla mia erezione. Tutto il mio autocontrollo svanisce in un attimo. Afferro il suo sedere con forza e la prendo in braccio facendola aggrappare con le gambe alla mia vita. La poggio con la schiena al muro e inizio a baciarle i seni stuzzicandolo con la lingua. Le scappa un gemito e mi afferra il viso con le mani portando violentemente la sua bocca sulla mia. Le nostre lingue si incontrano e danzano all'unisono sulla base di una canzone già conosciuta. La nostra.
Dopo varie effusioni, con il respiro corto e il battito accelerato, esclamo: «Aspettami a letto!»
Cami è inizialmente contrariata, ma poi annuisce ed esce dalla doccia.
Mi siedo a terra sulla piattaforma della doccia con l'acqua che continua a scorrere gelida su di me.
Una serie di dubbi mi affiorano alla mente. Sto facendo la cosa giusta? E se domani se ne pente? E se non mi perdonasse?
Esco dalla doccia e raggiungo Cami.
È sul letto con ancora un vago sorriso.
«Ti hanno mai detto che non si fa aspettare mai una signora?»
«Cami, ascolta...»
«Leo vieni qui, ora», mi ordina.
Mi avvicino , mi chino su di lei e le stampo un bacio sulla fronte. Prendo il mio cuscino e mormoro: «buona notte, piccola»
È sbronza e non ho intenzione di approfittarmene. Mi sistemo a terra sul tappeto, come il primo giorno, e fisso il camino imprecando contro me stesso per essere così stronzo!
Si agita per diversi minuti, fa un profondo respiro e con un filo di voce chiede: «Perché?»
«Perché voglio che tu ricorda la nostra prima volta come qualcosa di speciale e non come un semplice rimorso», le spiego calmo.
«Leo?» Si appoggia sul gomito.
«Si?» le dico senza muovermi. Non voglio incontrare il suo sguardo, ogni lucidità acquistata svanirebbe all'istante.
«Ti perdono», esclama. «Sei un bravo ragazzo»
«So che sei ubriaca, non dire cose di cui potresti pentirtene.»
«Buona notte, Leo», esclama tornando a stendersi.
«Cami?»
«Si?», risponde alzando poco la testa.
«Ti amo, Cami», mormoro. «È la cosa più egoista che possa dirti ora. Ma almeno una volta devo dirlo e tu devi sentirtelo dire. Ed è proprio perché ti amo che non posso fare l'egoista con te»
«Allora perché me lo stai dicendo», chiede sedendosi sul letto.
«Perché domani non ricorderai nulla di tutto questo.»
«E se lo ricordassi?», chiede con un filo di voce.
«Non succederà, ma se accadesse, direi che te lo sei immaginato e che l'alcol fa brutti scherzi», le dico ridendo.
«Ti amo anche io», mormora tornando a stendersi.
«Non è vero, ma grazie per avermelo detto.»

La mattina seguente il grido di Cami mi sveglia dal sonno che avevo conquistato da poche ore. Dopo una serata del genere è difficile riuscire a dormire.
«Oh. Mio. Dio.» esclama. «Sono nuda?!» grida ancora.
«Buongiorno anche a te», biascico con la voce impastata dal sonno.
«Perché sono nuda?», chiede gridando. «Non avremmo mica fatto...»
«No, non abbiamo fatto sesso. Non è successo niente. Eri così ubriaca e stanca che non sei riuscita nemmeno a metterti il pigiama», mento.
«Ecco perché ho questo terribile cerchio alla testa. Ho un vero e proprio vuoto da dopo il locale in cui abbiamo cenato con Filippo», mormora.
«Tu l'alcol non lo reggi manco un po'», mormoro stiracchiandomi. Resto bloccato letteralmente con la schiena e un gridolino di dolore fuoriesce dalla mia bocca.
«Leo? Va tutto bene?», chiede Cami preoccupata.
«No sono bloccato», le dico sofferente.
«Vuoi che ti faccia un massaggio?»
«No, non preoccuparti», esclamo mentre emetto un altro suono per il dolore.
«Guarda che mio padre era un fisioterapista. Mi ha insegnato un po' di cose.»
«Ok, va bene. Ma sbrigati!»
«Ti dispiace chiudere gli occhi mentre indosso qualcosa?»
È seria? Dopo ieri sera... Ah, giusto, era ubriaca. Non ricorda niente.
Chiudo gli occhi e sento Cami scendere dal letto e poi avvicinarsi a me.
Posa le sue delicate mani sulla mia schiena e inizia il massaggio.
«Va meglio?» chiede preoccupata.
«Decisamente», confermo. «Credo che sia ora di trovarmi un'altra stanza, non posso continuare a dormire per terra.»
«No!», esclama.
Alzo un sopracciglio come per chiederle cosa le prendesse.
«No, non ci sono altre stanze disponibili, ho già chiesto. Puoi sempre dormire sul letto con me», mormora.
«Non credo sia una buona idea», confesso.
«Metteremo qualcosa al centro del letto per mantenere le distanze», ridacchia divertita.
«E va bene!»
Sembra quasi sollevata e non ne capisco il motivo. Io non capisco lei. Vorrei tanto entrargli in quella testolina e mettere ordine tra i suoi pensieri.

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now