24. Camilla

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Non penso che saremmo riusciti ad evitarci ancora a lungo, dato che frequentiamo lo stesso indirizzo all'accademia e lavoriamo nello stesso posto. Quindi forse la cosa più sensata è provare a essere amici. Sarà dura, ma credo di poter riuscire in questa ardua impresa. E' quello che voglio davvero?
A volte, forse, non importa davvero quello che che si vuole. A volte forse siamo costretti a prendere decisioni, che forse nemmeno condividiamo, per quieto vivere. Leo è fidanzato, che mi piaccia o no. 
E poi non posso nascondere che, ultimamente, tutte queste attenzioni da parte di Simone mi piacciono parecchio. 
«Allora amici, eh?», chiede Simone, facendomi sobbalzare mentre uscivo dal bagno con i capelli ancora bagnati, dopo essermi fatta una doccia calda. Lui era seduto sul mio letto giocherellando con un mio peluche. Sembra che solo ora stia metabolizzando quello che gli ho sussurrato alla villa. Infatti siamo stati in silenzio per tutto il tragitto dalla casa-famiglia fino a casa mia. Mia mamma, ovviamente non è in casa, è a lavoro, per questo ho deciso di far salire Simone da me.
Prendo posto accanto a lui sul mio letto. Poggio la mia mano sulla sua e lo guardo dritto negli occhi.
«Si, solo semplici amici», esclamo sorridendo. Sono consapevole di non avere ancora risolto il mio problema, i sentimenti che temo di provare ancora per Leo, ma è ora di allargare il mio orizzonte. Che questo "orizzonte" possa essere Simone? Effettivamente potrei dargli una chance.
Senza pensarci, mi chino su di lui e poso le mie labbra sulle sue. La sue labbra sono così morbide e calde. Appena però la sua bocca si schiude, indietreggio, staccandomi da lui e arrossendo. Che problemi hai, Camilla?
«Scusa... io...»,farfuglio confusa. «E' ora di andare», continuo alzandomi dal letto, «faremo tardi.»
Simone mi scruta con i suoi grandi occhi verdi. Sembra quasi un modello, con la sua mascella quadrata e la pelle liscia e olivastra.
«Andiamo!», esclama con un sorriso. 

Mi avvio verso l'uscita e aspetto che lui mi segua per chiudere la porta di casa a chiave. Ma Simone è fermo lì, imbambolato avanti ad una foto, cercando di soffocare una risata. 
«Cosa stai guardando?».
Simone non riesce pi a trattenersi e scoppia in una fragorosa risata. «Sei bellissima», continua ridendo.
Non capendo quale foto lo facesse ridere così tanto, mi avvicino. La foto ritrae me con indosso solo un pannolino, un sorriso a due denti, le mani sporche di gelato e due codini così stretti che i miei occhi erano a mandorla. Arrossisco per l'imbarazzo, mentre Simone continua a prendersi gioco di me.
«Fantastica. Posso dire di averti visto in topless», esclama divertito.
Lo prendo per mano e lo tiro fuori la porta. «Andiamo!», mormoro imbarazzata.
Una volta giù, indosso il mio bellissimo casco nuovo e salto in sella.
LA prima lezione del giorno è disegno. Peccato! Avrei preferito una lezione del prof. Giusti. Almeno avrei recuperato qualche ora di sonno.
Prendo posto avanti ad un cavalletto. Simone mi segue ma i cavalletti affianco al mio, sono già tutti occupati. Sbuffa e fa per andarsene dall'altro lato dell'aula, dove la visuale della modella, o del modello, sono ridotte. Chissà oggi chi ci toccherà ritrarre. Mi alzo in piedi e scruto l'aula in cerca di un posto migliore per Simone. Bingo! Dietro di me sembra non esserci nessuno.
«Aspetta!», esclamo tirandolo per un braccio. «Qui dietro non c'è nessuno», esclamo indicandogli il cavalletto.

Simone va a posizionarsi, ma sbuffa di nuovo. «C'è uno zaino», piagnucola.
«Spostalo. Magari è di qualche studente della lezione precedente».
«O magari è mio e sono arrivato giusto in tempo!», esclama una voce familiare. Ho capito benissimo chi sia.
«Leo!», esclamo. «Bentornato», gli dico con un sorriso.
«Grazie», mormora. Il suo viso è stanco e le sue occhiaie sono ben marcate. 
«Pensavo non saresti venuto, oggi, dopo una nottata del genere», bofonchia Simone.
«E invece, eccomi qui», esclama Leo con fare di sfida.

Sembra di tornare al primo mese di accademia, quando tra i due non correva buon sangue e l'aria si tagliava con la punta di un coltello.
«Se vuoi ti cedo il mio posto», esclama Leo.
«Faresti un favore a tutti», sbotta Simone.
Leo raccoglie il suo zaino, si avvicina a me e mi da un bacio sulla guancia. «Ci vediamo dopo», esclama. E trova posto nel lato opposto dell'aula.

Inutile dire che sono bordeaux in volto. In più sento puntato addosso lo sguardo inquisitore di Simone. Ma prima che possa aprir bocca, il Prof. Punto attira la nostra attenzione. 
«Buongiorno ragazzi!», squittisce. «Oggi vi ho portato una cara studentessa del secondo anno, a me molto cara, che vi farà da modella».
Una donna? Perché non un ragazzo alto e aitante? Mai una gioia!
Preparo il mio rotolo da carta da parati e il mio carboncino, mentre attendiamo l'arrivo della cocca del professore.
«Eccola. Vieni tesoro, posizionati sul piedistallo», esclama il prof. alla ragazza.
Sollevo lo sguardo dal carboncino e mi imbatto nella visione di Vicky, in piedi accanto al professor Punto. E' a piedi nudi, con un accappatoio addosso e i capelli corvino lisci che le ricadono sul seno.
Nella stanza circolarono vari apprezzamenti maschili. «Finalmente una modella nuova e sopratutto giovane», mormorano divertiti.
La fisso con il viso pietrificato, cercando di mascherare la mia evidente sorpresa e rabbia. Stai calma Cami, ordino a me stessa.Subito Vicky cerca lo sguardo i Leo, un sorriso che increspa una guancia, gli occhi sornioni e divertiti. e quando fu sicura di aver catturato la sua attenzione, ammicca maliziosa.
«Ma è la ragazza di Leo?», chiede sorpreso Simone.
Annuisco senza nemmeno voltarmi.
Vicky sale sulla pedana dei modelli e, senza staccare lo sguardo da Leo, si sfila l'accappatoio. E' in piedi di fronte all'intera classe, bella da far paura, nuda come la Venere di Botticelli. I suoi seni sembrano sfidare la forza di gravità. 
Altri apprezzamenti maschili circolavano seguiti da risatine fastidiose. Cazzo, non avete mai visto una donna nuda?
«Silenzio!», ordina il professore, «non ammetto questo tipo di comportamento da studenti universitari come voi. A lavoro forza.»
Gli occhi di Lei rimasero incollati a quelli di Leo, mentre quest'ultimo è scioccato. Leggo il panico nei suoi occhi. Che c'è? Ti infastidisce che tutti guardino la tua Venere?
Vicky assume la sua prima posa e solo allora si accorge della mia presenza. Mi sorride divertita e soddisfatta nel vedere il mio turbamento.
Abbasso la testa, prendo il carboncino e inizio a tracciare uno schizzo.
«Che stronzo», mormora Simone.
Faccio finta di niente e continuo a disegnare come se fosse tutto normale. 
Passati cinque minuti, Vicky prende una pausa e, infilandosi l'accappatoio, ne approfitta per girare con Punto tra i cavalletti. La cosa mi infastidisce non poco. Così prendo tutto il mio materiale e lo chiudo nella cartellina, prima che il professore possa arrivare a me. Frustrata e arrabbiata, mi incammino a passo svelto verso l'uscita e chiudo violentemente la porta, senza volerlo. O forse si?

Mi avvio verso il giardino, ma non ci sono muretti liberi per potersi sedere tranquillamente senza che nessuna possa rivolgerti la parola. Così decido di sedermi sui gradini delle scale che portano ai piani superiori. 

«Cami», piombò avanti a me Leo con il fiatone.
«Cosa vuoi Leo?»

«Io... mi dispiace. Non ero a conoscenza di...» farfuglia.

«Tranquillo è tutto ok. Perché dovrebbe interessarmi poi?», mento.
«Perché sei andata via allora?»
«Sono stanca Leo. E' stata una lunga nottata. Ho solo bisogno di andare a casa e gettarmi sul letto», mormoro improvvisando un finto sbadiglio.
«Senti per quanto riguarda Vicky... Noi ci siamo presi una pausa», confessa piano.

Spero non si veda il mio chiaro stupore a quell'affermazione.
«Buon per voi. Ora scusa, ma devo andare», gli dico alzandomi di fretta e voltandogli le spalle per fuggire il più lontano da lui. Sapevo che questa cazzata dell' "amicizia" non poteva funzionare. Ma che problemi ho? Prima bacio Simone e poi mi infastidisco alla presenza della fidanzata del ragazzo che mi ha spezzato il cuore poco più di un mese fa. 
Leo mi prende per un polso e mi volta verso di lui. Il suo sguardo è duro. sta per dirmi qualcosa ma per fortuna Simone compare avanti a noi.

«Levagli le mani di dosso, ora», ringhia Simone alle sue spalle. Leo mi lascia il polso e alza le mani in segno di arresa. Si allontana superandomi senza manco voltarsi verso Simone.
«Grazie», mormoro.
«Vieni ti accompagno a casa», mormora Simone.
«Ti prego portami a casa tua», lo imploro.
Simone sgrana gli occhi per la sorpresa, ma poi annuisce e ci incamminiamo verso la sua moto.

 



Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now