5. Camilla

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Drin Drin

A tentoni cerco di spegnere la sveglia. Mi alzo e corro verso il bagno. Avevo dimenticato di impostarla prima del solito. Non sono sicura di arrivare in orario in accademia, visto che non andrò in scooter con Lily oggi.

Faccio una doccia velocissima, infilo il primo vestito preso dal fondo dell'armadio, ma mi accorgo di non avere il tempo necessario per asciugarmi i capelli, così li raccolgo in una morbida crocchia. Per fortuna ci sono ancora 30°C lì fuori. Metto un velo di mascara e mi precipito in cucina per salutare mamma. Le do un caloroso bacio sulla guancia e le sorrido: «Buongiorno, mamma», esclamo, mentre lei mi guarda stupita tanto da chiedermi: «Come mai così presto stamattina?» Ignoro palesemente la domanda dandole un altro bacio. Afferro il cornetto e volo giù per le scale del palazzo.

«Sei uno schianto, tesoro!» urla mia madre dal pianerottolo.
Guardo il mio riflesso nel vetro del portone e mi accorgo di essere un po' troppo scollata. Anche se mia madre mi ripete spesso che "le cose belle si fanno vedere", personalmente provo sempre comunque un senso di disagio e di imbarazzo per il mio seno prosperoso. Quando incontro un ragazzo, il suo sguardo non cade mai nei miei occhi, ma leggermente più giù.

Finalmente arrivo, senza fiato, alla fermata dell'autobus. Sciolgo i capelli, ormai asciutti, e li sistemo portandoli avanti, in modo da coprire almeno un po' il mio davanzale.

Aspetto un autobus che mi porti almeno nelle vicinanze dell'accademia, non vorrei pretendere troppo sperando in un pullman che mi porti proprio di fronte l'università. Sarebbe chiedere troppo. Dopo più di venti minuti di attesa, finalmente eccone uno. Fermatosi proprio avanti ai miei piedi, faccio per entrare ma mi fermo non appena mi accorgo, voltandomi verso la strada, che un ragazzo corre verso di noi pregando l'autista di aspettarlo. Appoggio un solo piede sul gradino in modo che il conducente non possa chiudere le porte, ma quest'ultimo mi fissa in cagnesco.

«Mi scusi, può aspettare un attimo?» chiedo garbatamente al conducente, che, con uno sguardo omicida, annuisce mormorando qualcosa di incomprensibile. «Grazie», farfuglia il ragazzo con il fiatone una volta raggiuntoci.

«Ringrazia la ragazza. Se fosse dipeso da me, sarei già partito da un pezzo», afferma il conducente con tono al quanto seccato.

Mi volto di scatto verso il ragazzo avendo riconosciuto la sua voce. Al mio cuore manca un battito. Mi sorride e si avvicina per salutarmi e ringraziarmi. «Buongiorno, Cami. E grazie.» Mi bacia la guancia.

«Buongiorno, Leo», rispondo, mentre le mie guance vanno in fiamme come al solito.

«Ti hanno mai detto che sei carina quando arrossisci?»
Di certo non mi aiuta facendo così.

«Come mai sei da sola?»

«Ieri ho litigato con Lily, la mia migliore amica, sostiene che...», taccio non appena mi rendo conto di poter dire fin troppo. «Lascia perdere.»

Leo infila le mani in tasca, afferra il cellulare e me lo porge, mentre con l'altra aspetta che io gli dia qualcosa. Lo fisso confusa.

«Cami, dammi il tuo cellulare» ordina, «così possiamo scambiarci i numeri di telefono in modo che la prossima volta, quando litigherai di nuovo con lei, io potrò avere la tua compagnia durante il tragitto verso l'accademia», continua con un sorriso dolce.

Afferro il suo telefono, mentre nel frattempo gli porgo il mio. Digito il mio numero sul suo cellulare salvandolo sotto il nome di "compagna di pullman" e glielo restituisco.

Restiamo in silenzio per un po' finché, all'improvviso, mi cinge la vita con un braccio e mi attira a sé. Il mio cuore batte così forte che sembra voglia fuoriuscire dal petto.

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now