21. Leonardo

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Sono settimane che non vado in Accademia. Ho paura di tornarci. Ho paura di vedere lei. Ho paura della sua reazione, o forse della mia. Mi manca parlarle, starle accanto, accarezzarla, ...mi manca.
I miei sentimenti non sono ancora chiari, eppure con Vicky sto così bene.
"E' solo la tua abitudine" mi ritornano in mente le parole di Filippo. Sarà vero?
Una parte di me sperava di incontrarla comunque alla casa-famiglia, ma non è più tornata da quel giorno che è fuggita via in moto con Simone quando mi ha visto arrivare. Non ha nemmeno mai risposto a quell'unico messaggio che le mandai, obbligato da Filippo. Anche quest'ultimo ha tentato di chiamarla più volte, ma di Cami non c'è traccia. E' come se ci avesse, o meglio mi avesse, eliminato dalla sua vita, completamente. E continuo a ripetermi che per lei è stata la scelta migliore.
Mi ritrovo sul divano, bevendo birra e agitando la bottiglia come se fosse un calice di vino. La TV è spenta. Il sole sta calando. E io sono qui tutto solo. Vicky è su, a casa sua a preparare la nostra cena.
Sia chiaro, sono contento. Ma sento che qualcosa da un po di tempo a questa parte, manchi dentro me.
Il cellulare squilla. Sono troppo pigro per alzarmi e rispondere. Non so nemmeno dove sia, sinceramente. Dopo una quindicina di squilli, smette finalmente di suonare. Finalmente posso continuare ad oziare, senza essere disturbato, fino ad ora di cena. Dopo nemmeno un minuto, riprende a suonare ininterrottamente. Sbuffo, e mi alzo controvoglia dal divano in cerca del mio iphone. «Eccoti!», esclamo dopo averlo cercato ovunque. Era sotto il cuscino del mio letto.
Leggo sullo schermo il nome di Filippo. Decido di rispondere e liquidarlo in men che non si dica. Non ero in vena della sue lezioncine di vita.
«Pronto, Filippo. Ciao. Ho da fare. Ci sentiamo più tardi.», mi affretto a dire prima che possa aprire bocca e stacco la chiamata. Ma non si arrende. Il mio cellulare riprende a squillare. Filippo.
«Che vuoi?», sbotto.
«Cazzo. Leo! Perché non rispondi? E' grave. Cazzo», ringhia Filippo.
«Cosa è successo? Cami sta bene?», gli chiedo agitato. Non so perché è la prima cosa che mi sia venuta in mente. Ho sempre pensato che in realtà Filippo sia riuscito a restare in contatto con lei e che mi abbia tenuto all'oscuro di tutto. Ma, ovviamente sarebbe stato un controsenso. Lui tifa per noi.

«Cami? Io che ne so! Comunque Leo, devi aiutarmi. Ilaria è scomparsa. L'abbiamo cercata ovunque. Ho denunciato la scomparsa alla polizia, ma possono avviare le ricerche solo dopo 24 ore», esclama agitato.
«Cosa? Calmo. Due minuti e sono da te»
«No, Leo. Devi chiamare Camilla. Dovete cercarla», ordina.
Dopo un attimo di esitazione rispondo: «Ok! Ti faccio sapere se ci sono novità», e chiudo la chiamata.
Decido di passare sotto casa sua. Contattarla telefonicamente sarebbe inutile, rifiuterebbe la chiamata.
Arrivo sotto al suo palazzo e busso al suo citofono. Sono molto agitato. Non so più se è per quello che sta succedendo a Ilaria o perché finalmente ho la possibilità di rivedere la ragazza che mi fa uscire fuori di senno.
«Chi è?», risponde una voce femminile al citofono, presumo sia la madre.
«Salve, signora. C'è Camilla?»
«No, mi dispiace. A momenti dovrebbe arrivare. Vuoi salire?», chiede.
«No, la ringrazio. L'aspetterò nel parco».
«Dai, sali. Ti preparo una tazzina di caffè. Insisto», mi dice in tono quasi minaccioso. Non posso rifiutare, così accetto e salgo.
«Permesso», esclamo entrando in casa.
«Entra, caro», mi dice la signora. Fa capolino dalla porta della cucina e noto subito la somiglianza che c'è con Camilla. Hanno gli stessi occhi scuri. 
«Buona sera, mi scusi per il disturbo», mormoro.
«Tranquillo, accomodati. Comunque io sono Vanda, la madre di Camilla», si presenta porgendomi la mano.
«Piacere, io sono...»
«Leo. Lo so.»
Mi conosce? Cami le ha parlato di noi? 
«Non sono una stalker. Ti ho visto più volte accompagnare Camilla a casa e, da brava madre, le ho solo chiesto tu chi fossi», continua rispondendo ai miei pensieri. Cosa le avrà mai detto di me?
Non so cosa risponderle. Così, decido di cambiare argomento.
«Sa per caso dove sia sua figlia, ora? E' piuttosto urgente.», le racconto il motivo per cui sono qui.
«Sta arrivando. Simone la sta accompagnando a casa. Mi ha appena mandato un messaggio», mormora. E' con Simone? Ancora?
«Grazie», è l'unica cosa che le riesco a dire.
«Ultimamente passa molto tempo con lui. Per caso sai se...»
Non permetto che finisca la frase. Non so niente. Non voglio saperlo. «No mi dispiace, non ne so nulla».
Passati dieci minuti abbondanti, sento un tintinnio di chiavi prevenire dalla porta d'ingresso. Sarà lei?
«Mamma, sono a casa», grida. Man mano la sento avvicinarsi sempre di più alla cucina: «Scusa il ritardo, ma io e Simone ci siamo addormentati guardando un film. Poi lui mi ha regalato questo casco e ...», le parole le muoiono in gola, appena i suoi grandi occhi si accorgono della mia presenza. Indossa la mia felpa. Perché sta indossando la mia felpa?
«Tesoro, il tuo amico ti sta aspettando da un po. E' importante», le spiega Vanda.
«Come rovinare una giornata perfetta», mormora tra sé. «Mamma, scusaci un attimo andiamo in camera mia.»
La seguo nella sua stanza. La prima cosa che noto sono le abbondanti stelline fluorescenti appese al soffitto. Si avvicina alla scrivania e vi posa sopra il suo casco nuovo. Bravo, Simone! Ma quanto è stato carino, eh? Bleah. 
Sopra la scrivania ha un bacheca in sughero con tutte foto tenute da vari spilli colorati. Ci sono foto che ritraggono lei e Lily, lei e Simone, lei e gli amici dell'accademia.
«Cosa ti dice la testa? Perché cavolo sei venuto  casa mia? Cosa vuoi Leo?», sbotta nervosa.
«Indossi la mia felpa», le dico senza pensare. Abbassa lo sguardo e arrossisce. Avevo dimenticato quanto fosse bella.
«Ehm... Ah è tua?», mente. Sa benissimo che quella è la mia felpa. «L'ho trovata tra le mie cose. Avevo freddo. sai com'è, in moto fa freddo», mi dice con un pizzico di malizia. 
«Così ora ti vedi con lui, eh?», le chiedo a voce un po troppo alta.
«Non sono certo affari tuoi. Cosa vuoi? Sei venuto fin qui per la tua preziosa felpa?», mormora acida e fa per sfilarsi la felpa.
«Puoi tenerla», le dico calmo.
«E cosa dovrei farci con questa?», chiede ironicamente. Tolta la felpa, me la lancia addosso. «Ora che hai ripreso quello che cercavi, sai dov'è la porta», continua ringhiando.
«Cami non sono qui per questo straccio», grido. Sembra quasi spaventata e fa un passo indietro. Mi guarda in modo diverso. Il suo sguardo non è più quello dolce che ricordavo, è freddo.
«Allora cosa vuoi, Leonardo?», mi chiede con voce rotta mentre un velo di tristezza si fa strada nei suoi occhi.
«Ilaria. Ilaria è scomparsa», le rivelo. 
«Cosa?», mi chiede incredula. Si siede sul letto. Il panico comincia ad impadronirsi di lei. Lo leggo nei suoi occhi, che hanno lasciato la tristezza per far spazio alla paura.
«Dobbiamo andare a cercarla. La polizia non può farlo prima delle ventiquattro ore», mormoro piano.
Le lacrime cominciano a rigarle le guance. Annuisce e si alza di scatto, quasi perdendo l'equilibrio. Corro verso di lei per sostenerla. I nostri sguardi si incrociano e non resisto all'impulso di abbracciarla. Si stringe al mio petto e comincia a singhiozzare.
«Mi sei mancata», le dico stringendola più forte. Ma lei mi spinge via.

«Dobbiamo andare», esclama.
Annuisco e frettolosamente lasciamo casa sua per iniziare le ricerche.

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin