38. Leonardo

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Come promesso, alle 20:00 in punto sono sotto il suo palazzo.
Le invio un messaggio per informarla del mio arrivo.
Dopo un dieci minuti di attesa non ottengo risposta, così la chiamo.
«Pronto?» risponde affannata.
«Sono qui sotto. Da almeno dieci minuti...», ridacchio.
«Hai ragione, scusa. Finisco un attimo di truccarmi. Vuoi salire?»
«Ok! Che piano?»
«Terzo»
Salgo le scale con calma e mi accorgo di essermi dimenticato di chiedere quale interno fosse. Sono ben sei appartamenti sullo stesso piano. Cerco di trovare i nominativi sulle porte o sui campanelli, ma non ce ne sono. Solo numeri.
Solo dopo un po' mi accorgo che una delle porte è socchiusa. Non sono certo sia quella giusta, ma tenterò.
«Permesso?!Giada?», chiedo entrando in punta di piedi, manco fossi un ladro.
«Entra, entra!» esclama Giada da chi sa dove. Per fortuna non ho sbagliato appartamento. È piccolo, ma accogliente. È tutto il legno, tipico delle case di montagna. Non ci sono foto appese ai muri. È un po spoglia. Forse vive da sola.
«Mettiti comodo. Finisco di truccarmi, infilo i jeans e andiamo», esclama facendo capolino da una porta che deduco sia quella del bagno.
Annuisco e vado verso la libreria. Gli scaffali sorreggono per lo più il peso di libri gialli, ma una piccola parte è dedicata anche a romanzi rosa. Non la facevo una tipa romantica. La mia attenzione viene catturata da un album fotografico. Lo tiro fuori dalla libreria e mi siedo sul divano cominciando a sfogliarlo. Ci sono foto che ritraggono la sua infanzia, adolescenza e poi ci sono io. O meglio ci siamo noi. Due piccoli adolescenti infatuati.
«Hai trovato l'album?» esclama alle mie spalle facendomi sobbalzare.
«Si. Riassume per bene gran parte della tua vita, dall'infanzia al l'adolescenza. Mi piace molto», affermo sorridendo.
«In realtà in quest'album ci sono le persone che amo di più.»
«Ah. Wow. È un onore far parte di questo allora.»
«Beh, tu sei l'unico ragazzo che io abbia mai amato. Ecco perché sei l'unico ragazzo presente in queste foto», esclama sedendosi accanto a me.
La guardo sorpreso, poi con sguardo dolce. Non so veramente cosa risponderle. Egoisticamente, ovviamente, ho piacere nel sentirmi dire certe cose.
Giada, capendo di avermi messo in difficoltà, si alza e si avvicina ad una credenza. Tira fuori due bicchieri di vetro e una bottiglia, la quale sicuramente conterrà qualcosa di molto alcolico.
«Qua c'è bisogno di alcol. Tanto alcol», afferma avvicinandosi al divano e porgendomi il bicchiere. «Stasera ci ubriacheremo. E non accetto un no come risposta. Ne abbiamo bisogno entrambi.»
«Posso prima sapere cos'è?»
«Jack Daniels», afferma fiera. «Ora ci berremo qualche bicchierino, poi andremo in qualche locale qua vicino a bere roba più seria», dice ammiccando.
Qualche bicchierino che male può fare? Sono sempre stato bravo a reggere l'alcol.
Butto giù il contenuto del mio bicchiere e, porgendo il bicchiere verso di lei, le faccio segno di riempirlo ancora.
Giada sorride e versa altro liquido.
Fa delle facce così buffe quando butta giù tutto di un sorso l'alcol, che mi scappa una risata.
Dopo aver quasi finito la bottiglia, leggermente brilli decidiamo di uscire alla ricerca di qualche locale simpatico dove poter mangiare e bere, soprattutto l'ultima.
Camminiamo per il paesino, sorridenti e vivaci. Finalmente ci troviamo avanti ad un locale, che attira la nostra attenzione grazie alla musica assordante che proviene da dentro.
«Ottimo! Qui... Si balla, si beve e si... Mangia!!!!» grida euforica.
Entriamo dentro e scegliamo un tavolo dove sederci. Il locale è molto buio, ci sono solo le luci che partono dalla postazione del dj che illuminano un po' il posto. La musica commerciale rimbomba per tutto il locale.
Una ragazza, presumo una cameriera, dagli abiti molto succinti, travestita da sexy aiutante di babbo Natale, si avvicina al nostro tavolo.
«Cosa vi porto?» chiede seccata masticando rumorosamente una chewingum.
«Iniziamo con due boccali di birra. Quelli speciali della casa. E due hamburger giganti», biascica Giada.
La ragazza mi guarda per avere conferma, così annuisco.
«Fidati. Qui hanno la migliore birra e i migliori hamburger della regione», continua Giada.
«Stasera lascio fare tutto a te. Mi fido», esclamo scompigliandole i capelli.
«Ah. Non credo ti convenga. Potrei approfittarne. Potrei stuprarti.»
Scoppiamo entrambi in una fragorosa risata.
Dopo il primo boccale di birra ne susseguono degli altri, poi degli altri ancora.
Ci buttiamo in pista e iniziamo a volteggiare al centro della sala. Movimenti scoordinati, risate, alcol, tanto alcol.
Mi gira troppo la testa, così ritorniamo al nostro tavolo. Giada ordina un altro boccale. Prendo il mio iPhone per controllare che non ci siano messaggi o chiamate perse. Scorro la rubrica e ovviamente mi soffermo sul nome Camilla. So che non è una buona idea chiamarla in questo stato, ma voglio farlo.
«Pronto? Leo?»
«Camilla, piccola, cosa fai? Io sono in un locale assurdo, ti ci devo portare...»
«Leo, la musica è troppo forte, non riesco a sentirti bene.»
«Cami, devo dirtelo...», biascico.
«Sei ubriaco?» chiede.
«Forse un po'», confesso ridendo. «E comunque ti ho... Chiamata... Per ... Dirti che... Ti amo!»
Giada mi strappa il telefono dalla mano e riaggancia.
«Sei impazzito?» chiede nervosa.
«Tanto lei sta con un altro.»
Mette il mio cellulare in tasca ed esclama: «questo lo tengo io.»
«Guasta feste», mormoro mettendo il broncio e strappandogli un sorriso.
Continuiamo ad ordinare birra, ma sono l'unico a bere. Giada ha smesso da un bel po'. Vabbè vorrà dire che berrò per entrambi.
Sono in pista, la testa mi gira, ma non mi importa.
«Leo, è ora di andare!» ordina Giada minacciosa.
«Proprio ora che mi sto divertendo?»
«Andiamo, forza!» ringhia.
«E va bene», sbuffo scocciato.

La mattina seguente mi sveglio in un comodissimo letto, in una luminosissima stanza. Non conosco questo posto.
Dove diamine sono? E sopratutto perché cavolo sono nudo?
Oh cazzo! Giada!
«Buongiorno, principessa», mormora Giada con un sorriso malefico. È seduta su una sedia di fronte al letto. È sveglia, vestita e non ha nessun segno legato all'alcol. Nessun postumo.
«Sono a casa tua? Nel tuo letto?» chiedo allarmato.
«Si.»
«C'è qualcosa che devo sapere?»
«Non ricordi niente?» chiede con un ghigno.
«Dovrei? L'ultimo ricordo è: te che mi trascini fuori dal locale», le spiego preoccupato.
«È davvero in peccato che tu non ricorda niente di ieri notte. Sei stato fantastico.»
«Aspetta, abbiamo fatto sesso?» chiedo sbalordito.
«Oh, sì. Il miglior sesso della nostra vita. È stato qualcosa di unico. Perfetto.  E poi non eri mai sazio, mi volevi ancora, ancora e ancora.»
«Non posso aver fatto sesso e non ricordarlo.»
«Mi dispiace davvero tanto. Io ricordo tutto alla perfezione. E... Wow! Abbiamo fatto davvero...»
Mi alzo dal letto di scatto. «Oddio credo di cominciare a ricordare qualcosa», mormoro. «Siamo arrivati a casa tua, mi sono aperto la camicia e ho cominciato a bere dalla bottiglia di Jack Daniels. Poi...poi ti ho baciata?! Non ricordo più niente.»
Non posso aver fatto sesso e non ricordarlo. Dannazione!
Giada inizia a ridere a crepapelle, non riesce quasi a respirare. La fisso perplesso.
«Non abbiamo fatto sesso, tranquillo», esclama divertita probabilmente per la mia espressione indecifrabile.
«Ma allora perché sono nudo?» chiedo imbarazzato.
«Diciamo che per un attimo hai perso la ragione. Eri troppo ubriaco. E si, volevi fare sesso con me, ma ti ho fermato subito. Non era giusto nei tuoi confronti, nei confronti di Camilla e anche nei miei.»

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now