Guerra e battaglie

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Harry aveva lasciato Holmes Chapel solo dopo essere stato letteralmente cacciato di casa da sua madre che imperterrita continuava a ripetere - "Devi tornare a Manchester e distrarti. Quest'aria non ti fa bene" - ed aveva maledettamente ragione ma non glielo disse. Solo dopo venti lunghi giorni e qualche ripensamento, afferrò la piccola valigia blu da sotto il letto e la riempì con pochi vestiti e tanti libri. Quei libri che Louis gli aveva promesso di leggere.

Aveva spento il telefono il giorno dopo il rientro a casa di Louis. Voleva del tempo per sè e per ciò che rimaneva della sua famiglia, fare l'uomo anche se nessuno sembrava aver davvero bisogno di lui. Sua madre aveva ripreso subito a lavorare - "Mi distrae", aveva detto - ma la sera, ad ora di cena, guardava sempre la porta d'ingresso in attesa di qualcuno che non sarebbe mai più entrato. Gemma invece, aveva passato i primi due giorni in uno stato emotivo altalenante tra pianti disperati, isterici e risate macabre. Ricordando questo o quell'altro avvenimento che coinvolgesse suo padre.

Nessuna delle due aveva fatto caso al silenzio di Harry: si era rinchiuso in se stesso, nel suo muto dolore. Doveva stare da solo, ragionare e capire ciò che sentiva ma soprattutto cosa sentiva. Con il passare dei giorni era diventato più razionale, a tratti cinico, ed era arrivato alla conclusione che non sarebbe cambiato poi molto. Sentiva di non avere un padre già da molto più tempo di quello eppure non riusciva a non pensarci e soprattutto a non pentirsi di non aver risposto a tutte le sue chiamate o di avergli inviato solo dei miseri auguri per il compleanno senza neanche sentirlo o sprecarsi di più con le parole. Pianse pensando di non avergli mai detto un 'Ti voglio bene papà".

Era tornato a Manchester con timore, conscio del dolore che il suo silenzio aveva portato - "Ma è Louis, non prova mai nulla. Capirà sicuramente" - si era ripetuto in treno, più e più volte. Non avevano parlato più dallo screzio della vacanza, da quando aveva spento il telefono ed abbracciato sua madre singhiozzante sul divano. Era rimasto spento, in un angolo della sua camera e nemmeno per un attimo aveva pensato a riaccenderlo e magari informare Louis o Niall - che lo aveva letteralmente tartassato con chiamate a casa a tutte le ore - del suo percorso, del suo stato d'animo. Aveva lasciato tutto al silenzio, alla mancanza. E non si era pentito di ciò, almeno fino a quando non era tornato nel suo vecchio appartamento per prendere le ultime cose, poi si sarebbe diretto a casa di Louis, sperando di trovarlo.

Non aveva considerato la rovinosa vacanza. Non aveva considerato l'assenza. Non aveva considerato Louis ma soprattutto, non aveva considerato Zayn che appena aprì la porta di casa, lo ricevette con un ghigno soddisfatto - "Come mai sei qui?" - aveva chiesto, lasciandolo sulla soglia della porta.

"Devo prendere le mie ultime cose" - aveva invece risposto con calma il più piccolo, non lasciandosi scalfire da quel tono usato poco prima.

"Ha preso tutto Louis"

Harry scansò con gentilezza il corpo dell'amico e si fece spazio, entrando in quella che per l'ultima volta sarebbe stata casa sua. Si guardò intorno notando come tutto sembrava diverso, più in ordine. Si incamminò verso la sua vecchia stanza e bussò, anche se sapeva di non trovarvi nessuno. Frank era tornato a casa sua per le vacanze o almeno così ricordava da uno dei vecchi messaggi di Louis. Gli aveva letti tutti in treno, con un nodo in gola che gli bloccava il respiro, tra un mi manchi ed un ti amo. Aveva sorrido quando Louis gli aveva inviato una foto di se stesso con una sua maglia dei Ramones che gli arrivava oltre metà coscia. Aveva sorriso nuovamente quando aveva visto la foto di Cato - il gatto - mentre dormiva sulla custodia della sua chitarra. Aveva poi pianto quando Louis gli aveva chiesto ripetutamente il perché di quella sua assenza, del suo silenzio. Si era sentito in colpa ad ogni 'Harry' ad ogni 'Ho fatto qualcosa di male? Dimmelo ti prego' ed era letteralmente scoppiato a piangere quando aveva sentito l'unica registrazione presente in cui gli cantava quella canzone di Hozier su cui avevano fatto l'amore la prima volta. Aveva ignorato però molti messaggi tra cui anche quel 'Vaffanculo' che sapeva di meritare.

Il moro dietro di lui sbattè la porta d'ingresso, dirigendosi poi verso la sua camera - "Sai che c'è Zayn? Tu sei invidioso di me!"

"Stai zitto!" - aveva risposto l'altro, chiudendo anche quella porta, cercando invano di fermare Harry - "Sei solo un ragazzino che non sa stare al suo posto" - aveva poi aggiunto, con odio e rammarico.

Harry chiuse gli occhi e prese un lungo respiro ma contare fino a dieci era stato inutile, almeno in quell'occasione. Veloce entrò nella camera dell'altro e gli puntò un dito davanti gli occhi - "Sei tu che non sei stare al tuo posto! O nelle tue mutande!"

Zayn aggrottò le sopracciglia ed un sorriso indispettito si andò a delineare sulle sue labbra. Quel movimento impercettibile spaventò Harry mentre abbassava gli occhi per non incontrare quelli socchiusi e minacciosi del coinquilino - "Dai Harry, dì ciò che pensi! È un anno che ti tieni tutto dentro!"

Il ragazzo aprì la bocca per ribattere, dire tutto quello che gli avevano fatto passare in quell'ultimo anno. Il loro essere così dannatamente rumorosi ed irrispettosi dell'altrui spazio, le loro continue provocazioni, l'alcool e la droga, gli sconosciuti che si erano portati in casa ma restò in silenzio, senza aggiungere il nome di Julio a quella discussione, non era giusto.

"È meglio se stai zitto Harry perché io magari avrò potuto fare un po' di casino ma tu mi hai portato via Louis!"

Sbuffò nuovamente Harry, portandosi una mano sulle tempie come a reggere la testa che da un momento all'altro gli sarebbe scoppiata - "Quante volte te lo devo ripetere ancora? È stato un malinteso!"

Zayn annullò la loro distanza e si avvicinò al suo orecchio - "Avrai vinto una battaglia ma io ho vinto la guerra" - e pronunciate quelle parole, uscì dalla stanza. Solo in quel momento Harry notò proprio una maglia dei Ramones buttata all'angolo della stanza, la sua maglia.

Tremò tutto.

Louis' Club || Larry Stylinson AUWhere stories live. Discover now