1. Distruggi ciò che ti distrugge

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Se non hai letto l'avviso all'inizio della storia, allora torna indietro e leggilo!

Sei anni fa

Il preside, in questo momento, seduto dietro alla scrivania, fissa con attenzione il foglio che ha tra le mani e in mezzo alle sopracciglia spunta una ruga. Serra le labbra, come se avesse già capito che genere di persona io sia, e dopo appoggia il foglio sulla scrivania, alzando, poi, lo sguardo verso di me.

« Sei sempre stata una ragazzina problematica, a quanto pare. » dice, abbassandosi leggermente gli occhiali sul naso.

Sfoggio un sorriso finto e incrocio le braccia al petto, mentre sto stravaccata su questa squallida sedia, ormai vecchia.
Gioco con una ciocca di capelli, e lo guardo con studiata indifferenza, mentre lui si schiarisce la gola per la millesima volta negli ultimi dieci minuti.

« Non è una fra le pagelle più belle del mondo, ma sei nel posto giusto. » dice, alzandosi dalla sedia e appoggiando i palmi delle mani sulla scrivania. Odio il modo in cui mi scruta, e odio il fatto di essere qui. Mi osserva attentamente, come se fosse ormai troppo abituato alle persone come me.

Vorrei mandarlo subito a quel paese, ma non voglio deludere mia madre ancora.
Non dopo quello che è successo quella notte.
Il preside focalizza tutta la sua attenzione su di me e si sistema meglio la cravatta, sciogliendo leggermente il nodo, facendo un profondo respiro.
Chiude gli occhi per un secondo, ma poi li riapre e sfoggia un sorriso convincente.

« Qui potrai rivolgerti alla nostra psicologa, è qui apposta per aiutare i ragazzi come te, problematici. » mi trattengo dal non ridergli in faccia e mi alzo in piedi. È già la seconda volta che usa il termine "problematico", e tra poco diventerà lui stesso un problema.

Mi avvicino lentamente a lui con l'intento di mandarlo a fanculo, ma mi trattengo e indietreggio di un passo.

« Posso andare ora? » chiedo, annoiata.

« No, vieni con me, devo mostrarti la scuola » dice e poi gira intorno alla scrivania, fino a ritrovarmelo davanti agli occhi. Un uomo mezzo pelato, con giusto qualche chiletto più del normale.
Mi lecco le labbra e mi lascio sfuggire un sospiro.
Cambiare scuola non era fra i miei piani, ma a quanto pare era fra quelli di mia madre. Ormai da un anno sono una causa persa. Mia madre, la donna più dolce e comprensiva del mondo, non fa altro che mandarmi da uno psicologo all'altro, convinta che mi possano aiutare.
Esco da questa piccola stanza e trascino con me tutti gli insulti che vorrei urlargli in faccia.
I corridoi della Kensington Hill School sono di un azzurro chiaro, simile a quello degli ospedali: metà parete azzurra e metà bianca.

Proseguo lungo il corridoio, con il preside davanti che mi spiega per filo e per segno il programma e dove posso trovare le aule, e io trascino i miei piedi su queste piastrelle ormai ingiallite.
Si ferma davanti ad una porta e bussa, dopodiché si gira verso di me e mostra un sorriso di incoraggiamento.
Mi appoggio al muro e vedo una donna minuta aprire la porta in uno spiraglio, e rivolgere un sorriso quasi tirato.

« Professoressa Smith, lei è Iris Brooks, la sua nuova alunna. » dice lui, sorridente. Come diavolo fa a fingere sorrisi ogni secondo? La professoressa apre del tutto la porta e mi alzo sulle punte per sbirciare dietro la sua testa.

Palline di carta che volano, urla animalesche, e maschi che si prendono a spintoni.
Un groviglio di teste colorate e alcuni corpi ricoperti di inchiostro. Faccio una smorfia di disapprovazione e la professoressa mi invita ad entrare dentro. Questa volta non pensavo di finire in una scuola del genere, sembra un cazzo di riformatorio. Significa soltanto una cosa: l'ho combinata davvero grossa.

Distruggi ciò che ti ha distrutto || Bad Girl ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora