5. Iris, cosa siamo io e te?

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Apro la porta e la chiudo con un calcio, dopo essere entrata dentro. Al diavolo tutti quanti.
L'ho avuto sotto gli occhi, maledizione.

Mi abbasso il cappuccio e tolgo la felpa, gettandola sul divano. Mi porto le mani tra i capelli e reprimo un urlo.
Che rabbia.
Avrei dovuto immaginarlo.
Vado in cucina e tiro fuori dal frigo una birra, poi mi appoggio alla penisola della cucina e stringo la bottiglia tra le mani.

Butto la testa all'indietro e sospiro.
Ho troppa voglia di urlare e spaccare qualcosa. Chissà quando ci vedremo faccia a faccia.
Non devo più fare questi errori stupidi.

Iris Brooks non può sbagliare.
Mi scolo metà bottiglia e poi mi sposto, appoggiandomi con la schiena al frigorifero, scivolando lentamente sul pavimento.
Guardo le mie scarpe e stringo gli occhi.

Perché non riesco più a piangere? Non so se esserne felice, o preoccuparmi.

Un verso di frustrazione abbandona la mia bocca e sento dei passi in cucina.
Mi lamento ancora e inizio a sbattere piano la testa contro il frigo.

« Chi c'è lì? » chiede Kim e sorrido tra me e me. Proprio lei ci mancava per completare questa giornata di merda.

« Tua madre.  » rispondo, alzando una mano in aria per attirare la sua attenzione.
Noto il suo visino perfetto, incorniciato da quei capelli neri e quella frangetta di merda che le ricade sulla fronte, la vedo mentre si sporge per guardarmi.
Soffoco una risata e la saluto con un cenno della mano.
La sua espressione appare confusa e mi guarda come se fossi pazza.

« Ciao mammina, i tuoi piani sono andati a farsi fottere, mmh? » chiede sollevando l'angolo della bocca, formando un sorriso perfido.

« Sì, insieme a te. È il tuo hobby preferito, vero? » dico, e mi alzo, appoggiando le mani sulle ginocchia.
Una volta in piedi, mi stiracchio e mi porto un braccio dietro la nuca. Giro intorno al tavolo per raggiungerla e, quando sono davanti a lei, alza un sopracciglio, dalla forma perfetta, e mi scruta con i suoi occhi neri.

« Hai bevuto? » chiede, sedendosi sullo sgabello.

« Cavolo, tu sì che sei perspicace. » batto le mani ridendo e lei alza gli occhi al cielo.

« Thomas sa che sei uscita? » chiede e si porta entrambe le mani sulle cosce. Faccio schioccare la lingua contro il palato e poi scoppio a ridere.

« Davvero pensi che a me freghi qualcosa di ciò che pensa Thomas? O qualsiasi altra persona in questa casa? » la guardo con aria di sfida e lei scrolla le spalle.

« No, lo sappiamo tutti che fai sempre quello che ti pare. » dice e scende dallo sgabello, ma si blocca quando vede qualcuno dietro di me. E già posso immaginare chi sia. Il rompi coglioni di Thomas, ovviamente.
Perché diamine questi due devono respirare lo stesso ossigeno che respiro io?

« Cos'è che hai fatto? » chiede con tono duro, e mi giro lentamente verso di lui, con le braccia conserte e l'espressione scocciata. Mi danno noia tutti in questa casa. Sono tutti così vigilanti e fissati con quelle maledette regole.

« Non so, ho ucciso una persona e poi l'ho buttata giù da un ponte. » faccio spallucce e lui sembra esasperato.
Voglio assolutamente uscire fuori da questa stanza, perché insieme a loro due rischio di soffocare sul posto.
Esco dalla cucina e mi dirigo verso la mia stanza, ma Thomas mi afferra il polso.

« Che cazzo hai fatto, Iris? Sii seria. » mi ammonisce e ridacchio. Prima mi piaceva sempre vederlo arrabbiato, geloso, esasperato, fino a portarlo a dubitare di sé stesso. Ero riuscita a manipolargli la mente e potrei farlo ancora.

« Avevo gli ormoni impazziti e quindi sono andata beh...Sai, come quando voi andate a divertirvi con le ragazze, sono andata a divertirmi anche io...» gesticolo con una mano, mentre rido e Thomas molla il mio polso e si passa una mano sul viso.

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