Capitolo 20

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JENNIFER

« Sto cercando una ragazza che lavora qui » richiamo l'attenzione della segretaria super antipatica che si trova dietro il bancone. Ha una faccia fatta apposta per quattro schiaffi. Quelle labbra più rosse di non so cosa e lucide quasi fosse un pavimento in marmo su cui si è appena passata la cera. È davvero irritante.
« Il nome e cognome, prego » mi dice quasi fosse un automa, infatti credo lo reciti ogni secondo della sua esistenza quando si trova qua.
« Amen... ? » rispondo.
Alza gli occhi di scatto dal computer curvando un sopracciglio quasi fosse il ponte levatoio a Londra.
Mi ha detto 'prego' che dovevo rispondere per attirare la sua cavolo di attenzione? Con un 'amen'... brava Jennifer.
« Prego? » domanda squadrandomi dalla testa ai piedi, di nuovo.
Lo so che sono più bassa di te 'labbracerate'.
Mi sono stufata di rispondere 'amen'.
« È tanto difficile?! » esplodo allargando le braccia, indignata.
« Il nome »
« Mi chiamo Jennifer, cavolo! Vuole la mia carta d'identità e passaporto già che c'è?! Ah no, anzi, vuole sapere quante volte vado in bagno?! » le dico incazzata.
« Povera me... -rilascia un respiro- ...le chiedevo il nome della ragazza che deve incontrare qui alla casa editrice » mi spiega scazzata.
Ah. Comunque lo so che siamo in una casa editrice, ho ancora molta materia grigia e neuroni funzionanti. Cosa che tu non hai.
« Uhm... Hazel Howard » le dico guardando da tutt'altra parte per evitare altre figuracce.
« Si trova al terzo piano nello studio numero 24 » mi risponde ancora con quella smorfia su quel viso più finto delle sue unghie.
« D'accordo » mi limito a rispondere, andandomene il più velocemente possibile via da lì. Quel cavolo di profumo alla fragola che si è spruzzata è davvero insopportabile.
Arrivo davanti alla rampa di scale che devo farmi.
Sono già stanca al solo pensiero.
« C'è anche l'ascensore, qualche metro sulla sua destra » mi dice con sguardo di sfida.
« Preferisco farmi le scale. Non ho dei trampoli al posto di un paio di scarpe » sputo acida per zittirla definitivamente, cosa che per fortuna fa. Il suo tono di voce era davvero odioso.

Oggi forse mi sono svegliata di malumore, ma mi capita molto spesso di alzarmi con la luna storta già di prima mattina.
Finisco l'ultima rampa col fiatone ma sono piuttosto soddisfatta dato che sennò se avessi preso l'ascensore sarebbe come averla data vinta a quella 'labbracerata'.
In effetti dovrei ricominciare a correre come facevo l'anno scorso, quando dovevo andare al pomeriggio a lavorare.
Busso con cautela e una voce soave e dolce, inconfondibile, mi risponde con 'avanti'.
È difficile vedere una tua cara amica dietro una scrivania a leggere milioni di fogli. Mi sembra davvero ieri quando per la prima volta Kyle l'ha presentata a noi allo studio.
In quel preciso istante avevo davvero pensato: "Oh, finalmente una ragazza!".
« Ciao tesoro » grido dall'entusiasmo e lei si alza subito, venendo ad abbracciarmi.
« Non mi avevi detto che venivi... così organizzavamo... » dice pensierosa, assorta nei pensieri.
« Hazel l'ho fatto apposta per farti un po' una sorpresina, sennò te l'avrei certo detto » ridacchio per come si preoccupa per le minime cose.
« Ma ci tenevo ad uscire un po' con te, il fatto è che devo andare a pranzo con Kyle e Scarlett »
« Ehi, davvero, nessun problema. Anche io poi ho una cosa da fare » le sorrido.
« Uhm okay » risponde, mentre si riordina la miriade di fogli sparsi sulla scrivania.
« Hazel non farai sul serio?! » rido di gusto per la sua reazione. Ci è rimasta male perché non ha tempo libero da passare con me.
« Pensi davvero me la sia presa? » continuo.
« No, è che non ci vediamo da davvero tanto tempo. Voglio dire, una vera uscita tra donne » ridacchia mettendo in mostra quel sorriso dolce che mi è sempre piaciuto così tanto. Ti trasmette tranquillità e si capisce come sia una persona su cui contare per davvero.
« Lo so tesoro, ma gli impegni sono tanti. Riusciremo a trovare un posto libero... vedrai » le faccio l'occhiolino per tranquillizzarla.
« Esci con me fino al parcheggio? Mi aspetta Kyle » mi invita, mentre si prende la sua giacca. È strano vederla con camicia bianca e gonna nera, essendo abituata a me che ho solo jeans, maglie larghe e felpe nere. Voglio dire, se venissero a guardare il mio armadio penserebbero si tratti di Dracula o non so, forse di un pazzo che non indossa altri colori. Ma sono fatta così.
« Si certo » le rispondo e usciamo dall'ufficio.
Mentre scendiamo le scale le chiedo un po' come va il lavoro.
« Allora? Sei soddisfatta? »
« Molto. Sono davvero contenta. Per adesso mi devo limitare a rileggere storie già corrette e magari aggiungere ultimi particolari, ma nel tempo poi se ho davvero talento mi faranno salire di livello. Ma per adesso sono molto soddisfatta. Ho un lavoro nell'abito dei libri, delle lettura, della scrittura... ciò che ho sempre sognato » risponde sorridente.
L'ho sempre stimata fin da subito per il suo essere così sentimentalista e speranzosa. Due ottime qualità.
Arriviamo al piano terra e ho l'onore di incontrare di nuovo quella razza di segretaria.
Alza gli occhi dal computer e non perde occasione per squadrarmi e fare una smorfia.
« Mi sciupa così, se continua a guardarmi » le dico con tono acido per poi uscire.
Bene, l'ho zittita per un po'.
« Jennifer! » esclama ridacchiano lei.
« È il minimo » alzo le spalle.

Amore tatuato sulla pelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora