Capitolo 45

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JAKE

Essendo domenica la clientela diminuisce drasticamente e spesso ci ritroviamo con le mani in mano. L'atmosfera diventa fin troppo pesante quando devi condividere la stessa piccola stanza con l'unica persona che non ti vuole vicino. Sto parlando palesemente di Jennifer e mi si stringe qualcosa dentro il petto vedendola chiaramente non a suo agio nel silenzio del salotto con lei che cerca di tenersi occupata dietro la scrivania e io che provo a parlare di cazzate con mio fratello sui divanetti, per evitare che noti la tensione che c'è tra noi due, ma credo sia inevitabile. Non ho mai sperato così tanto in vita mia che arrivasse una qualsiasi persona a farsi un tatuaggio in modo tale da scomparire nel mio studio. Mi fa tremendamente male vederla lì, piccola, seduta sul suo sgabello che fa su e giù con una gamba magra e corta, mentre rigira tra le mani la penna, alternando lo sguardo tra il foglio e noi due seduti. È il momento più imbarazzante della mia vita perché non posso fare o dire nulla, per non parlare di provare a risistemare le cose. Non ha intenzione di parlarmi e non ne capisco il motivo, dato che comunque abbiamo affrontato ben di peggio. Avercela lì davanti, così in agitazione, mi fa venire una voglia tremenda di alzarmi, andare da lei e prenderla in braccio e baciarla prima ancora che se ne accorga. Devo frenare i miei pensieri, lo so, ma non ce la faccio a mantenere le distanze in questo modo, non dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme. Muoio dal desiderio di toccare di nuovo la sua pelle morbida, di sentire la sua delicata voce, di ricevere le battutine maliziose, di poter baciare le labbra rosee che prendono diverse pieghe mentre pensa o scrive. Direi quasi di essere geloso della penna che tiene in mano, dal momento che vorrei quelle braccia strette in un abbraccio o le sue dita che percorrono i tatuaggi sul mio corpo. È difficile, questa situazione è maledettamente snervante.
Tento di guardarmi attorno, osservando tutto tranne che lei, ma non è così facile... tutt'altro. Sbuffo, spettino i capelli, leggo qualche rivista. Faccio di tutto per far passare il tempo, far scoccare le ore una dopo l'altra.
Percepisco che anche per lei è ingestibile e verso l'una si alza, dandomi la vista della sua schiena e del suo sedere mentre è di spalle che prende la sua felpetta leggera. Seguo i suoi movimenti, le sue ciocche bionde che si muovono lentamene e che lei si appresta a mettere continuamente dietro le orecchie. Appena si volta abbasso lo sguardo e fischietto ogni tanto, rigiro i pollici tra di loro aspettando che se ne esca.
«Io... io vado a comprarmi qualcosa da mangiare al take away indiano. Volete qualcosa?»
Noto il suo tono agitato, i suoi occhi che persistono a guardare mio fratello per evitare il mio sguardo che si fa insistente su di lei.
Prende una sigaretta dal suo pacchetto e so che fuma o quando non sa cosa fare, quando è irritata oppure nei momenti come questi in cui non riesce a placare gli animi.
Odio vederla fumare, odio proprio vederla in questo stato. Non capisce quanto si stia facendo male comportandosi così, ma mi fa capire che non posso avere voce in questo capitolo nella nostra relazione... sempre se esista ancora.
Si, è vero, ho rivelato di amarla nell'esatto istante in cui avevo paura di perderla. Avrei preferito dirglielo in un'occasione più appropriata, in una giornata solo nostra. Però non avevo altre chance e quella era l'unica via per farle capire quanto fosse importante per me. Non ha reagito come credevo, ma d'altronde in fondo in fondo lo sapevo che era troppo facile, che è imprevedibile come me.
È sorprendente quanto ci assomigliamo.
«Io pollo al curry, grazie mushroom»
Le sorride e vorrei tanto essere al suo posto.
Mi guarda appena e scorgo nei suoi occhi una luce di tristezza, forse tenerezza. Sembra che neanche lei voglia questo.
«Niente grazie» Rispondo, impegnato a prendere una nuova posizione sui divanetti.
«Okay...» Quasi lo sussurra.
Sto per chiederle se vuole un passaggio, ma ci ripenso. Sta cercando di rallentare di nuovo tutto, come se volesse ricominciare da capo. Da quanto ho capito vuole del tempo per pensare e per me va più che bene, basta che non si allontani troppo al punto che non esista più un 'noi'.
Non appena la porta si chiude alle sue spalle, sospiro, nascondendo il viso tra le mani, i gomiti posati sulle ginocchia.

Amore tatuato sulla pelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora