Capitolo 23

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JENNIFER

Perché cavolo dovevo fare una cazzata simile?
Voglio dire, non potevo starmene tranquilla a casa, fare una passeggiata o ordinare una camomilla... no, dovevo andare in una palestra, inventare scuse assurde del tipo: "Mi sono iscritta qua", parlare con una troietta e per colpa di quest'ultima prendermi anche una storta.
Io davvero mi chiedo dove sia la mia razionalità, certe volte. Forse Hazel mi ha fatto il lavaggio del cervello, forse mi ha incuriosita a tal puto da spronarmi a cacciarmi in questo guaio.
O forse sono proprio io.
Sta di fatto che ora mi ritrovo in una stanza di ospedale, in compagnia di mister simpaticone e un dottore pronto a toccarmi il piede.
Spero non mi faccia male, ho sempre odiato entrare in questo posto, anzi, forse ho sempre avuto paura di entrarci. Anche solo per un'analisi del sangue. Sono fatta così.
Prendo un bel respiro.

« Allora lei è la signorina Allen Jennifer? » domanda  il tipo sulla trentina, con il volto ricoperto da un po' di barba.
« Già... » rispondo, quasi sussurrando.
Sono seduta sul lettino e lo stringo forte con le mani.
Se mi osservassero da fuori, senza conoscermi e senza sapere la mia situazione, mi prenderebbero davvero per una persona da ricovero.
« Lei è un parente? » domanda, rivolgendosi a Jake.
Mi si gela il sangue a sentir nominare quella parola. Okay, ora la mia agitazione sta salendo letteralmente.
« No, un amico » risponde, guardandolo dall'alto in basso. Prima o poi dovrò parlargli per discutere sui suoi atteggiamenti nei confronti delle persone. Si comporta davvero come un troglodita, peggio di Luke. Be', per i gemelli Walker questa è la quotidianità. Ma non è una scusa.
« Mi spiace, ma non può restar- » sta per concludere la frase, ma ovviamente eccolo in azione.
« Possiamo iniziare la visita? Abbiamo altri impegni » sputa acido.
Io non lo conosco questo tipo! Che cavolo di persona frequento?
Il dottore gli riserva uno sguardo piuttosto scocciato, ma lascia correre.
Guardi, ha fatto bene. Non molla mai l'osso.
« Ti sei presa una storta? » mi domanda, indossando gli occhiali.
« Si. Sono inciampata nei miei stessi piedi »
Potevo anche evitarmela.
Sento lo stronzo che ridacchia, seduto su una delle sedie presenti nella stanza.
Lo guardo malissimo.

Il dottore si dirige verso il piede dolorante e tiro su, di poco, il leggins, dato che mi ero già tolta la scarpa.
Non voglio passarci molto tempo in questo luogo.
« Okay... vediamo un po' » dice, toccando l'area dolorante.
Faccio una smorfia. Fa male, cavolo.
« Se ti tocco qua fa male? » mi domanda, sempre restando nella stessa zona della caviglia.
« Questa parte qua mi provoca dolore se preme con forza » gli spiego.
Annuisce, continuando ad osservare.
Non vedo l'ora di uscire, santo cielo.
« Riesci a muoverla? » mi domanda.
« Si » mi limito a rispondere, compiendo un movimento.
«... solo all'inizio era un po' difficoltoso, ma ora è meglio » spiego.
« Grazie a me » sento sussurrare dal tizio tatuato, di fronte a me.
"Stai zitto" mimo con le labbra e lo vedo che ghigna. Se si vuole prendere gioco di me e prendermi in giro, ci sta riuscendo. E molto bene. Sono in presenza di un'altra persona e non sarebbe bello mettermi a dirgli di tutto, tirandogli magari anche qualche ceffone.
« Non si tratta di un trauma minore, per fortuna » mi sorride.
Rilascio un sospiro, come se fino ad adesso non avessi respirato. Scherzo ovviamente.
« E ne è sicuro? » mi accerto, affinché mi tranquillizzi.
« Si, anche perché il tuo dolore non è eccessivo, ma lieve a causa della storta. Poi non hai limitazioni per quanto riguarda il movimento e il gonfiore è proprio poco. Non c'è presenza neanche di edemi... quindi sei a posto » mi sorride di nuovo.
Ha parlato arabo praticamente, infatti le uniche parole che mi interessava sentire erano: "Sei a posto"... tutto il resto non conta.
« Ora ti prescrivo una crema da dare di mattino e di sera, a inizio e fine giornata. Cerca di ridurre i movimenti, non sforzarla troppo. Poi per il resto vai tranquilla. È una bella storta, ma se ne andrà nel giro di una decina di giorni. Questo, però, se applicherai sempre il prodotto » mi parla con quel tono formale, mentre preleva una penna dal camice per scrivere il nome di quello che devo comprare.
« Grazie » sorrido.

Amore tatuato sulla pelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora