Capitolo 49

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JENNIFER

Il buio e il silenzio avvolge la mia camera, avvolge noi.
I miei occhi vagano lungo il soffitto, si chiudono, si soffermano in punti precisi, creano un percorso tutto loro fino a fermarsi sul petto nudo di Jake.
Finita la presentazione, dopo aver salutato tutti -e aver comprato una copia del libro- ci siamo diretti a casa. Non ce la facevo un minuto di più a resistere, a rimanere distante da lui, dal calore che mi ha avvolto in questi pochi, ma travolgenti, mesi.
L'abbiamo fatto in un modo dolce, ma bisognoso come due persone che hanno vissuto più di una settimana cercando di frenare l'istinto di baciarsi, limitandosi a bramare uno il corpo dell'altro.
Le carezze tenere, le mie unghie che hanno graffiato la sua schiena come a renderlo mio definitivamente; la sua possessività e le sue braccia che mi avvolgevano -e continuano a farlo tutt'ora- come per non lasciarmi andare. Non me ne andrei comunque.
Basta. Sono stufa di scappare, di rifugiarmi dentro me stessa, di guardare il passato senza pensare ad un possibile futuro con un uomo come questo. Lo amo e so che entrambi facciamo ogni cosa seriamente, perciò si, siamo una coppia nel vero senso della parola. Non sono mai stata una tipa da fidanzato fisso, specialmente non la pensavo come strada da intraprendere ancora così giovane, ma mi riesce proprio difficile immaginarmi con un altro. Jake si è proprio insinuato dentro e io sono come  diventata uno dei suoi tatuaggi. Un tatuaggio che si porta per sempre, un amore indelebile. Ammetto che mi piace fantasticare e dare libero sfogo alla fantasia, ma quando penso a me e a lui, niente mi sembra irrealizzabile, scostante dalla realtà. È difficile da spiegare e si può capire solamente quando ti ci ritrovi dentro.
Il suo braccio avvolge le mie spalle piccole e sento di avere uno scudo, una corazza ben solida. Non ne ho mai avuta una e forse averne l'occasione mi porta a superare un nuovo ostacolo, a salire di un gradino. Quando pensi di essere a tuo agio, con la persona perfetta, nel momento perfetto... be', inevitabilmente si creano filmini mentali quasi ridicoli, ma tremendamente belli.
Non credo nella perfezione, piuttosto in una forma che comprende imperfezioni di vario tipo e punti di forza che mettono in evidenza la vera persona. Come ha detto Hazel oggi, siamo esseri umani.

Prendo questo tempo per pensare, ripercorrere ciò che abbiamo appena fatto, ricordando gli episodi passati e ciò che abbiamo affrontato prima di adesso. Istintivamente sorrido, perché l'emozione che sovrasta tutte le altre è la felicità. Ho sempre sostenuto che non esiste una via eternamente felice, ma degli attimi che te la fanno apprezzare, te la fanno vivere... proprio come ora, un presente che sto scrivendo man mano.
Sospiro, prendendomi qualche secondo per osservare il ragazzone che sembra dormire tranquillamente. Mi trasmette calma assoluta e la sua costante stabilità e fermezza aiuta senz'altro il mio animo tormentato e irrequieto.
Osservo i lineamenti duri e marcati, la mascella ben squadrata, le palpebre chiuse e le ciglia che dolcemente sembrano quasi adagiarsi sullo zigomo alto sottostante. L'altro braccio è piegato ed è poggiato sotto il capo, il torso nudo macchiato di nero che si alza e si abbassa ad un ritmo regolare.
Un lembo di lenzuolo ci copre, le mie curve che sembrano incastonarsi perfettamente con le sue.
«Da quanto sei sveglia?» La voce assonnata e impastata dal sonnellino che ha appena fatto.
«Da poco» Mi limito a rispondere, sollevandomi su un braccio per poterlo osservare meglio dall'altro. Abbozzo un sorriso. Con un dito percorre il profilo delle mie labbra, per poi scendere lungo il collo. Preme su di esso per avvicinarmi a lui, lasciandomi un bacio. Passa la mano grande lungo i miei capelli e appena arriva dalle mie scapole sento la pelle ruvida a contatto con la mia morbida. Mi accoccolo e Jake continua ad accarezzarmi con estrema cura, passando le dita lungo la curva del mio fianco sinistro, soffermandosi sulla mia natica.
Entrambi guardiamo sopra le nostre teste, rimanendo in silenzio, immersi nei respiri. I nostri sguardi e il nostro contatto dicono molto più delle parole.
«Sai... tuo padre mi aveva detto una cosa, prima di lasciarci» Attiro la sua attenzione e sorpreso dall'argomento, si ferma sulla mia pelle, smettendo di toccarmi con la sua delicatezza.
«Abbiamo appena aggiustato le cose, io non...»
Non lo lascio finire che riprendo a parlare, tappandogli la bocca in modo scherzoso. Mi riserva uno sguardo pieno di emozioni, una luce di passione negli occhi che percorre il mio viso che si nasconde nel suo corpo.
«È una cosa bella» Dico semplicemente questo. Mi fa quasi ridere il suo essere così spaventato dal fatto che possa rovinarsi tutto, perché non potrà più succedere visto che non ho dubbi. Lo voglio con tutto il mio essere.
«Diciamo che è soggettiva come cosa. Spetta a me decidere se sia bella o brutta» mi tocca la guancia, un gesto estremamente gentile. Mi parla come se fossi una bambola di vetro, come se fossi l'unica rosa sbocciata e si dovesse prendere cura di me.
Un calore quasi sconosciuto si espande nel petto.
«È stato l'ultimo giorno che l'ho visto e abbiamo parlato, abbiamo parlato anche di te» Lo guardo negli occhi come per imprimere ogni momento. Mi guarda curioso e pensieroso, forse con una lieve ansia. Sembra quasi di parlare con un bambino, come se mi stessi prendendo cura di un cucciolo. Gli accarezzo il viso, gli sposto un ciuffo di capelli di lato come farebbe una madre con il proprio figlio. Sprofondo il mio oceano nel suo petrolio, non curandomi di come sovrasti nettamente il mio colore chiaro, sottomettendolo all'oscurità che prevale nella sua iride.
«Sai cosa mi ha detto?» Le parole sembrano uscire come un soffio, le sussurro vicine alle sue labbra, dando peso ad ogni significato. Mi osserva come incantato, io con lo sguardo di chi è innamorata persa. Perché persa, poi? Persa perché quando ti innamori è come se atterrassi su un nuovo pianeta e ti devi piano piano abituare. Tutto ciò che hai intorno è magnifico, anche se in realtà tutto si ricollega sempre all'uomo che ti ha preso il cuore custodendolo tra le sue mani.
«Cosa ti ha detto?» Chiede di rimando, intrecciando le dita con le mie.
«Mi ha detto di non essere cieca davanti a ciò che mi circonda. Mi ha detto di aprire gli occhi...» Faccio una pausa, il fiato sospeso, l'attesa che fa tutt'uno con altri sentimenti, all'interno di queste quattro mura.
«Non capivo, o meglio, non volevo capire. Sono stata cieca per tutto questo tempo e devi perdonarmelo» Gli dico, con gli occhi che probabilmente luccicano.
La luce del sole fuori sta calando, piano piano scompare ritirandosi dietro i grattacieli per lasciare spazio alla luna, alla notte ancora lunga.
«Non devo perdonarti, affatto. L'avevo capito»
«Avevi capito cosa?»
«Avevo capito che bastava po' di pazienza e tu saresti tornata da me. Sennò ti avrei presa direttamente io» Ridacchia e lo seguo spensierata. Mi metto a cavalcioni sul suo corpo disteso e mi abbasso verso il suo viso per ridargli un bacio.
Percorro con le unghie i confini netti che ci sono tra i tatuaggi, passando da uno all'altro, da una storia all'altra, da un ricordo all'altro.
«Sei mio ufficialmente» Sorrido.
«Tu lo eri già mia, baby»
Con un movimento me lo ritrovo sopra, io con la schiena appoggiata sul materasso.
«Mmh, possessivo...» sussurro tra i baci, le sue mani che toccando i miei seni.
«Programmi per stasera?» Mi chiede mentre scende a baciarmi verso la pancia.
«Nessuno, Walker»
«Mmh, bene» Risale per baciarmi il collo e le labbra.
La sensazione di pienezza, che mi invade ogni volta che sono con lui, mi assale come un'onda anomala. Mi prende  alla sprovvista e ho capito che Jake è così incredibilmente imprevedibile e adoro dover vivere l'attimo, perché d'altronde anche io sono un po' così.
Wow, tutto ciò che so dire è solamente questo. Senza parole davanti a tale travolgimento, a questo uragano che si è imbattuto sulla mia strada cambiando le carte in tavola.

Amore tatuato sulla pelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora