Capitolo Due

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-Non voglio trattenerla oltre, questa povera ragazza sta aspettando qua fuori da abbastanza tempo- disse Emily aprendo la porta dello studio seguita dalla suora. Entrambe sapevano che Evangeline era lì a causa del canticchiare della giovane che arrivava sempre oltre la porta chiusa.

Quando Evangeline vide la donna la salutò sorridendo, avevano avuto modo di conoscersi abbastanza dopo che lei l'aveva 'scelta' –Giorno Emily, oggi sta bene? - non riusciva ancora ad eliminare l'uso di parole formali ed ogni volta glielo ricordava -Quante volte dovrò ripeterti che voglio che usi il tu con me? -

-Credo ancora parecchio, è troppo forte e mi viene naturale- era una ragazza abbastanza tranquilla e silenziosa ma quando iniziava a conoscere le persone e vi passava del tempo insieme diventava una persona totalmente diversa, meno impacciata, più aperta e spontanea e questo suo carattere riservato ma gentile piaceva molto.

-Oggi prenderai ancora parte alla lezione? - ormai era normale vederla partecipare alle lezioni, soprattutto a quelle di musica e non causava alcun disturbo ad Evangeline.

-Sono desolata ma devo finire di sistemare anche le ultime carte con il tribunale ma vedrò di essere presente la prossima volta che verrò qua-

-Va bene, arrivederci- la salutò poi facendola ridere ed alzare gli occhi al cielo

-Ci vedremo ancora Evangeline, grazie ancora signora- sorrise, strinse la mano alla più anziana e poi si girò per raggiungere l'uscio ed uscire.

-Su, fila a studiare ora- Ada camminò verso la aule ed Evangeline fu costretta a seguirla –E' una persona splendida, sai? Tutti i test, le sedute e le chiacchierate sono andati meravigliosamente, non potevo sperare di meglio per te- quasi si commosse al pensiero di non avere più attorno quella ragazza, ormai era come una figlia per lei.

Ada non aveva mai avuto una figlia per via della sua scelta di vita ma era sicura che se l'avesse avuta avrebbe provato gli stessi sentimenti che provava verso Evangeline, pensava che sarebbe stato così e se lo sentiva, quella ragazza era speciale perché tutti finivano per provare certi sentimenti per lei, sentimenti positivi che portavano a ronzarle attorno come se fosse un sole e loro le falene.

-Cosa vi siete dette di bello oggi? - era troppo curiosa e voleva ascoltare subito quello che aveva da raccontarle

-Mai sentito parlare del segreto professionale? -

-Si ma non conta questa volta dai, raccontami- la implorò facendole gli occhioni

-Sei uno stress! Il segreto non conta mai con te ma oggi mi ha parlato della sua cittadina, della sua carriera e dei vicini di casa. Il paese sembra molto carino e tranquillo, così come i vicini anche se ha avuto qualche discussione con loro in passato, credo che ti farai molti amici visto che mi ha detto anche che nella scuola che frequenterai ci sono molti alunni-

-Ho paura se ci penso, sai? Qualche volta mi sento triste a pensare a quello che succederà, a quando dovrò lasciare questo posto e so che dovrei essere grata di quello che sta succedendo ma non riesco a fare a meno di sentirmi anche triste-

-Mia cara, è normale sentirsi così combattuta. Stai per iniziare un nuovo capitolo della tua vita ma per farlo devi chiudere quello che sta per finire e rinunciare, abbandonare la quotidianità che ti ha accompagnata per diciassette anni non è per niente facile- spiego la suora aprendo la porta dell'aula messa a disposizione solo per lei

-Non so se sono pronta a questo, ho paura e non lo so, cambierà tutto- era davvero preoccupata e triste al pensiero di dover lasciare tutto ciò che aveva avuto.

-Non pensarci ora, hai ancora qualche giorno da passare con noi e quando sarà l'ora saprai come affrontare questa cosa. Ora andiamo, dobbiamo finire le lezioni-

I giorni si susseguirono veloci, passarono senza intoppi o altri pensieri come quelli che l'avevano colpita e piano si avvicinava il grande giorno. Mancavano meno di ventiquattro ore alla mattina in cui Emily sarebbe arrivata a bordo della sua auto pronta a caricare nel bagagliaio gli averi di Evangeline e l'avrebbe portata via da quella che, per ben diciassette anni, era stata e sarebbe sempre stata la sua casa. Sapeva che si sarebbe trovata splendidamente con la signora ma mai avrebbe considerato altro luogo casa in modo eguale a quello.

-Ricorda di lasciare fuori dal borsone il pigiama, lo spazzolino e i vestiti per domani- le ricordò Ada

-Lo so, lo so. Me l'hai già ripetuto tante di quelle volte che non lo dimenticherò mai più- la tirò in giro la ragazza.

-Perché so che se non lo faccio te ne dimentichi dopo pochi attimi, ne sono certa- e piegò un maglioncino autunnale color bottiglia per poi posarlo sopra la pila di vestiti già piegati e pronti da mettere via ma di quello se ne sarebbe occupata Evangeline che li stava già disponendo in base al colore all'interno della borsa –Mi chiedo anche perché tu continui a dividerli per colore mettendoci il doppio del tempo-

-Sono più ordinati e carini così, non trovi? Al massimo sono affetta solo da qualche strana ossessione- scherzò lei continuando a dividere i vestiti

-Non dirlo nemmeno per scherzo, non si devono fare certe battute riguardo a certi problemi-

-Subito ad esagerare, però devi ammettere che sono più ordinati messi così- la suora si ritrovò a sbuffare mentre annuiva. Se non le avesse dato ragione non avrebbe più finito di chiederlo o ripeterlo per minuti interi.

La sera arrivò velocemente e così anche l'ora di andare a dormire ma il sonno non si azzardava a farsi sentire. Sembrava che quella sera il sonno stesse giocando a nascondino con lei. Non aveva mai avuto tanti problemi ad addormentarsi, forse si svegliava spesso nel cuore della notte a causa dei diversi incubi ma non aveva mai fatto fatica a chiudere gli occhi mentre ora sembrava tutto il contrario.

Si rigirò più e più volte nel letto, si girò talmente tanto che ritrovò le gambe incastrate in quella che sembrava una coda da sirena fatta di lenzuola e coperte varie e le ci vollero diversi tentativi prima di riuscire a liberarsi da quel groviglio senza svegliare tutti gli altri a causa del suo sbuffare.

La testa era pesante anche se poggiata sul cuscino, tanto pesante che le pareva di sprofondare nell'imbottitura del cuscino e quando non riuscì più a star sdraiata e ferma si alzò.

Posò a terra prima un piede e poi l'altro cercando di essere il più silenziosa possibile per non svegliare tutte le ragazze e le bambine, tolse dal borsone ancora aperto ai piedi del letto un maglioncino abbastanza pesante e lo infilò uscendo dalla camerata.

Non sapeva bene cosa fare ma l'idea che le era venuta qualche attimo prima non le sembrava male, doveva solo trovare le parole giuste e scriverle su quei fogli di carta. Scese le scale andando nella zona ricreativa dell'edificio, accese la luce e si andò a sedere sul tavolo pieno di fogli e oggetti da cancelleria: avrebbe scritto delle lettere e le avrebbe consegnate ai destinatari prima di partire.

Passò la notte a scrivere e riscrivere parole con l'inchiostro nero di una qualsiasi penna a sfera, alle volte si fermava per trovare le parole adatte, per rileggere quando perdeva il filo e anche per riposare la mano ed ogni volta che si fermava le venivano le lacrime agli occhi perché sapeva quello che le lettere significavano: addio. Un addio scritto, un ricordo malinconico dei giorni che aveva trascorso in quel luogo con i destinatari delle lettere che, forse, non avrebbe mai più rivisto.


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