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avevano smesso di chiamare per rimproverarci del nostro cattivo comportamento una settimana dopo la nostra pseudo fuga dagli uffici. eravamo arrivati a circa sei chiamate a giorno e alla fine eravamo esplosi. l'onere di parlare con loro era toccato a Victor, il più controllato e diplomatico dei tre, io e Kol ci eravamo limitati a lamentarci con lui e suggerirgli cosa dire mentre la telefonata andava avanti. era stato difficile per il vampiro, non solo perché aveva dovuto affrontare la conversazione con un qualche burocrate convinto di essergli superiore senza alcuna motivazione, ma anche perché Kol mi riferiva tutto quello che veniva detto dall'altra parte della conversazione, grazie al suo udito sviluppato oltre la soglia umana, e insieme protestavamo e dicevamo a Victor come rispondere o cosa dire. alla fine era esausto e soddisfatto. era riuscito, nonostante me e il mannaro, a dire tutto quello che era necessario, come ad esempio che non era affatto ammissibile essere contattati con un ora di preavviso, venir trattati senza un minimo di educazione e che io ero profondamente infuriata per quello che avevo visto e non avevo alcuna intenzione di tornare in quel posto senza delle sincere scuse verso tutti e tre e la garanzia di essere trattati con il rispetto dovuto.
se fossi stata l'unica immischiata  in quella storia non avrei fatto nulla, ne ero consapevole, ero sempre stata una persona piuttosto impermeabile verso certi comportamenti, mi ero abituata a lasciarmi scorrere le cose addosso, a non soffermarmici troppo. se un tizio che non avevo mai visto e non avrei mai più incontrato mi parlava male lasciavo stare, arrabbiarmi non ne valeva la pena, però quello era diverso. quei due mi stavano dando una grande occasione. Non era questione di soldi o che grazie alla loro proposta non ero stata costretta a tornare a casa, non era neanche per il sesso favoloso, certo, quelle cose aiutavano ma, quello che davvero mi importava era altro. erano i sorrisi e le risate, la complicita che stava nascendo, le serate passate davanti al televisore a vedere un film o i pomeriggi in cui eravamo usciti. il fatto che mi fossero vicini, pronti a sostenermi ma non abbastanza da infastidirmi, la comprensione che avevano nei miei confronti quando mi sentivo giù e il fatto che riuscissero a farmi sorridere.
Non potevo affermare di amarli, non li conoscevo abbastanza, non avevamo vissuto altro che una fase di leggerezza in quel rapporto a tre, quasi come una luna di miele, non ero neanche sicura di cosa fosse l'amore, non mi ero mai ritrovata a sospirare per qualcuno, però, qualunque cosa fosse c'era e mi impediva di permettere a chicchessia di mettere i piedi in testa a quei due e a quello che eravamo tutti e tre, qualunque cosa fosse, senza un vero motivo.
pensavo a quello, con un sorriso sulle labbra, al fatto che mi ero affezionata abbastanza a loro da voler prendere le loro difese e tenerci a quello che avevamo, mentre cercavo l'interruttore del caminetto elettrico incassato nella parete del soggiorno, mi ci volle un po' per trovarlo e accenderlo, era la prima volta che lo accendevo io.
mi guardai intorno. avevo spostato un po' il divano e il tavolinetto, allungato i tappeti di pellicce e li avevo ricoperti di cuscini, aperto le tende che davano sul giardino, messo in fresco nel ghiaccio da bere per me e il mannaro accompagnando all'alcol del cibo e per Victor c'era una bottiglia di sangue. saltellai in camera,  la camera degli ospiti che mi avevano concesso e nella quale ancora non avevo mai dormito, nonostante vi tenessi la maggior parte degli indumenti.  mi spogliai e indossati un completino audace, intimo di pizzo e una camicia da notte striminzita e semitrasparente sopra. guardai l'orologgio e mi resi conto che ormai dovevano aver quasi finito, li avevo mandati a fare compere in quattro negozi diversi per assicurarmi che non tornassero prima che avessi finito tutto. il fatto che aveva cominciato a nevicare era stata la ciliegina sulla torta.
corsi nell'altra camera da letto ed esaminai tutto, il letto rifatto, nessun vestito sparso in giro, la cesta del bucato era vuota, per fortuna avevo fatto la lavatrice prima che uscissero, mi infila in bagno e mi sistemai i capelli, evitai il trucco, con i loro occhi lo notavano, sopratutto ciprie e fondotinta, ero rimasta davvero sconvolta quando me lo avevano detto. indossai la vestaglia, avevo comprato tutto per l'occasione, una specie di vittoria contro i cattivoni dell'esperimento pacifista, ero felice che mi avessero difesa quando quello se l'erano presa con me e per una volta tanto volevo organizzare anche io qualcosa per loro, mi sembrava una   buona scusa quella.
sentii la suoneria dei messaggi del mio telefono e corsi a cercarlo. lo individuai tra i cuscini del divano.
il messaggio era di Victor, mi avvisava che stavano tornando e avevano preso della pizza per cena, gli risposi con un semplice va bene, e mi diressi al termostato per alzare la temperatura, sentivo freddo. poi cominciai a girare la sala con un accendino in mano. Non avevo intenzione di dare fuoco a nulla, tranne che agli stoppini delle candele sparsi un po' ovunque per fare atmosfera. dovetti averci messo più di quanto avessi creduto perché il citofono suonò e io non avevo finito di accendere le candele, andai alla porta, buttati uno sguardo al piattino dove poggiavamo le chiavi e ne vidi alcune. aprii il portone senza neanche controllare chi fosse, sicura che i due avessero dimenticato le chiavi, corsi indietro e finii con le candele. suonarono il campanello della porta, di nuovo mi precipitai lì, mi sistemai velocemente i capelli su una spalla, scostai leggermente i lembi della corta vestaglia, lasciando intravedere la scollatura profonda della camicia da notte, con un dito premetti l'interruttore della luce, spegnemdola, e fu atmosfera.
Non guardai dallo spioncino chi fosse, sorrisi e senza neanche aspettare che la porta fosse aperta abbastanza da permettermi la visuale cominciai a parlare "consegne a domicilio?" domandai.
qualcosa era stato portato, qualcuno mi stava di fronte con una confezione di dolci in mano, ma di sicuro non erano Victor e Kol e quella non era la mia spesa.
fissai l'uomo per un lungo secondo stordita, poi di getto chiusi i lembi della vestaglia. lui entrò in casa senza chiedere il permesso, superandomi con passo tranquillo ed elegante.
"aspetti qualcuno?" domandò mentre io chiudevo la porta, sapevo che non sarei riuscita a cacciarlo via in un istante e non volevo che l'appartamento si raffreddasse nel frattempo.
Non feci in tempo a rispondere che lui aveva già esaminato la stanza, per fortuna non abbastanza bene da capire che una bottiglia era di sangue, non volevo ascoltarlo farmi la paternale. "quindi ti sei trovata un ragazzo" notò, poi mi porse la scatola della pasticceria "le tue preferite" mi informò, poi mi stampò un bacio su una guancia. sospirai "cosa ci fai qui?" domandai mentre poggiavo la scatola sull'isola della cucina "scherzi, vero? Didi  stanno dando tutti di matto per il fatto che non torni per le feste." mi informò "non dico che devi passare tutti i giorni a casa, ma almeno per la notte della veglia dovresti tornare" affermò. mi lasciai cadere a sedere sul divano "proprio non posso Niall" dissi per l'ennesima volta. non riuscivo a credere che fossero arrivati al presentarsi senza preavviso "perché resterai con la tua nuova fiamma o hai una ragione valida per ignorare noi e la tua famiglia?" domandò ancora, sembrava più severo e arrabbiato di quanto lo avessi mai visto rivolgersi a me. neanche quando, da bambina, avevo usato i suoi documenti come fogli da disegno e lui era stato costretto a correre per tutta la città, rintracciare un sacco di gente e rifare tutto da capo, era stato tanto insoddisfatto della mia condotta. uno di quei disegni lo teneva ancora, incorniciato e appeso nel suo ufficio.
"ho già spiegato come stanno le cose, e non ho intenzione di ripeterlo ancora. ho un lavoro, sto cercando di costruirmi una vita da adulto" protestati "ti costringono a lavorare la notte della veglia? lo sai che è un comportamento inammissibile" controbattè "non lavorerò, mi hanno invitato a passarla con loro, come ospite, ma il giorno dopo è quello precedente lavorerò e non ce la farei mai a tornare e poi ripartire." inventai. ormai era rimasto solo quello, attenersi alla bugia e andare avanti inventando sempre più. odiavo  doverlo fare, non ero affatto brava nel mentire ma in quella circostanza era quasi obbligatorio "è importante che tu ci sia, ci devi esserci" insistette. mai parole furono più provvidenziali "devo farmi una vita mia, devo lavorare e farmi degli amici e magari anche un ragazzo, e usare la mia abilità organizzative e la neve non come rimedio per la solitudine ma per una serata romantica." rinfacciai. schiuse leggermente le labbra per la sorpresa, sapeva che mi piacevano le belle atmosfere e anche la neve, come interpretò le mie parole non osai immaginarlo, per quanto mi riguardava non avevo mentito, avevo solo omesso il fatto che era esattamente quello che stavo facendo e non solo ciò che avrei dovuto fare. preferii non pensarci e chiudere velocemente la questione, se ne doveva andare prima che tornassero, non tanto per non mandare a monte la serata, ma per evitare che li incontrasse, che scoprisse che vivevamo insieme e che non erano umani. era sempre stato chiarissimo sulla questione: non voleva che frequentassi non umani. sosteneva che potevano mettermi in pericolo e, detto da un elfo che mi era stato accanto praticamente dalla nascita era parecchio strano.
"ed ora, per favore va via" non era la prima volta che discutevamo o che gli dicevo quelle parole, sapeva bene che fin quando dicevo per favore era solo una questione temporanea. qualche giorno per sbollire e poi sarebbe stato tutto come prima, come se non avessimo mai discusso. "va bene" sospirò, lo accompagnai alla porta e la aprii "grazie per i dolci" borbottai con il broncio, proprio come avrei fatto se fossi davvero stata arrabbiata con lui. mi depose un bacio tra i capelli "mi raccomando, attenta a chi incontri" e non si riferiva solo a persone poco raccomandabili ma anche a non umani, infatti aggiunse "questa città è piena di persone che portano problemi" osservò. "starò attenta" garantii, senza aggiungere che ormai era tardi per tenersi alla larga dalle altre razze. varcò la soglia e si ritrovò in corridoio, fece qualche passo in direzione dell'uscita quando aggiunsi "e se vuoi tornare a trovarmi avvisami prima" detto ciò chiusi la porta con un sospiro, in parte di sollievo visto che non si erano incontrati e il segreto era al sicuro, in parte per i sensi di colpa per le bugie, ma mi imposti di scacciare dai miei pensieri quelle riflessioni. andai in bagno e mi sciacquai il viso, mi sistemati i capelli e mangiai un dolcetto, gli altri li sistemai in un piatto vicino agli altri spuntini e mi sbarazzato della scatola, prova che qualcuno li aveva portati da fuori città.
quando sentii i rumori nel corridoio e le due voci discutere fuori la porta tornò il buonumore, andai alla porta con un sorriso stampato in faccia, la aprii prima che lo facessero loro
"siete qui per le consegne a domicilio?" domandai sorridendo maliziosamente. le loro espressioni furono a dir poco incredibili, lo stupore, lo sbigottimento iniziale e poi quello che seguì, il modo in cui mi squadrarono da cima a fondo "certo che si" mormorò Victor, Kol si limitò a mollare la spesa poco oltre la soglia della porta, poi mi afferrò e mi sollevò  "voglio la mancia" affermò con le sue labbra sulle mie. il vampiro non ci mise molto ad adeguarsi alla situazione, mollando la spesa e chiudendo la porta alle sue spalle.

la città dell'unioneWhere stories live. Discover now