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cacciai una boccetta dalla pochette rossa che avevo tenuto, prima nascosta nelle pieghe dell'abito e poi poggiata sul pulpito "nel nostro popolo ognuno ha un compito e solo quando qualcuno è stato portato oltre ogni limite emotivo e mentale, solo quando il nostro popolo o la persona subisce così tanto da non contenere più se stesso si diventa Sangue. nell'intera storia dei figli di Miramalia ve ne sono stati solo cinque, quattro dei quali hanno disintegrato la loro essenza nel tentativo di sistemare la situazione. la quinta sono io" ammisi "L'unica, nell'intero popolo che ha il potere di fare del male" quei pochi di loro che non erano scattati in piedi prima lo avevano fatto ora, erano una cinquantina, e non mi importava "ed ora, come da mio compito, per proteggere il mio popolo e la mia famiglia, qui ed ora, ucciderò quei bastardi che ancora tentano di assassinare noi. sacrificherò il mio corpo a questo scopo" conclusi così e non ci fu bisogno di altro. ormai era tutto in moto.

quando buttai giù la fialetta uno di loro aveva già scaraventato una ragazzina appena uscita dalla sua cassa a terra, nel tentativo di farmi fuori. non ci voleva un genio a capire che, essendo l'unica in grado di fare del male agli altri fossi io l'obbiettivo primario. li avevo informati appositamente. dalle mie labbra uscirono solo poche parole, nell'antica lingua, una preghiera per la nostra dea madre, poi fu l'inferno.

l'ondata di potere che fuoriuscì dal mio corpo fu devastante, non solo per me, consapevole che ogni secondo che passava mi avvicinava all'ultimo respiro, ma soprattutto per i miei nemici. vennero scagliati in aria e sbattuti a terra nel poco spazio che divideva la platea dalle casse. scesi dal palchetto, non so come feci, non sentivo più parte dei miei tessuti, che man mano che andavo avanti diventavano evanescenti. sarei divenuta sangue, lo sapevo, del mio corpo non sarebbe rimasto nulla ma la mia mente, quella era un altro discorso.

avanzai fino a loro "Avete distrutto il mio popolo, avete messo a rischio la vita dei miei mariti e mi avete fatto diventare Sangue. morirete per questo e del vostro conclave di assassini non resterà nulla" poi mi abbattei.

da corpo divenni aria, pura energia, entrai nelle loro teste, nei loro ricordi, come sangue che, anziché fuoriuscire per una emorragia veniva assorbito da una spugna. entrai in tutti loro, scavando nelle loro menti, con forza e prepotenza, vivendo la loro vita, conoscendo le loro conoscenze, individuando i loro assistenti e aiutanti. ognuno di loro era a capo di un gruppo, bastavano loro a farmi arrivare agli altri. erano la mia chiave. ed eseguii il mio compito. distruggendo pezzo per pezzo le loro menti fino a far collassare i loro corpi per poi espandermi viaggiare, in centinaia di direzioni diverse, verso centinaia di persone, contemporaneamente. le raggiunsi e sgretolai il loro essere, distruggendole da dentro come avevo fatto con i loro capi, sondandole scrutandole e apprendendo, ne trovai altri e così continuai. il tempo era immobile. non scorreva. esistevo ovunque nello stesso istante. sondando l'essenza stessa di ciò che mi circondava, del tutto.

non mi piacque ciò che vidi. ebbi tutto il tempo di analizzare le emanazioni che mi circondavano, fazioni, aggregazioni, odio. era la maggior parte dello spettacolo che mi ritrovai a vedere. e poi fu come andare sempre più in altro, oltre il cielo e lo spazio, su un altro piano, vidi la luce.

era magnifica, e sapevo che non era immaginazione, sapevo che era reale sapevo cosa era, chi era, ed ero certa che non sarebbe durato "Fallo, non verrai punita". la voce era femminile ed era tutto il calore esistente al mondo. inutile negarlo o fingere il contrario. Miramalia sapeva cosa avrei fatto e me lo aveva concesso.

fui scaraventata a terra, ad una velocità assurda. non vedevo nulla, neanche distinguevo i colori tanto mi muoveva velocemente per poi ritrovarmi sospesa a pochi centimetri dal suolo, in quella piazza, in mezzo a quella gente ognuno con una sua reazione. presi una forma visibile e vagamente somigliante con ciò che ero stata. i presenti si ammutolirono. riuscii a parlare "ora siamo salvi" alcuni dei miei simili cominciarono a piangere "Vivete liberi, ma stavolta, fatelo solo per il vostro amore, farlo per la pace ci ha già uccisi una volta." mi voltai e lo trovai a fissarmi, ancora appoggiato al suo vampiro "Prenditi cura di loro". in quel momento svanii.

il buio mi aveva soffocato, bloccandomi in una dimensione senza tempo. riuscii a creare uno squarcio abbastanza grande da permettermi un breve viaggio. ero sfinita anche i pensieri mi risultavano immensamente faticosi, ma dovevo farlo, quel viaggio. dovevo.

uscire dallo squarcio e materializzarmi fu devastante. on avevo un corpo eppure sentivo un dolore immenso ovunque, ma lo ignorai, prima per il desiderio e poi per lo sconcerto e la tristezza. il mio cuore si spezzò e la consapevolezza che la responsabilità di quello fosse mia non aiutò il tutto.

Victor seduto sopra una poltrona, in mano un bicchiere di sangue intatto, fissava un punto imprecisato del tappeto, aveva addosso gli stessi vestiti della conferenza stampa, così come Kol, che seduto a terra, ai piedi del divano, aveva la testa reclinata all'indietro poggiata sulla seduta e fissava il soffitto con sguardo vuoto. aveva delle occhiaie immense segno che ea da parecchio che non dormiva. non avevo idea di quanto tempo fosse passato per loro, ma li avevo spezzati.

li chiamai, varie volte, prima che si riprendessero dallo shock e mi prestassero attenzione. mi fissarono ancora più sconvolti "Mi dispiace" cominciai così, perché era vero "Non potevo dirvelo, non me lo avreste lasciato fare ma era necessario" ammisi, mentre un nodo allo stomaco mi segnalava che non mi restava molto tempo "Vi ho fatto una promessa, quella di tornare sempre da voi, e la manterrò, ma non so quanto dovrete aspettare, ci vorrà tempo" i due scattarono in piedi e mi si pararono di fronte "Tornerai?" domandarono all'unisono "sempre, per voi." riuscii addirittura a poggiare le mia mani sulle loro guance "vi amo, voi siete il mio cucciolone e il mio modicchione, tornerei da voi a prescindere dalle conseguenze, ma ci vorrà tempo, non so quanto, spero solo mi vorrete ancora, e che resterete insieme, esistete l'uno per l'altro" mi accorsi che il tempo era finito quando le mie mani divennero evanescenti e persi il contatto con le loro guance. ci misi pochi istanti a tornare nel mio limbo oscuro e ci rimasi a lungo. molto a lungo, anche se, ogni tanto riuscivo a dare una sbirciata fuori.

la città dell'unioneWhere stories live. Discover now