62 - epilogo

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aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu il faccione di una vecchia sdentata. mi venne un colpo e, nonostante avessi pensato ad una imprecazione, dalle mie labbra uscì un pianto isterico e ci misero poco i miei occhi a non vedere più nulla a causa delle lacrime. mi ci volle il tempo di una pulita con una spugna e acqua calda, seguito dall'essere messa tra le braccia di una bella donna bionda e sudata che mi fissò un tra lo schifato e l'esasperato, per farmi essere certa di quello che era successo. c'eravamo. ero rinata.

imparai presto a parlare e camminare. non avevo idea di quanto tempo fosse passato dalla mia morte, ma non mi importava. c'erano delle cose che dovevo fare, obbiettivi da raggiungere. cominciai a riflettere su come comportarmi con la mia famiglia che avevo tre anni, perlomeno fisicamente. avevo già capito che le cose erano un bel po' cambiate, la civiltà era parecchio regredita, non sapevo a causa di cosa. avevo solo pochi sprazzi di tempo, dopo la mia morte, tra i miei ricordi. quando avevo abbastanza forze provavo ad uscire e vedere cosa facevano, se stavano bene. li avevo trovati sempre insieme e questa era l'unica cosa che mi era importata. così mi ritrovavo a vivere in un villaggio di circa duecento persone, per lo più contadini, con due genitori che peggio non si poteva trovare in quel posto. mio padre, anche se ne dubitavo molto, era un alcolizzato che stava tutto il giorno i taverna a bere e giocare, perdendo puntualmente tutti i soldi che mia madre guadagnava la sera, prostituendosi. vivevamo in una casupola fatiscente ai confini del villaggio.

a tre anni e mezzo capii di essere ancora una figlia di Miramalia e di essere in grado di compiere piccoli viaggi, saltuariamente, oltretutto ero ancora rosso e, per non farci mancare nulla Sangue. lo capii esattamente, o per meglio dire, capii a che punto mi potevo spingere, con o senza poteri, quando avevo da poco compiuto i quattro anni. le cose erano peggiorate. nonostante mia mamma aveva poco più di vent'anni ne dimostrava quasi il doppio, lui voleva i soldi per bere e giocare e lei non ne guadagnava a sufficienza. prima le metteva le mai a dosso, picchiandola poi la violentava e, aveva cominciato a dire che avrebbe potuto vendere me, c'era chi pagava belle somme in anticipo per assicurarsi la verginità di una bambina. presi la decisione allora. bastarono due settimane. avevo nascosto fuori casa un po' di bottiglie dalla scorta di papà, lui era tornato a casa più ubriaco del solito ed euforico, non era andato sotto con le scommesse, mamma era già uscita in cerca di clienti, lui voleva bere ed io lo feci bere, ancora e ancora. lo tenni sveglio quando era lì lì per addormentarsi e continuai con gli abbeveraggi fin quando non collassò sulla poltrona. andai a dormire. al suo rientro mia madre trovò suo marito ancora sulla sedia, con la testa all'indietro piena di vomito che lo aveva soffocato.

non gli pagammo neanche il funerale.

da allora le cose migliorarono. lei continuava il suo lavoro notturno e nel frattempo io mi davo da fare di giorno. ormai tutti mi consideravano una piccola genietta. ero una delle tre persone del villaggio in grado di leggere e scrivere, le altre due erano il capo delle guardie e il tizio delle tasse. chiamavano sempre me per scrivere o leggere le lettere e ci guadagnavo qualcosa. lo mettevo da parte. prima dei sei anni cominciai a fare piccole commissioni per i contadini, riferire messaggi o portare cose, venivo pagata anche per quello in più mia mamma m lasciava fare la spesa e cucinare. quelli furono altri soldi guadagnati. i grandi tendevano ad intenerirsi e regalarmi verdure e frutta ogni volta che mi vedevano contare le monete. circa un anno dopo misi da parte abbastanza soldi da convincere mia madre a darmi il permesso di comprare delle galline all'arrivo dei mercanti. riuscii a comprarne quattro, nel villaggio non c'erano molti animali, vendere le uova ci fece guadagnare abbastanza da comprare due pecore, il loro latte permise alla mamma di lasciare il vecchio lavoro e continuare con la fattoria. i pascoli erano tanti, gli animali pochi, potevo badarli da sola, o lo faceva lei se io avevo altri lavoretti in paese. nel giro di cinque anni riuscimmo a costruirci una vita dignitosa, nella quale io continuavo i preparativi per il mio obbiettivo.

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