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non ebbi modo per regolarmi del tempo che passava. non avevo idea di quanto a lungo fossi rimasta legata lì, ogni tanto l'uomo che mi aveva rivolto la parola, l'unico ad averlo fatto e che avevo rivisto, veniva a portarmi da bere e da mangiare, visto come ero legata era costretto ad imboccarmi, ma non mi lamentavo, rimanevo in silenzio e facevo come mi diceva. non vidi nessun altro, sentivo solo delle cose, rumori esterni, gente che si muoveva e parlava ma non capivo cosa diceva, non capivo dove fossi e non avevo la minima idea del perché mi trovassi lì. avevo dormito piuttosto spesso, avevo sempre sonno, e ogni mio sogno era stato stravolto, probabilmente, anche se in piccole quantità, continuavano a drogarmi, forse con il cibo o l'acqua, non ne avevo idea, fatto sta che non riuscivo a viaggiare più come prima, a malapena ero riuscita ad avvisare Kol e Victor che ero in vita e stavo bene, per lo più mi spostavo da sogno a sogno restando nel limbo.

successe tutto piuttosto velocemente, almeno dal mio punto di vista. improvvisamente ci fu un gran baccano provenire da fuori la tenda, non capivo cosa stesse succedendo, e non ebbi modo di capirlo neanche in seguito, l'uomo tornò dentro, non disse nulla, aveva un'espressione seria e dura in viso, cacciò una siringa dalla tasca dei pantaloni, tolse il cappuccio, e prima che potessi realizzare quello che stava succedendo me la ritrovai conficcata nel collo. fece male, davvero tanto, ma non durò molto, in pochi secondi ero in uno stato di semi coscienza, ero sveglia ma per nulla lucida, la testa leggera e nn capivo più un accidenti. il tizio si portò alle mie spalle, si muoveva in modo strano, o forse era la droga a farmi vedere i movimenti in quel modo, mi sembrava di avere davanti agli occhi un muro di acqua, era tutto deformato. sentii le sue mani sui miei polsi, mi fecero male, il su tocco non era dei più delicati, ma neanche così rude, che fosse dovuto alle ferite causate dalle manette? non ne avevo idea ed i quel momento non mi importava. mi slegò e mi tirò in piedi. gli finii addosso e fu costretto ad abbracciarmi per non farmi cadere a terra. non era alto come i miei uomini, arrivava a stento al metro e ottanta, ragione per la quale non avevamo molta differenza, riuscivo a guardarlo in faccia per bene. ridacchiai. "andiamo a ballare?" gli avevo stretto la braccia intorno al collo, mentre lui ondeggiava per restare in equilibrio e non cadere con me attaccata addosso. gli ci volle un po' per fari staccare da lui, afferrarmi e cercare di trascinarmi fuori dalla tenda, nella mia mente, non so perché ero convinta che stessimo andando a fare una gita e glielo dissi anche. l'avrei seguito ovunque, sembrava tanto divertente quella situazione ma, non riuscivo a stare in piedi. fu costretto a caricarmi in spalla, come un sacco di patate, per trascinarmi fuori e avere una mano libera per impugnare un'arma. non ci feci poi molto caso, se avessi avuto abbastanza aria nei polmoni sarei scoppiata a ridere, ma la posizione me lo impediva. mi trascinò fuori e notai che era notte. tutt'interno a noi c'era il caos, gente che correva da tutte le parti, rumori mai sentiti prima, non avevo idea di cosa stesse succedendo e non riuscivo ad interessarmene, una parte di me sapeva che dovevo capire, dovevo essere lucida, ma non ci riuscivo, mi ritrovavo a sghignazzare e a giocherellare con le mani sulla giacca dell'uomo. ogni tanto biascicava qualche imprecazione, non solo a me, più di una volta cambiò strada repentinamente, sentii lo scoppio di quelli che ipotizzai essere petardi provenire da molto vicino, da lui. tutta quella agitazione, combinata alla droga e al metodo di trasporto non furono per nulla di aiuto, non ci misi molto a sentirmi male, non solo per il sangue alla testa, stavo proprio per vomitargli addosso, cominciai a dimenarmi come una pazza e urlare che stavo male e doveva mettermi giù. non mi ascoltò minimamente, continuò a proseguire urlandomi di stare ferma, non che gli diedi retta, mi dimenai così violentemente che perse la presa sul mio corpo e finii di faccia per terra. ebbi appena il tempo di alzare il busto e mettermi a gattoni prima di rigettare il contenuto del mio stomaco, un po' di acqua, ancora non mi avevano dato da mangiare. lui non aspettò neanche che i conati si fermassero, mi afferrò brutalmente per la maglia e mi trascinò in piedi, costringendomi a camminare al suo fianco, strattonandomi per un braccio. solo allora mi resi conto che impugnava un fucile ma la mia testa non ne voleva sapere di mettersi in allarme o collegare le cose. nella mia testa era tutto un gioco.

poi successe. sentii la sua presa venir meno, lo visi accasciarsi con una mano sulla spalla, non feci caso al sangue, non feci caso a niente, cominciai semplicemente a correre in una direzione qualunque. ciò che accadde dopo fu un grosso buco nero nella mia mia mente, semplicemente, mi ritrovai in mezzo ad un ammasso di gente, ridendo come una pazza, sporca di sangue, non avevo idea di da dove venisse, e mi agitavo qua e là con le braccia alzate, convinta di aver vinto non si sapeva cosa. una parte di me, quel briciolo di me che ancora aveva una parvenza di sanità, non si riconosceva più in quello che dicevo o facevo. ero assolutamente allo sbando, così tanto che quando vidi un cadavere a terra, ricoperto di sangue non mi resi neanche conto che fosse un cadavere e che stessi parlando con lui. non so cosa cercassi di dirgli, le frasi uscivano sconnesse e prive di senso, qualcuno mi afferrò la vita in malo modo e mi trascinò lontano. era un uomo, non avevo idea di chi fosse o dove mi stava portando ma ridevo come una pazza.

cominciai a calmarmi un po' da quelle risate isteriche solo quando vidi il suv nero parcheggiato, doveva essere alle spalle del luogo in cui mi tenevano, l'accampamento o quel che era, era tutto più tranquillo, a vedersi. quella calma influenzò anche me, o forse erano arrivati gli effetti più pesanti della droga, ma ero sul punto di addormentarmi, non sentivo più le gambe, mi cedevano e percorrere gli ultimi metri fu difficile, sia per me che per il tizio che mi trascinava. inciampai più volte, trascinavo i piedi, mentre l'unico motivo per cui riuscissi a restare in posizione eretta era il braccio dello sconosciuto che mi sorreggeva. quando quell'appoggio mi fu tolto rovinai a terra, in modo piuttosto violento. le mani e le braccia già doloranti urlavano pietà, la testa mi bombardava, mi si mozzò il fiato in gola mentre la botta faceva svanire un po' della sonnolenza che mi aveva completamente intorpidita. delle figure stavano lottando, non capivo chi fossero, perché lo stessero facendo o quanto lontane da me si trovassero con precisione. era tutto sfocato e continuava a sfocarsi sempre più. capii che scavo entrando ed uscendo dallo stato di veglia, quello che mi circondava era una sequenza di fotogrammi spaiati. ormai ero quasi del tutto andata, incapace di tenere gli occhi aperti quando delle braccia mi sollevarono. sentii solo il terrendo allontanarsi dal mio corpo e due robuste braccia sorreggermi. poi il buio. niente limbo, niente sogni. solo buio.

ciaoooooooo

eccomi di nuovo qui, lo so che non ho pubblicato nulla a lungo e vi prego di perdonarmi, ho avuto qualche problema e in più sono alla disperata ricerca di lavoro come se a voi importasse. lo so che volete solo la storia e che mi strozzereste volentieri per il fatto che pubblico capitoli una volta ogni morte di papa, ma abbiate pazienza, vi imploro.

ora, dopo lo sproloquio di rito, passerò hai miei ringraziamenti di rito, perché si, non mi faccio mancare nulla.. scherzi a parte, grazie davvero per aver letto la storia fin qui, spero che vorrete darmi le vostre opinioni lasciando un piccolo commento, sono molto felice che continuate a seguire la mia storia e spero vivamente di non deludere le vostre aspettative. grazie davvero tanto.

la città dell'unioneTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon