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mi guardai intorno. per me non era facile credere che tutti quei cambiamenti, avvenuti negli ultimi due anni, fossero reali. la consapevolezza aveva cambiato le cose in un modo assurdo.
infilai le ultime cose nella borsa ed uscii dal piccolo ufficio, quel pomeriggio mi era toccato fare l'inventario e preparare gli ordini, anche se poi sarebbe stato Brian ad occuparsi dei rifornimenti. era ancora un po' presto per andarsene, essendo metà pomeriggio, ma avevo un impegno e non avevo un vero e proprio orario fisso. non dopo che i clienti erano cominciati a diventare abituali e che il negozio si era ingrandito, includendo una piccola area con un paio di tavoli per permettere ai visitatori di consumare una tisana appena fatta e l'angolo delle consultazioni dove Brian esaminava i problemi altrui e visitava per trovare una soluzione. i tre quarti del negozio, che prima il druido usava come magazzino, sia per articoli personali che lavorativi, ora era parte integrante dell'attività e l'ambiente più accogliente aveva attirato clienti.
uscii dall'ufficio e attesi che il druido finisse di servire una donna, che le facesse il conto e che venisse pagato, prima di accostarsi al bancone e appoggiarci i gomiti sopra. "È già ora?" domandò il druido ed io risposi con un cenno affermativo. sospirò. sapevo perfettamente perché, e non ci volle molto per intavolare nuovamente quella discussione. prese una boccetta, con il tappo a contagocce, e la piazzò sul bancone, la presi e mentre facevo per metterla in borsa arrivò la solita frase "sei davvero sicura?" domandò con sguardo contrariato. infilai le gocce in borsa "si, mi servono" ripetei per l'ennesima volta. "ci sono prodotti meno pericolosi, e troppo forte per il corpo di un'umana" sospirai "lo so, e sarei d'accordo con te, se fossi ancora del tutto umana, ma ormai lo.sono ben poco e se prendo queste lo faccio a ragione" affermai. gli avevo raccontato qualcosa, non proprio tutto, ma alcune cose, abbastanza da non farmi creare problemi per i prodotti che cercavo. solo Kol e Victor sapevano tutto, loro due e l'oni. ancora non lo incontravo di persona, ma nei sogni ero finita spesso in sua presenza, anche senza volerlo, segno che dovevo parlargli, spiegare come stavano le cose. e lo avevo fatto.
"non più di dieci gocce, assolutamente non le prendere prima di dodici ore dell'assunzione della precedente dose" si raccomandò. aveva capito che era inutile opporsi e che non mi avrebbe fatto cambiare idea, avevamo capito come.eravamo fatti. "lo so, non farò pazzie" promisi prima di salutarlo ed uscire. mi diressi a casa, la nuova casa nella quale abitavamo da poco meno di un anno.
negli ultimi due anni ero stata rifletta signora della città di nuovo durante la festa della primavera e, anche per quello che avevo scoperto e per pararmi il culo mi ero impegnata molto in quel ruolo. questo aveva portato alla situazione attuale, eri stata una delle prime persone a sapere che una delle coppie del progetto era in dolce attesa. quella notizia aveva fatto così tanto scalpore ed era così importante che si era fatto di tutto per aiutare la coppia. una strega e un troll stavano per avere il primo pargolo mezzosangue del progetto. l'intera città si era data da fare per loro. in meno che non si dica avevano tutto ciò che poteva servire loro, l'unico problema rimanente era l'abitazione. avevano un appartamento troppo piccolo e l'associazione non riusciva a trovargliene un altro idoneo ai requisiti del progetto oltre che alle loro esigenze. Kol e Victor, saputo della situazuone avevano proposto di credergli casa nostra. era dell'associazione era spaziosa e aveva una camera per il nascituro. avevo pensato, perché no? ci sapremo scambiati gli appartamenti e saremo stati tutti a posto. invece no. quei due pazzi avevano comprato un vecchio palazzo abbandonato da decenni in centro, mezzo diroccato. dopo tre mesi di ristrutturazione era abbastanza vivibile da poterci trasferire e lasciare casa alla coppia. in tutto ci vollero altri sette mesi di lavori per completare l'opera, e venne fuori una cosa incredibile, esagerata per sole tre persone, ma incredibile e, mi dispiaceva ammettere, necessaria.
oltrepassai il grande cancello in ferro, percorsi il viale fino all'ingresso, gustandomi ogni centimetro del giardino, per fortuna avevano voluto un giardiniere, e del personale di servizio, altrimenti quella villa sarebbe andata a rotoli in trenta secondi netti, era troppo grande e sfarzosa, non avrei avuto idea di dove mettere le mani per curarla.
mi diressi subito in camera, sapevo che ero in ritardo e che li avrei trovati intenti a prepararsi e fu proprio così. si stavano abbottonando le camice di un completo non troppo formale anche se comporto, era pur sempre un'occasione pomeridiana, quando li saluta i con un bacio e mi infilai in bagno. quel giorno mi toccava un tubino nero, con il mio solito talismano, era quello che fingevo fosse il pezzo della maschera, un paio di scarpe con tacco a spillo, non troppo alte, per fortuna, visto lo spazio, avremmo ospitato noi l'inferno in terra. perché si, era proprio quello che ci aspettava. l'ultima cosa al mondo che avrei voluto nel giardino di casa: giornalisti.
si erano decisi. l'associazione aveva deciso che era il momento di rivelare al mondo il progetto, era troppo felice per come andassero bene le cose, tra la storia del bambino e l'annuncio che avremmo dato pubblicamente.
stava funzionando. la pace stava funzionando e non vedevano l'ora di condividerlo con il mondo. non c'era momento migliore e non ci sarebbe mai più stato.

la città dell'unioneWhere stories live. Discover now