34. Errori e debolezze

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"Io, Vittorio e Antonio eravamo molto giovani quando ci siamo conosciuti. Siamo praticamente cresciuti insieme."
La madre di Claudio inizia a raccontare la storia della sua vita con lo sguardo assente. 
"Ai tempi delle superiori eravamo inseparabili. Io ho sempre avuto un debole per Antonio."
Lo guarda e improvvisamente il suo sguardo torna vivo, come illuminato dal bagliore di quell'amore lontano. "Ma lui era un tipo molto solitario, sfuggente, introspettivo. Non sembrava molto interessato a me. Vittorio invece era esuberante, trasgressivo, pieno di vita."
Si ferma un attimo.
Nessuno di noi ha il coraggio di dire una parola. Claudio tiene lo sguardo fisso su di lei.
Credo che lui e suo padre non si siano nemmeno guardati in faccia.
Io mi sento davvero fuori posto, ma Claudio non mi molla.
"Dopo le superiori Antonio fu accettato alla facoltà di economia della Bocconi di Milano e così lo persi di vista. Vittorio e io invece iniziammo a frequentarci e le cose vennero da sole una dopo l'altra e così un paio di anni dopo ci sposammo. Eravamo molto giovani, forse troppo. Lui era innamorato di me molto più di quanto non lo fossi io di lui.
Io ero folgorata dal suo essere identico al fratello.
E questo l'ho capito purtroppo solo molto tempo dopo, quando ormai era già tardi.
I primi anni di matrimonio trascorsero piuttosto tranquilli, ma io non ero innamorata e cominciai a rendermene conto. Pur avendo fatto di tutto per far funzionare le cose tra noi, la crisi arrivò."
Come la capisco. Anche io con Arthur ho cercato in tutti i modi di far funzionare una storia sbagliata. Fortunatamente siamo riusciti a fermarci in tempo.
Soprattutto prima di fare del male ad altri.
"Vittorio che era sempre stato uno spirito libero, si prese sei mesi per andarsene lontano a cambiare aria. Ed io rividi Antonio, tornato a Roma dopo la laurea. Quel sentimento che avevamo tenuto sopito per tanto tempo, tornò fuori prepotentemente."
Guardo Claudio, ha uno sguardo impassibile.
La signora Lucia tiene gli occhi bassi.
"Vittorio tornò dicendo di amarmi alla follia e di voler ricominciare da capo e ricucire le crepe del nostro rapporto. Ma io ero incinta. Lui impazzì di dolore quando scoprì che aspettavo un figlio evidentemente non suo. Una volta superato il momento di dolore, lui disse che mi perdonava, che avrebbe accolto mio figlio come se fosse stato suo. E lì io commisi l'errore più grande della mia vita, accettare un compromesso troppo grande per entrambi. Io non lo amavo abbastanza e lui non riuscì mai veramente ad accettare una situazione più grande di lui, di noi.
Ma in quel momento per me era la scelta più facile e meno rischiosa.
Vittorio cominciò a bere e, più passava il tempo, più diventava violento. Quando nacque tua sorella, per un po' le  cose sembrano essere migliorate, ma fu solo un momento.
Io mi sentivo in colpa e non ho mai avuto il coraggio di prendere in mano la situazione, neanche vedendo la sofferenza dei miei figli."
Le lacrime cominciano a scenderle sulle guance. Antonio le prende la mano tremante.
Claudio sembra assente, gli stringo la mano che non gli ho mai lasciato. Si gira a guardarmi come se lo avessi svegliato da un sonno profondo ed accenna ad un sorriso teso.
"Perché?" Chiede Claudio all'improvviso guardando nel vuoto "Perché non me lo hai mai detto? Ma soprattutto, perché siete qui a dirmelo ora?" Sta facendo di tutto per mantenere la calma, ma io capisco che è sul punto di esplodere.
Antonio, che non ha detto una parola per tutto il tempo, risponde a Claudio.
"Sono stato io, credo che sia arrivato il momento che tu sappia la verità."
"Tu.... Tu che hai sempre saputo di avere un figlio e che per quarant'anni non hai avuto il coraggio di dire una parola.... Tu.... hai deciso che ora era il momento che io sapessi la verità? Non quando c'era un altro che si fingeva mio padre, che mi picchiava. Che picchiava mia madre in mia presenza. Uno che ho ritenuto un mostro. Ma che alla fine forse era solo una vittima proprio come me. Dov'eri allora? Perché non sei intervenuto? Perché compari ora dal nulla? Ora che è tutto già sistemato in qualche modo.
Per rivendicare la tua paternità?"
Antonio guarda questo figlio che
gli sta urlando contro tutta la sua rabbia. La rabbia per un'infanzia spensierata che gli è stata negata dalle scelte sbagliate di due persone deboli.
La rabbia per una realtà profondamente diversa da quella che aveva dato per certo.
Una realtà in cui il confine trai buoni e cattivi non è esattamente quello che si era figurato nella mente.
Io mi sento profondamente in imbarazzo ad ascoltare questa conversazione così privata.
"Scusate, io credo che sia meglio che vi lasci soli" provo a dire alzandomi, ma Claudio mi trattiene per il braccio "No, resta qui!".
"Claudio ascolta" riprende a parlare Lucia, con la voce rotta "Antonio non ci ha mai abbandonato. Sono stata io a non volere che lui intervenisse. L'unica responsabile di tutti questo sono io." Sembra non riuscire ad andare avanti, ma poi riprende. "Un giorno, poco prima di quel famoso Natale, sono finita in ospedale, a causa delle botte che mi diede Vittorio. Tu forse non te lo ricordi. Vi dissi che ero caduta dalla scala. Allora Antonio prese Vittorio e lo minacciò di denunciarlo se non ci avesse lasciato in pace. Così se ne andò per sempre"
Un lungo silenzio.
"Ma perché allora non avete detto nulla, perché? Tutte le volte che ti ho chiesto di papà , mi hai sempre detto che non sapevi che fine avesse fatto. Perché?" Claudio, a questo punto, ha le lacrime agli occhi. Vedo la sofferenza sul suo volto.
"Perché non ho avuto il coraggio..." dice lei con un filo di voce.
"Ed io non ho avuto il coraggio di impormi." Continua Antonio  "Lucia mi chiese di dimenticare tutto. Di lasciare le cose come stavano. Per il vostro bene.  E così ho cambiato città, mi sono fatto una famiglia. Ma credimi non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a voi. Quando ho saputo che Vittorio era morto, ho capito che era venuto il momento che tu sapessi la verità.  Ora mi rendo conto di avere sbagliato tutto. Di aver rinunciato alla donna che ho amato più di ogni altra. Di aver rinunciato a mio figlio. E che questo non può essere un bene per nessuno."
Claudio si alza, mi guarda ed esce.
Io lo lascio andare.
"Ma...Claudio...." prova a dire Lucia. Ma lui è già uscito.
"Io credo che in questo momento abbia bisogno di stare un po' da solo. Dategli tempo."
Aggiungo io alzandomi a mia volta.
"Grazie Alice, senza di te non ce l'avremmo mai fatta."
Sorrido ed esco. Non vedo l'ora di essere fuori. Manca l'aria a me, immagino a Claudio!
Pensavo che se ne fosse andato e invece lo trovo appoggiato alla macchina. È scuro in volto.
"Claudio, io torno in metro. Immagino che tu abbia bisogno di schiarirti le idee"
"No" mi risponde a sorpresa "ho bisogno di te. Vieni facciamo una passeggiata." mi prende la mano e iniziamo a camminare senza meta.
Nessuno dei due parla, ma il nostro non è un silenzio vuoto.
È uno di quei silenzi colmi di emozioni.
Vorrei potergli dire la cosa giusta, ma non mi viene in mente nella di sensato.
È già da un bel po' che camminiamo quando Claudio improvvisamente si ferma. Si gira verso di me e mi guarda intensamente.
Sembra cercare la risposta ad una domanda che non sa nemmeno lui come formulare.
 "E ora? Che dovrei fare? Cosa si aspettano da me?"
Mi prendo un po' di tempo, non so che dirgli.
"Quello che si aspettano da te non ti deve interessare. Io penso che tu debba prenderti un po' di tempo per capire cosa significa quello che ti hanno detto e che cosa senti tu."
"Cosa sento? Che ne so?" Sospira.
"Datti tempo Claudio. Non è necessario trovare una risposta subito. Sono sicura che capirai cosa è meglio per te."
"Io non ne sono così sicuro. Alice per tutti questi anni ho pensato che mio padre fosse un pazzo. Probabilmente lo era, ma forse non era nemmeno tutta colpa sua. Ma come hanno fatto a ridursi così? A rovinare la vita a loro stessi e agli altri?"
"Non lo so, ma in certi momenti non è facile capire qual è la strada giusta e magari quello che ti sembra il bene finisce per portarti alla catastrofe. Ma questo lo scopri solo dopo. E a volte è già troppo tardi"
"Stai pensando alla tua storia con Arthur vero?"
"Sì.  Nel mio caso sono stati i sensi di colpa a farmi prendere la decisione sbagliata. La mia fortuna è stata di rendermene conto prima che fosse troppo tardi."
"È stata anche la mia fortuna" mi dice lui accarezzandomi la guancia.
Sento che la tensione pian piano si allenta.
"Dai Claudio, andiamo a casa. Vedrai che domani ti sarà già tutto più chiaro."
"Questo dipende...."
"Da cosa?"
"Da te."
"Da me?"
"Sì... e da come hai intenzione di farmi passare la nottata." Mi risponde malizioso.
Ecco. È di nuovo lui. Ora sto meglio.
Sorridiamo entrambi.
Mi prende il viso tra le mani e mi bacia lentamente.
"Andiamo....  Ma chiamiamo un taxi. Sono stanco di camminare."

L'allieva.... quattro anni dopoWhere stories live. Discover now