46. Tutta la stanchezza del mondo

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"Alice, io credo che tu dovresti parlare con la Boschi e chiedere la sospensione dal lavoro." Mi dice Claudio una sera a cena.
Sono passate appena due settimane da quando ho scoperto di essere incinta e lui già vuole confinarmi a casa.
"Ne abbiamo già parlato. Sto bene e non ho voglia di rinchiudermi in casa per i prossimi otto mesi."
"Sei sempre a pezzi. Prima ti sei quasi addormentata sul piatto. Almeno chiedi una riduzione d'orario."
"Non mi sento ancora pronta a farlo sapere al mondo. Lo sai. Non l'ho detto nemmeno ai miei genitori."
"Lo so che vuoi aspettare il fatidico terzo mese. Ma io ho paura che ti stanchi troppo. E poi hai continuamente la nausea."
"No, non continuamente. Solo alle cinque del pomeriggio. Mi chiedo perché le chiamino nausee mattutine."
"Perché le donne normali le hanno alla mattina."
"Già. Io non sono normale neanche in questo."
Ride.
"Vai a riposarti un po' sul divano, qui finisco io." Mi dice, finendo di sparecchiare.
Non lo riconosco più, se potesse credo che mi chiuderebbe in camera e mi riaprirebbe solo per portarmi in ospedale a partorire.
"Che dici facciamo due passi fuori?" Gli propongo quando mi raggiunge sul divano.
"Non è che ti stanchi troppo?"
"Claudio non sono malata, sono solo incinta. E sai benissimo che la stanchezza è fisiologica. Ma non posso passare tutte le sere a poltrire sul divano. "
"Ok allora, andiamo. Ti porto a prendere un gelato."
"Ottima idea" gli dico baciandogli le labbra, prima di alzarmi.
Ma lui mi trattiene per un braccio.
"Aspetta.... Non avere fretta...." e continua a baciarmi sempre più insistentemente.
"Andiamo! Alttimenti finisce che cambi idea e ora mi hai fatto venire voglia di gelato"
"A me invece hai fatto venire voglia di... altro"
"Ma quella incinta sono io!" Gli dico, costringendolo ad alzarsi.
"Va bene, prima il gelato" mi dice con il suo sguardo irresistibilmente malizioso.
Quasi quasi il gelato non va più neanche a me.
Ma ormai devo mantenere la mia posizione.
Non posso cedergli sempre così!

Stiamo tornando dalla gelateria.
E lui mi fa capire molto chiaramente che intenzioni ha.
Continua a baciarrmi il collo, riempiendomi di brividi.
"Claudio, aspetta almeno di arrivare a casa!"
"Non riesco a resistenti, sarà la gravidanza, ma sei ancora più bella."
"Dai, siamo in un luogo pubblico. E poi quella con gli sbalzi ormonali dovrei essere io, no?"
Squilla il mio cellulare.
"E chi è ora. Sono quasi le undici."
Guardo lo schermo.
"Marco? Strano non mi chiama mai."
Rispondo, un po' preoccupata.
"Pronto, Marco?"
"Alice, la nonna....:
"La nonna? Che è successo alla nonna?"
"Sta male, la stanno portando in ospedale."
"Come sta male? Che cos'ha?"
"Non lo so, si è alzata dal divano, ha detto che aveva mal di testa e poi è svenuta."
Io non riesco più a parlare.
Sento il braccio di Claudio che mi sorregge.
Mi tremano le gambe.
"Nonna..." mi sento sussurrare.
Claudio mi prende il telefono dalla mano.
"Marco? Siete in ospedale?
.....
"In quale ospedale?"
......
"Va bene, arriviamo."
Chiude la telefonata e, senza dire una parola, ma tenendomi forte il braccio, mi conduce alla macchina e si dirige verso l'ospedale.

Quando arriviamo la nonna sta facendo la TAC.
"Papà ma cosa è successo?"
"Alice, non lo so. Dicono che potrebbe essere un'ictus. Ha detto che le faceva molto male la testa e poi è svenuta."
"E non ha più ripreso conoscenza?"
"Sì, quando siamo arrivati qui era sveglia. Ma non riusciva a parlare."
Mi scoppia la testa.
"Alice, vieni a sederti. Ora possiamo solo aspettare."
Claudio mi porta nella sala d'aspetto e si siede di fianco a me. Io appoggio la testa sulla sua spalla.

Dopo un'inteminabile mezz'ora il medico viene a palarci e ci chiede di seguirlo nel suo studio.
Quando vedo a computer l'immagine della TAC, capisco già da sola che la situazione è grave.
Mi siedo, perché mi sento mancare le gambe.
Guardo Claudio che mi mette una mano sulla spalla sospirando.
"Lei è un medico?" Mi chiede, vedendo la mia faccia sbiancare.
Io non riesco nemmeno a rispondere.
È Claudio a rispondere per me.
"Sì, siamo medici entrambi."

"La situazione è grave, ma questo lo avete capito già da soli. C'è una vasta emorragia cerebrale. La buona notizia è che la posizione ci consente di intervenire chirurgicamente. Ovviamente è un intervento molto lungo e delicato e le condizioni generali della signora non sono delle migliori. E questo purtoppo fa si che il rischio che non lo superi sia elevato."
Mi sembra di vivere un incubo.
"Ma se superasse l'intervento, tornerebbe com'era prima?"
"Escludendo tutte le complicazioni che potrebbero presentarsi... però sì, se siamo fortunati, abbiamo ottime probabilità che la ripresa sia buona. Ma devo purtroppo invitarvi a tenere presente che la possibilità che non superi l"intervento esiste ed è tutt'altro che trascurabile."
"E se non interveniamo?"
"L'emorragia ha coinvolto il centro della parola. L'ematoma in parte si riassorbirà, ma lascerà importanti conseguenze. Molto probabilmente non sarà più in grado di parlare e potrebbe esserci una paralisi della parte destra del corpo."
"Ma sopravviverebbe?" Riesco a chiedere con un filo di voce.
"La medicina purtroppo non è una scienza esatta, come ben sapete. Ma direi che le possibilità di sopravvivenza sono piuttosto buone."
Mi guardo intorno disperata.
Guardo i miei genitori e Marco. Sembrano non aver capito nulla di quello che ci ha detto.
Loro mi guardano come se si aspettassero da me la soluzione.
"Vi lascio soli, così potete prendere una decisione. Vi chiedo di farlo il prima possibile. Se dobbiamo intervenire il fattore tempo è fondamentale per il recupero post operatorio."
E così ci lascia nel baratro della decisione più difficile della nostra vita.
"Alice, tu puoi capire meglio di noi cosa è meglio fare." Mi dice Marco.
Io invece sento sulle mie spalle il peso di una scelta più grande di me.
Guardo Claudio, come alla ricerca di una risposta.
Lui risponde al mio sguardo dolcemente.
Si avvicina e mi parla piano, cercando di trasmettermi una calma che non ha nemmeno lui.
"Alice, io non ho la risposta. Purtroppo nessuno ce l'ha, dovete pensare a cosa è meglio."
"Non ce la faccio. Non sono pronta...." dico tra i singhiozzi "Non sono pronta a.... vivere senza di lei. Non sono pronta a lasciarla andare. Non posso."
"Alice" Claudio mi prende una mano e mi guarda negli occhi "lo so che è difficile. Ma... devi cercare di pensare a quello che vorrebbe lei. Non a quello che è meglio per te. Perché dalla tua, dalla vostra decisione, dipenderà come dovrà trascorrere il resto della sua vita."
Ora lo so.
Dopo queste parole di Claudio, mi è tutto fin troppo chiaro.
"La nonna ferma in un letto, senza poter parlare... Non potrebbe sopportarlo.... dobbiamo tentare l'intervento. Anche se non riesco neanche a pensare che possa non superarlo."
Quando il dottor Valenti torna, gli comunichiamo che abbiamo decido di fare l'intervento.
"Bene, la prepariamo subito per la sala operatoria."
"È cosciente?" Gli chiedo.
"No, la teniamo sedata per far lavorare il meno possibile il cervello."
"Posso vederla solo un minuto?"
Claudio scuote il capo.
"Sì, ma a cosa serve. Non può sentirla?"
"Lei ne è davvero sicuro?"
Il dottore ci pensa un attimo e sospira.
"No, non ne sono sicuro. Venga, ma solo un minuto."

Vedere la nonna distesa su quel letto, con una marea di cavi e tubi collegati da tutte le parti, è terribile. Mi avvicino e le stringo la mano e le sussurro all'orecchio: "Nonna, ce la devi fare. Devi essere forte. Noi siamo tutti qui ad aspettarti. Ho una cosa bella da dirti quando ti sveglierai. Non mi lasciare proprio adesso."
Non riesco a trattenere le lacrime.
Quando esco dalla sua stanza mi butto tra le braccia di Claudio.
"L'intervento sarà lungo. Non finiremo prima di domani mattina e poi la terremo in coma farmacologico per almeno 24 ore. È inutile che rimaniate qui. Andate a casa. Per qualsiasi cosa vi chiameremo." Ci dice il dottor Valenti prima di congederci.
"Alice, andiamo, usciamo da qui, torniamo domani mattina. Tu devi riposarti."
"Tanto non riuscirei a dormire."
"Ma almeno ti sdraierai sul letto. Ora non puoi più pensare solo a te stessa". Mi sussurra deciso all'orecchio.
"Va bene, andiamo." Cedo perché so che ha ragione.

Ovviamente non riesco a chiudere occhio.
Claudio sta sveglio insieme a me.
Il tempo sembra non passare mai, è una notte interminabile.
E il terrore di sentire suonare il telefono mi attanaglia.
Mi assopisco un po' solo all'alba, quando la stanchezza prende il sopravvento.
Il mio corpo e la mia testa avevano bisogno di spegnersi almeno un po'.
È il telefono a svegliarci quando fuori si vedono già le prime luci del mattino.
Entrambi balziamo seduti.
Ho il cuore in gola quando rispondo.
"Alice, sono Stefano Valenti. L'intervento è appena terminato ed è andato nel migliore dei modi. Ora dobbiamo vedere come risponderà nelle prossime ore. Sua nonna non è ancora fuori pericolo, ma direi che il peggio è passato."
"Grazie dottore, vengo subito lì. Posso vederla?"
"No. È inutile che venga ora, non la lascerò entrare almeno fino al pomeriggio. Se ci dovessero essere novità la chiamiamo noi."
"Va bene. Grazie dottore."
Tiro un sospiro di sollievo.
Chiamo i miei per rassicurarli poi mi giro verso Claudio che mi sorride e mi prende fra le braccia.
"Claudio grazie." Gli dico con la voce tremante dall'emozione.
"Grazie di che?"
"Di esserci. Non ce l'avrei mai fatta senza di te."
Mi stringe forte.
"Ce l'avresti fatta comunque. Magari ci avresti messo un po' più di tempo, ma ce l'avresti fatta."
"Io non ne sono sicura."
"Io sì. Adesso cerca di dormire un po'."
"Ma dobbiamo andare in Istituto."
"Ma tu scherzi vero? Dopo chiamo io la Boschi. E poi è venerdì e non c'è nessuna urgenza"
Mi stendo tra le sue braccia e improvvisamente mi sento cadere addosso tutta la stanchezza del mondo.

L'allieva.... quattro anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora