Capitolo 11

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Quando ero piccola e litigavo con mamma e papà, avevo la brutta abitudine nel pensare di essere sola, senza qualcuno che stia incondizionatamente con me, senza qualcuno che possa sempre tendere la mano verso di me, qualcuno che mi sorregge quando le mie gambe cedono e non reggono più il mio corpo. Qualcuno che mi faccia tornare sempre il sorriso.

Sebbene nel mio corpo, come in quello di chiunque, ci siamo le nostre cellule che fanno quasi un tifo nei nostri confronti e lavorano per noi in ogni secondo, beh, ha funzionato, ma solo per qualche mese.

Adesso, non sono sola. Letteralmente parlando.

Farò l'impossibile per avere la gravidanza migliore del mondo. Ho già perso un bambino, non voglio che accada di nuovo.

La consapevolezza di avere al proprio fianco un uomo che può fare qualsiasi cosa e anch'egli è felice di questa gravidanza, è gratificante.

"Sei stanca?"
Sono incinta da due mesi e mezzo, come disse la ginecologa, per pura casualità la migliore in circolazione.

Noi lo sappiamo da due ore e inizia già ad essere insopportabilmente attento.

"No, siamo due ore fa dallo studio e voglio solo fare una passeggiata. Un po' d'aria fresca"
Beh, nessuno può vedermi, così siamo in una zona isolata e completamente priva di civiltà.

Annuisce.
Mi osserva, mentre cammino, corro, saltello.

Lo so, sono cose alquanto strane e bizzarre, ma, io non esco da un po', ho bisogno di uscire fuori dal normale.

Nella mia bocca inizia a propagarsi questa sensazione di hamburger.

La mia pancia brontola e pure la mia mente si collega solamente ad un grande hamburger.

"Em"
Passare da Heidi del ventunesimo secolo ad una affamata di panini, cavolo, è bastato poco.

"Si?"
Jeremiah alzò subito il capo verso di me, guardandomi preoccupato, credendo di avere dei problemi.

Di già..

"Ho fame. Un hamburger"
Sorrise, mi abbracciò.

"Tutti quelli che vuoi"
Sussurrò. Salì in macchina per giungere a casa.

Il Segreto Dell'illegalità 2.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora