Capitolo ventinove ; egoista, manipolatore ed egocentrico

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«Manon mi ha scritto dieci minuti fa scusandosi e dicendo che ha avuto un imprevisto» sospiro.

«Fa un'ora di ritardo perché c'è stato un problema con la metropolitana.» spiego mentre mi siedo su uno degli sgabelli girevoli davanti all'isola della cucina, aprendo il mio amato laptop sul tavolo.

«Allora, iniziamo senza di lei o l'aspettiamo?» chiede Edoardo, sempre col sorriso sulle labbra.

«Non so, intanto prepariamo il materiale che ci può servire»

Lui tira fuori i suoi libri e i quaderni, pieni di appunti e di mappe concettuali evidenziate per bene e infine tira fuori un Mac bianco nuovo di zecca, tutto ciò dalla borsa nera che prima portava a tracolla.

«Sembra quasi che tu sia Mary Poppins» commento, ironica, per spezzare il ghiaccio.

Il suo sorriso non fa altro che allargarsi ancora di più. «Lavoriamo?»

Mentre studiamo e ripassiamo insieme i nostri appunti, unendoli e confrontandoci, iniziamo a parlare del più e del meno: lui mi racconta di essere italiano e di essere nato a Roma e di aver frequentato il liceo classico lì.

«E invece Manon? Dalla sua pronuncia ho intuito fosse di origini francesi» domando, curiosa.

«Sì, è nata a Parigi, ma si è trasferita a Roma all'età di tredici anni ed ha frequentato il liceo qui in Italia, con moi.» ridacchia e poi digita due parole sul suo computer, dopo averle lette dai miei appunti di storia di diritto romano.

«Come mai?»

«I nostri genitori sono molto amici e di conseguenza ci hanno fatto praticamente crescere insieme» risponde, sospirando.

«Deduco che siate molto legati, allora» dico.

«In realtà non tanto.» fa una pausa «Intendo dire, andiamo abbastanza d'accordo, ma diciamo che i nostri caratteri, le nostre personalità, non combaciano. Quindi non saremo mai quel tipo di migliori amici»

La sua risposta vaga mi lascia un po' perplessa, ma decido che questo non è il momento di indagare, visto che ho iniziato a parlare con loro da solo tre giorni.

«E invece t-»

«Chi è questo qui?!»

Riconosco immediatamente quella voce.

Mi volto e davanti a me trovo Paulo, che sta scendendo le scale vestito abbastanza elegantemente, con tanto di camicia, cravatta e pantaloni raffinati, neri come pece.

Ieri sera mi aveva detto che oggi avrebbe avuto un'intervista importante con dei giornalisti e che sarebbe dovuto essere impeccabile: beh, ha centrato l'obiettivo.

Il mio cuore smette per un attimo di battere alla vista di così tanta bellezza, ma cerco in ogni modo di nasconderlo.

Il suo passo aumenta di velocità e con dieci grandi falcate arriva in cucina, proprio davanti a noi.

«Tu da dove sei spuntato?» sputa, acido.

Il suo sguardo è come di fuoco, un fulmine che colpisce sia me sia Edoardo.

«Paulo, lui è Edoardo Latini. Edoardo, lui è Paulo Dybala» cerco di smorzare la situazione sempre più pressante e opprimente, ma non sembra funzionare, perché lo sguardo del numero dieci è ancora acceso di ira.

E adesso perché dovrebbe essere irato?

«Da dove è spuntato?» sbotta, sbuffando.

Sento le mie gote arrossarsi per la frustrazione: lui non ha nessun diritto a trattarmi così, nemmeno uno.

«È un mio compagno dell'Università. È venuto a casa mia» calco con cura l'ultima parola «Per studiare insieme per la sessione d'esami»

Il ragazzo dai capelli castani si limita ad alzare gli occhi al cielo. «Studiare insieme? Siamo alle medie? All'università non si dovrebbe studiare ognuno per conto proprio e non sfruttare i compagni e copiarsi gli appunti?»

Edoardo rimane in silenzio, muto come un pesce. Fissa Paulo e non pronuncia parola.

O almeno, non lo fa fino ad adesso.

«Non sono affari tuoi quello che fa Noemi, questa è casa sua»

Okay, forse era meglio se fosse rimasto zitto.

«Tu non dovresti proprio parlare, pezzo di mer-»

Lo interrompo quasi immediatamente. «Okay, okay. Tu non sei in ritardo per l'intervista?»

Lui alza le mani verso l'alto, come in segno di resa. «Sai che ti dico? Hai ragione, Emanuele, Ermenegildo o chiunque tu sia. Non sono affari miei quello che fa Noemi. Lei non mi riguarda»

Si volta e se ne va.

«Mi chiamo Edoardo...» sussurra quest'ultimo.

Senza pensarci due volte, lo seguo all'ingresso e non distolgo nemmeno un secondo gli occhi dalla sua figura.

Ho ancora le guance rosse come due pomodori per la situazione imbarazzante di prima, ma sento che stanno già tornando al loro colore normale di sempre.

«C'era bisogno di fare questa scenata?» la mia voce è carica di rabbia: come si è permesso di comportarsi così?

«Mettiamo le cose in chiaro: io e te non stiamo insieme. Tu non puoi parlare così ad ogni ragazzo che viene a casa mia, perché non ne hai diritto. Altrimenti che dovrei dire io di te e Oriana?»

Quando parla, la sua voce è atona, priva di qualsiasi sentimento. «Tu proprio non capisci, eh?»

«Cosa dovrei capire?» le mie parole sono cariche di esasperazione.

«Che sono geloso di te, Noemi! Sono fottutamente geloso di te! Pensavo lo avessi capito quando ti ho fatto quel discorso a Capodanno, su Alvaro e tutto il resto, e invece no!» alza incredibilmente la voce.

«Sei tanto intelligente: studi in una delle università più prestigiose di tutta l'Europa, eppure non vedi le cose che sono davanti i tuoi occhi!»

«Paulo, io e te non stiamo insieme! Non siamo fidanzati! E non lo saremo mai!» le mie urla lo fanno impallidire.

«Perché tu stai con Oriana, lo capisci? Anche se voi due, un giorno, vi dovreste lasciare, io e te non potremo mai stare insieme, perché lei è mia sorella! Ed io non ci posso proprio credere, non ci voglio credere, che tu ti voglia portare a letto la sorellastra della tua ragazza! Io e te non staremo mai insieme, perché io non potrei mai amare un ragazzo che si comporta in questo modo!» ormai sto gridando.

«Sei la persona più egoista, manipolatrice, egocentrica che io conosca!»

Quando finisco, gli occhi di Paulo sono lucidi, ma allo stesso tempo, sono diventati di ghiaccio.

Il verdazzurro che io tanto amo è sparito e un grigio simile a quello del cielo prima di una tempesta, ha preso il suo posto.

«Hai finito?» la sua voce è spezzata: lui cerca di farla risultare ferma, ma fallisce miseramente.

Non si può descrivere a parole ciò che leggo sul suo viso. È indescrivibile: mille emozioni lo percuotono ed io non riesco nemmeno a distinguerle l'une dalle altre.

Lentamente, scuoto la testa in avanti, annuendo.

Lui non dice altro: apre la porta dell'ingresso ed esce, sbattendosela con forza alle spalle.

Io rimango lì, ferma, ghiacciata davanti a quella porta chiusa, per almeno cinque minuti, per poi tornare in cucina da Edoardo, troppo orgogliosa e testarda per seguirlo fuori.

*

Adesso, che è notte fonda e che nessuno, nemmeno Oriana, è tornato a casa, mi chiedo: se lo avessi seguito le cose sarebbero andate diversamente?

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Where stories live. Discover now