Capitolo uno ; paura della solitudine (II parte)

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Non mi è mai particolarmente piaciuto prendere l'aereo.

Sinceramente non ho nemmeno mai capito effettivamente il perché; non che io lo abbia preso spesso, ma pensavo che dopo il viaggio lunghissimo con mia sorella, Argentina-Italia, adesso la mia riluttanza nel prenderlo fosse passata.

E invece no.

Inoltre, tra me e Paulo c'è una sorta di strano silenzio opprimente che non riesco ad interpretare.

Insomma, il viaggio in taxi da casa mia (che praticamente è diventata quasi casa nostra) all'aeroporto è stato tranquillo: abbiamo parlato del più e del meno, io l'ho preso in giro come sempre con le mie risposte ironiche e a volte, sarcastiche.

Invece adesso sembra come se un muro si fosse innalzato fra me e il ragazzo dai capelli castani.

Quando lui finalmente mi si siede affianco e smette di muoversi come una trottola per sistemare gli zaini, si volta verso di me e mi rivolge un sorriso enigmatico.

«Certo, andare cinque giorni in Norvegia a metà febbraio non è proprio il massimo, visto che lì è ancora buio» sussurra «Ma spero veramente che il viaggio ti piaccia e che ne valga la pena»

Allora anch'io sposto lo sguardo da fuori il finestrino -sedile che lui mi ha gentilmente concesso dopo una mini-litigata in macchina, dove naturalmente ho vinto io- e mi giro verso di lui.

Paulo è così bello. Di una bellezza quasi disarmante, dolorosa alla vista.
Non credo esistano aggettivi per descrivere quanto sia meraviglioso il suo sorriso, quando i suoi diventano un po' più accesi e lucidi del solito e gli angoli delle sue labbra si alzano verso l'alto.

«Sicuramente sarà così» mormoro in risposta, soffermandomi un po' più del dovuto a guardalo e a studiare i particolari del suo viso abbronzato.

«Però devo ammettere che te lo sei meritato questo viaggio» dice ad un tratto, ridendo leggermente «Insomma, sei proprio una secchiona, hai superato l'esame di diritto internazionale e di diritto di storia romana con cento e lode!»

«Shhh, fai silenzio e non urlare che c'è altra gente qui sull'aereo!» sbuffo ma invece di mettere il broncio o altro, Paulo scoppia a ridere.

«Comunque il venti ci sarà la partita di Champions Atlético-Juventus» sospiro «quindi mi sembra giusto che stiamo solo cinque giorni, visto che tu ti devi allenare con gli altri della squadra, dato che è una partita importantissima» aggiungo.

A quelle parole, lui sembra disconnettersi per un attimo dal mondo intero, così fra di noi cala di nuovo il silenzio.

«A proposito...cosa hai detto agli altri che andavi a fare in Norvegia?» ridacchio, cercando di smorzare la tensione. «E al mister? Chissà cosa avranno pensato!»

Ma Paulo non ride.

Si volta verso di me, pallido in viso.

E allora capisco.

«Noemi, io...»

«Attenzione. Avvisiamo i gentili passeggeri che il volo sta per decollare. Siete pregati di allacciare le vostre cinture. Fra poco vi saranno date le istruzioni in caso di una situazione d'emergenza.» esordisce la solita voce metallica.

«Tu cosa, Paulo?»

Non ci posso credere.

Non ci voglio credere.

«Io ho detto loro la verità»

Automaticamente, mi sbatto una mano contro la fronte.

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Место, где живут истории. Откройте их для себя