Capitolo diciassette ; non sei un fottuto cliché

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Fin da piccola, ho sempre odiato andare al Luna Park.

Troppa gente, troppo caos.

Ma chi vuoi che venga al Luna Park in periferia di Torino, a metà dicembre? A causa del freddo, quasi nessuno e infatti ci sono pochissime persone; il che è un bene visto che c'è praticamente mezza squadra di calcio della Juventus e se non fosse stato così, tutti i calciatori sarebbero stati assaliti dai fan.

«Ti piace quel che vedi?»

Siamo appena scesi da una montagna russa ed io mi sono un secondo fermata a pensare, con lo sguardo fisso nel vuoto, mentre gli altri decidevano cosa fare adesso.

In realtà non stavo proprio guardando il vuoto: stavo squadrando Paulo davanti a me, il quale sta tenendo per mano mia sorella Oriana, che intanto sta scambiando due parole con Federico Bernardeshi.

«Lasciala stare, Paulo. Oggi è stata praticamente tutto il giorno all'università ed è molto stanca»
Alvaro interviene immediatamente, in mio soccorso.

Gli sorrido, riconoscente e lui poggia un braccio attorno alle mie spalle, attirandomi più vicino a lui.

Arrossisco, diventando color pomodoro.

O sarebbe meglio dire peperone?

Viva gli ortaggi.

Paulo ghigna. «Oh ma che carini, adesso la difendi pure»

Mia sorella smette di parlare con il numero trentatré e si volta per capire cosa stia succedendo.

«Non sono affari tuoi, Dybala» risponde secco il ragazzo accanto a me, ma l'argentino continua ad avere quella smorfia fastidiosa sul viso, non scomponendosi un attimo.

«Povero Alvarito. Secondo me, la nostra piccola norvegese gli spezzerà il cuore perché un giorno anche lui capirà che lei preferisce rimanere chiusa in casa a leggere e studiare invece di avere rapporti con gli umani»

Chiamate dei pompieri perché sento le mie guance andare a fuoco.

«Paulo, smettila dai» sussurra il moro, come se fosse un ultimo ammonimento.

Di scatto, il ragazzo dagli occhi verdazzurri, lascia la mano di Oriana.

«Perché dovrei? È vero! Non ha amiche e si accolla agli amici del fidanzato della sorella perché sennò rimarrebbe sempre sola a casa»

Silenzio.

«Ma si può sapere che problemi hai?!» 

Le mie vene stanno ribollendo di rabbia: sono furiosa.

Sento il mio viso colorarsi di un rosso acceso, ma non mi interessa.

Sarà pure un giocatore famosissimo, la Joya della Juventus, ma Noemi Sabatini non si fa parlare così da nessuno.

All'improvviso, mi stacco dalla stretta di Alvaro.

«Non venivi considerato da piccolo?
La mamma non veniva ai tuoi saggi all'asilo? Tuo padre non si complimentava per i disegni che facevi?
O magari non avevi i peli sul cazzo in primo liceo?»

Tutti mi osservano e i loro sguardi sono uno più sbalordito dell'altro.

«Sinceramente non lo so che problemi tu abbia, e non mi interessa.»

Il ghigno sul volto di Paulo è sparito.

Mi avvicino a lui, guardandolo dritto negli occhi e senza tentennare nemmeno un secondo.

«Non sei il protagonista di qualche romanzo né il re del mondo.»

Avanzo di altri dieci centimetri e alzo il mento con superiorità. Vedo Oriana nascondersi dietro le sue spalle.

«Solo ti dico di smetterla di andare in giro e atteggiarti come un fottuto cliché.»

Il numero nove strabuzza gli occhi e spalanca la bocca, così come tutti gli altri che hanno sentito ciò che ho appena detto.

Cade un silenzio opprimente e pressante, in cui io non faccio altro che guardare Paulo davanti a me con aria di superiorità.

Ad un tratto alzo le spalle con non-chalance, perché mi sono stufata di questa situazione.

«Ed adesso, se mi potete scusare, mi scappa la pipì»

Dopo aver lanciato uno sguardo a Cristiano Ronaldo, il quale mi fa l'occhiolino, sorridendo, mi volto, alla ricerca di un bagno.

Mentre mi allontano per raggiungerlo, sento dei mormorii provenire dai ragazzi:

«Amico, ti ha proprio spento»

«Sei stato azzerato»

«Quella ragazza è troppo cazzuta»

Automaticamente, sorrido.

*

Esco dal bagno del Luna Park e mi lavo accuratamente le mani con il sapone, per poi chiudere la porta alle mie spalle.

Tiro fuori il cellulare dalle tasche dei jeans e cerco il numero di Alvaro fra i contatti, per chiedergli dove siano, in modo da raggiungerli.

Ma mentre sto digitando il suo nome sul telefono, camminando nel frattempo, vado a sbattere violentemente contro qualcuno.

Questa persona mi fa letteralmente cadere col sedere per terra, a causa della velocità con cui stava, probabilmente, correndo.

«Eccoti, finalmente»

È Paulo.

«Perché cavolo mi sei venuto a cercare?» sbotto.

Mi porge la mano per aiutarmi a rialzarmi, ma io la rifiuto e mi rimetto in piedi da sola.

Ho voluto far finta che le parole che mi ha detto prima non mi avessero ferita, ma la verità è che l'hanno fatto eccome, ed io non posso negarlo visto che quest'ultime continuano a rimbombare nella mia mente.

«Per scusarmi per ciò che ho detto prima. Non avrei dovuto» mormora e la sua voce sembra veramente pentita.

Ma a me non interessa: con quel discorso ha riportato a galla troppi brutti ricordi della mia vita lì, in Argentina, della mia adolescenza, a cui io non volevo più pensare.

E invece, guarda cos'è successo.

«Non volevo offenderti, ero solo arrabbiato e confuso. Non era mia intenzione, perdonami» ripete.

Sbuffo. «Perché saresti dovuto essere arrabbiato? E soprattutto, con me?»

L'argentino sospira, facendo incrociare i suoi occhi ai miei. «Non lo capisci, vero? Sei così intelligente, dovresti arrivarci da sola»

Io abbasso lo sguardo e scuoto la testa. «Tu sei un'idiota, Dybala. Lasciami stare e non parlarmi mai più»

«Ero geloso.»

Alzo la testa di scatto ed è come se i suoi occhi si legassero, si fondessero, immediatamente ai miei.

«Di te e di Alvaro e nel modo in cui lui ti ha stretto tutto il tempo la mano mentre eravamo sulla montagna russa» solleva le mani verso l'alto, come in segno di resa.

«Vatti a farti fottere, Dybala»

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz