Capitolo tre ; Oslo

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Oslo è una città bellissima.

Com'è normale che sia, dato che siamo a fine febbraio, il clima è gelido: il freddo mi penetra fin dentro le ossa, facendomi ghiacciare se rimango più di dieci minuti ferma sul posto e infatti io e Paulo ci siamo dovuti vestire a strati in un maniera quasi ridicola.

Nonostante ciò, la città è veramente meravigliosa.

Inoltre, un altro fattore positivo è il fatto che qui quasi nessuno riconosce Paulo, il famoso giocatore numero dieci della Juventus; forse è perché in Norvegia il calcio non è uno sport particolarmente praticato, ma solo pochissime persone lo fermano e chiedono di scattarsi una foto con lui, quindi non siamo stati quasi mai stati disturbati.

Anche se i fan del ragazzo dagli occhi verdazzurri non sono mai un disturbo, nemmeno a Torino dove sono migliaia.

Dopo aver fatto colazione in hotel, io e Paulo siamo andati a visitare insieme il museo delle navi vichinghe di Oslo, con tanto di auricolari-guida nelle orecchie che ci spiegavano la loro storia.

Naturalmente il numero dieci si è addormentato dopo circa venti minuti, su una sedia che si trovava vicino la porta della terza sala.

«Ero solamente stanco» ha sbuffato mentre uscivamo dal museo.

«Sisì, certo» ho riso e lui ha messo il broncio.

«Me lo rinfaccerai a vita?» ha sospirato, per poi passare un braccio attorno alle mie spalle, mentre camminavamo per le vie della capitale norvegese.

«Potrei» ho risposto semplicemente e lui ha sorriso teneramente.

«A vita?» ha ripetuto.

Allora io mi sono fermata all'improvviso e mi sono voltata verso di lui di scatto. Lui ha portato le mani a coppa sulle mie guance e il sorriso sulle sue labbra non ha fatto altro che allargarsi, con le mille luci di Oslo alle spalle a fargli da sfondo.

Siamo stati circa dieci minuti fermi lì, su un marciapiede qualsiasi, a guardarci negli occhi.
Era come se il tempo si fosse ghiacciato, congelato anche lui per il freddo gelido dell'inverno norvegese.

«Andiamo a mangiare? Lo so che è solo mezzogiorno ma sto morendo di fame» ho domandato, spezzando quel momento magico.

Il giocatore juventino si è limitato ad annuire per poi lasciarmi un lungo bacio sulla fronte.

«Andiamo»

In seguito siamo andati al primo ristorante che abbiamo trovato lì vicino ed abbiamo ordinato qualcosa di da mangiare: del pesce per Paulo e un piatto tipico norvegese (che non mi ricordo nemmeno più come si chiami) per me.

«Sai, ti avevo sempre immaginato come una turista che in qualunque posto vada, assaggia sempre piatti tipici e cose del genere» ha detto Paulo, ridacchiando.

«Visto, per una volta ci hai preso» lui mi ha fatto la linguaccia e due camerieri ci hanno guardato malissimo, facendoci scoppiare a ridere solo più forte.

«Beh, io almeno sono una vera turista. Non una di quelle che viaggia solo per fare foto da mettere su Instagram o per vantarsi di essere stata in un determinato posto»

«Come facevano la maggior parte delle mie ex...» ha sussurrato Paulo fra sé e sé forse pensando che io non lo sentissi.

Hurricane - Paulo Dybala [IN REVISIONE] #Wattys2019Where stories live. Discover now