Amiche per la pelle

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(Revisionato)


Penelope mi svegliò con una dolorosissima ginocchiata tra le costole che mi fece pentire della decisione presa la sera prima: intrufolarmi nel suo letto.

Ero tornata così sconvolta ed esausta che non avevo desiderato altro se non addormentarmi stringendo fra le braccia la mia dolce sorellina. Peccato che lei di dolce avesse solo il sangue, visto la quantità scandalosa di zuccheri che assumeva. Per il resto era una maledetta stronza.

«Questa notte si moriva di caldo!» si lamentò, in piedi davanti al letto. «Come se ciò non bastasse, non hai fatto altro che stringermi come un cuscino e tirarmi calci.»

Indossava una maglietta grande il doppio di lei e con il logo della band metal preferita da Henry ‒ il che suggeriva a chi l'avesse rubata ‒ i capelli erano spettinati e gli occhiali da vista un po' storti.

Nonostante la rabbia provata per il colpo ricevuto, non riuscii a trattenermi dal scoppiarle a ridere in faccia. Era proprio buffa.

«Ridi, ridi pure» sbottò. «Adesso dovrai raccontarmi tutto.» I suoi occhi si accesero di pura eccitazione. «Ieri sono quasi stata uccisa dalla nonna, l'hai proprio fatta infuriare» aggiunse.

Mi guardai attorno alla ricerca di vie di fuga, ma c'erano solo trappole. Vestiti ammucchiati per terra, poster in parte staccati, pesanti tende rosso scuro ricoperte da rammendi strani e inquietanti, un peluche a forma di coniglio senza testa e montagne e montagne di libri di medicina legale, psicologia criminale e legge. Probabilmente voleva prepararsi per compiere un omicidio. Sopra il letto sfoggiava con orgoglio lo stemma dei Serpeverde, che secondo Internet era la sua casa a Hogwarts.

Io ero Grifondoro.

«Non c'è nulla da raccontare.»

Penelope incrociò le braccia e sollevò il mento. Sapeva che mentivo tanto quanto lo sapevo io, e mi ero tradita da sola: mi intrufolavo nel suo letto nel bel mezzo della notte solo quando mi sentivo terribilmente scossa da qualcosa. Era quasi una tradizione sfogarmi con lei, il mattino dopo, ma questa volta era diverso. Non avrei permesso per nessuna ragione al mondo che le insicurezze insinuate nella mia testa contagiassero anche la sua. Era plausibile che stessi sottovalutando la mia sorellina, tutt'altro che sprovveduta, ma preferivo commettere quell'errore che rischiare di vederla soffrire. Non avrei augurato al mio peggior nemico di sentirsi confuso proprio come me in quel momento.

«Hai litigato con Bilbo Beggins?»

Era astuta. Sapeva bene che ero talmente abituata ai litigi con Bilbo Beggins da aver ormai smesso di starci male. Anzi, erano una routine quasi piacevole. Se avessi detto di sì, avrebbe capito che mentivo, ma se avessi detto no, avrebbe preteso delle spiegazioni. Mi serviva qualcosa da dirle per non parlare della conversazione avuta con Jan Horàk, ma non potevo cascare nella sua subdola trappola. Il fatto che stesse usando quel tipo di trucchetto finora sempre riservato alla nonna e ad Athena, mi offendeva, così come il fatto che pensava che non me ne sarei accorta. Una mezza verità poteva fare al caso mio. «Sì, ma quello è la norma.» Mi sollevai appena e mi stiracchiai. «Quello che mi ha più sconvolta è stata l'assurda conversazione che ho avuto con Marvin, quando sono rientrata.»

«Mio Dio, ma non può darsi pace?» Penny venne a sedersi a bordo letto. «Cosa ha detto?»

«Di non fidarmi di Tommy e...»

«E?» mi incalzò.

«E... che Louise era proprio in camera sua, l'altra sera.» Quello non avrei dovuto dirlo.

Accadde ciò che temevo: le sue pupille si strinsero come quelle di un rettile, gli angoli delle labbra s'incurvarono verso l'alto, con un sorriso talmente raccapricciante che, messo a confronto, Joker era uno sfigato con della pittura in faccia.

BarlowWhere stories live. Discover now