Chiacchiere

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Naturalmente non avevo ancora perdonato Louise per il suo atteggiamento di quella mattina. Eppure, se in quel momento mi trovavo seduta sul morbido materasso memory di camera sua, era perché avevo i miei buoni motivi: per esempio scoprire se quel malefico di Logan Hardin le avesse spifferato qualcosa riguardo al nostro inquietante "appuntamento" a tre.

Ero terrorizzata all'idea di dover dare delle spiegazioni alla mia famiglia ‒ soprattutto a Marvin ‒ e da circa un'ora stavo cercando una buona occasione per intavolare un discorso utile alla mia missione giornaliera.

«Allora? Mi sta bene o no?» mi chiese Louise per la millesima volta, nel tentativo di attirare la mia attenzione.

Doveva essersi accorta che stavo continuando a fissarla con aria assente, del tutto persa nei miei pensieri. La osservai imbarazzata e sorrisi. Aveva addosso un abito verde che sposava perfettamente l'incantevole rosso della sua chioma. Sembrava una fatina, o una sirena, o qualcosa del genere, insomma.

Tutte quelle belle creature dei boschi che brillavano di purezza.

«Ti sta d'incanto» esclamai, con molta più dolcezza del previsto e un pizzico di tristezza.

Non avrei saputo spiegare bene il perché, ma trovarmi lì, in quella camera che profumava di lavanda, in compagnia della mia migliore amica, mi aveva trascinata in un vortice di ricordi felici che avevo paura di dimenticare. Dopo la mia conversazione con Jan ero diventata più nostalgica, pensierosa... In quegli ultimi giorni persino guardare Marvin ‒ che generalmente riusciva solo a farmi desiderare di strangolarlo col filo delle sue cuffie ‒ aveva scatenato in me un forte moto di affetto, forse perché continuavo a tormentarmi con l'idea di poter perdere lui e tutto ciò che fino a quel momento avevo considerato come "la mia famiglia".

A quel punto Louise ‒ che fino a quel momento si era limitata a fissarmi dal riflesso dello specchio ‒ si voltò verso di me e, dimenticandosi del vestito, mi venne vicino. «Dammi le mani, Lessie. E guardami. Cosa c'è che non va?» domandò con cautela, mentre sedeva di fianco a me. «Sai di potermi dire tutto.»

Per un attimo esitai. Potevo davvero parlarne con lei? Dopotutto era la mia migliore amica. A volte sapeva cose di me ancor prima che le sapessi io stessa. Non avevo mai tentennato prima di dirle qualcosa, allora questa volta cosa c'era di diverso? Perché avevo la sensazione di non potermi fidare? Eppure, gli occhi che mi stavano fissando erano sempre quelli della mia amica del cuore... non avevano nulla di diverso. «Non devi farne parola con nessuno, va bene?» mi costrinsi a dire, per andare contro a quei pensieri complottisti che il mio cervello aveva deciso di partorire. «Ho visto Jan Horàk, qualche giorno fa.»

Le mani di Louise, ancora saldamente strette alle mie, mi lasciarono andare. Le portò entrambe alla bocca, adesso spalancata in un'esclamazione di pura sorpresa.

«Oh mio Dio, non dirmi che...»

«So già cosa stai pensando, ma non è così» le assicurai. «Si è tratto di un incontro molto più... formale.» La guardai con cautela, per captare qualsiasi segnale ‒ un tremito delle labbra, un'espressione ‒ che mi aiutasse a capire se Logan fosse già passato di lì, a spifferarle tutto.

«Formale?» disse lei, inclinando la testa di lato. Le sue morbide onde rosse si infransero contro la spalla nuda.

Cazzo. Logan non le aveva detto nulla.

E io non ero certa di volerle raccontare tutto. E adesso? Cosa mi inventavo? Ignorai i sensi di colpa che provavo per aver dubitato di Logan. E come biasimarmi? Lo diceva persino De André che i nani c'hanno il cuore troppo vicino al buco del...

BarlowWhere stories live. Discover now