Allegria

1.7K 151 255
                                    

C'era un solo maledettissimo raggio di sole, e naturalmente colpiva il mio occhio destro.

Come se ciò non bastasse, stavo morendo di caldo e mi sentivo schiacciata come del tonno in scatola.

Quando aprii gli occhi e cercai di tirarmi su dal mio letto divenne presto evidente la causa di tanta scomodità: ero stretta tra il sedere di Marvin e l'abbraccio di Penelope, la quale teneva persino una gamba sopra di me.

Ma non è tutto.

Ai piedi del letto, infatti, Henry Barlow dormiva in una posizione davvero strana: sdraiato, sì, ma in orizzontale. Le gambe penzolavano fuori da un lato del letto e la testa dall'altro, mentre la sua schiena faceva da poggia piedi per le pinne esageratamente grandi di Marvin.

Adoravo quell'improvvisata rappresentazione dei pisolini della nostra infanzia, ma forse si erano dimenticati che eravamo un po' cresciuti dall'ultima volta che avevamo dormito tutti insieme.

I loro capelli dorati erano sparsi dappertutto, persino sulla mia faccia. Con ogni probabilità erano rimasti svegli molto più di me, in attesa che la situazione si calmasse.

Meritavano di riposare.

Sgattaiolai fuori dalle coperte attenta a non svegliarli, non senza qualche difficoltà. A un certo punto colpii per sbaglio Penny con un piede e per poco non finii dritta per terra.

C'era quel poco di luce da permettermi di muovermi con naturalezza, allora afferrai la mia vestaglietta rosa e, dopo averla infilata e aver stampato un bacio a testa ai miei eroi, uscii dalla stanza con passo felpato.

In corridoio il silenzio regnava sovrano, se non per le assi in legno che scricchiolavano appena sotto i miei piedi. Era strano non dover fare a gara con Marvin per il bagno, ed era strano persino l'odore di pancake che appestava la casa.

Scesi pigramente al piano di sotto, e nel breve tratto dalla mia stanza alla cucina sbadigliai almeno un milione di volte.

Morivo di fame. Una fame vorace, esagerata, che manifestava la mia lenta ripresa dal devastante giorno prima: il mio corpo richiedeva indietro le energie spese per piangere e stare perennemente in tensione.

Per non parlare del ciclo.

E fu in quel momento, mentre il mio stomaco protestava per la pessima ‒ quasi inesistente ‒ alimentazione di quei giorni, che lo vidi: un piatto ricolmo di pancake proprio davanti al mio solito posto, con tanto di bicchiere, spremuta d'arancia e sciroppo d'acero.

Il sole sembrava essersi concentrato sulla superficie perfetta e dorata dei pancake, e forse era per questo che li vedevo brillare. Mi avvicinai con un sorrisetto ebete stampato sul volto, già pronta ad aggredire il piatto con forchetta e coltello. Mi accomodai.

C'era un biglietto sotto al bicchiere, allora lo presi e lessi cosa vi era scritto.

"Questi sono per Lessie. Capito, Marvin? Per Lessie!

Henry"

Sotto, con una scrittura più piccola e aggraziata che riconobbi come quella di Penny, c'era una risposta.

"Ne ho preso uno. Per favore non fare l'isterica (parlo con Henry)

Penelope Barlow-Horàk"

«Sicura di volerli mangiare? Li ha fatti Henry.» Una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare, poi sentii il rumore della porta di casa che veniva chiusa.

Mi voltai.

Thomas era appena rientrato e, senza allontanare il suo sorrisetto da me, sbottonava il cappotto. Aveva il naso e le guance arrossate, segno che fuori doveva fare abbastanza freddo nonostante il sole.

BarlowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora