Mi piaci

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C'era sangue ovunque.

Per terra, sulle mie mani, sui miei vestiti, su... su Logan.

Mio Dio, Logan.

Persino la mia mente si rifiutava di accettare l'immagine che avevo davanti.

Mi fissava con i suoi occhietti azzurri e spalancati, impaurito e confuso da tutto quello che stava accadendo attorno a lui. Mentre io stringevo entrambe le mani sopra la sua gamba destra, lui teneva le sue su di me, strette ai miei vestiti con forza, quasi avesse paura di vedermi andare via.

«Mi dispiace» continuavo a balbettare. «Mi dispiace così tanto.»

Non riuscivo a dire altro, non riuscivo a fare altro. Mi ritrovai a pensare che se non fossi mai nata lui in quel momento sarebbe stato tra le braccia di una bella ragazza, al sicuro.

Se non fossi mai nata, Logan non si sarebbe ritrovato disteso sopra una pozza di sangue e con un proiettile incastrato nella coscia. E quanto era profondo? Aveva colpito l'arteria? Sarebbe morto dissanguato? E il basket?

Più pensavo quelle cose, più desideravo cancellare dalla mia faccia l'espressione terrorizzata che sapevo di avere. «A-andrà tutto bene» provai a rassicurarlo, e con una mano gli accarezzai appena una guancia. Non volevo sporcarlo. «Giuro, Logan, andrà tutto bene. Ti ho mai mentito?»

Lui scosse piano la testa. Abbozzò un sorriso. «Tu dici la verità anche quando dici una bugia.» La sua voce era quasi ridotta a un gemito, ma non priva della sua solita nota di allegria. Logan riusciva a essere Logan persino in quella situazione.

Mi chiesi se il suo fosse un commento generico o se alludesse alla mia attuale espressione, che non sembrava per niente quella di una persona convinta che sarebbe andato tutto bene.

Erano mesi che non facevo che pronunciare parole poco convincenti accompagnate da gesti involontari ‒ schioccare nervosamente le dita, mordicchiare il labbro ‒ che le rendevano quasi del tutto insignificanti, smascherandole. Mi precipitai fuori dall'ufficio di Nicholas, e poi dritta giù per le scale. E a chi importava di Clare armata? In quel momento non esisteva niente che non riguardasse Logan.

La mia oasi di normalità a cui avevano appena dato fuoco.

«Il rosso ti dona molto più del rosa.» Nicholas scese uno, due scalini con passo leggero e rilassato, poi si arrestò e rimase immobile a fissarci. Storse le labbra. «Non credo morirà.»

«E ti dispiace?» sibilai, le mani ancora premute lì dove c'era il foro d'entrata del proiettile, nel vano tentativo di bloccare l'emorragia. Presi d'istinto la decisione di togliere il giubbotto e la felpa, che usai per tamponare meglio la ferita. Non c'era molto che il mio reggiseno sportivo potesse coprire o sorreggere, e dubitavo che Logan fosse abbastanza cosciente da rendersene conto. Anche se mi fissava, i suoi occhi erano vitrei. Il dolore lo stava distruggendo.

Mio Dio, quanto è pallido, pensai, mentre rimpiangevo le sue solite guance arrossate che facevano da contorno a un'espressione sempre allegra e amichevole. Quel volto cereo non diceva nulla del mio, pensai, amico, ma erano la chiara dimostrazione di quanto devastante fosse stato quel dannato colpo di proiettile.

«Sei ancora sicura di volermi vivo?» mi chiese Nicholas, prima di scendere anche gli ultimi gradini e avvicinarsi a me.

Non staccai gli occhi da Logan neanche per un secondo, ma quando sentii un tonfo alla mia destra e avvertii qualcosa di freddo e duro contro la coscia, capii di cosa si trattava.

Così come mi era venuto accanto, si allontanò verso l'appendiabiti nell'ingresso. «Sei in tempo per cambiare idea.»

Lanciai un rapido sguardo alla pistola che giaceva accanto a me, e la voglia di afferrarla e puntargliela contro era così forte da tentarmi. Quanti proiettili c'erano? Ne sarebbe rimasto uno anche per Clare? E se Logan fosse morto proprio lì, fra le mie braccia, ne sarebbe avanzato uno da destinare a me?

BarlowWhere stories live. Discover now