Scoprire la verità a ogni costo

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Il giorno dopo non aspettai oltre prima di catapultarmi a cercare Jan: mi diressi a passo spedito verso i parcheggi della scuola. Ero abbastanza certa che i miei voti avessero già iniziato a crollare verso il fondo di uno strapiombo, e a voler essere onesta non ne ero neanche così preoccupata. Ultimamente facevo molta fatica a fare molte cose, come concentrarmi, addormentarmi o allenarmi. Mi sentivo sempre stanca e pesante, e iniziare la terapia di vitamine e magnesio non era servito a niente.

Il mio corpo era sanissimo: il problema risiedeva dentro la testa.

Notai subito il SUV nero di Jan e mi ci fiondai a passo da soldato, dimenticando che fino a neanche una settimana prima sarei morta di vergogna al solo pensiero di incrociare il suo sguardo. Spalancai la portiera con poca delicatezza, mi arrampicai sul posto del passeggero e lo feci talmente di fretta che Jan Horàk, il pericolosissimo Jan , strillò come una ragazzina e si schiacciò contro al finestrino.

Non so perché, ma strillai anch'io.

«Barlow, porca miseria!» Jan guardò con ansia alcuni studenti che adesso ci fissavano, incuriositi dalle nostre urla.

Senza pensarci due volte scivolai giù dal sedile e mi nascosi.

«Ti hanno vista, stupida!» esclamò prima di ringhiare. «Si può sapere cosa ti è saltato in mente?»

«Mi dispiace, ero talmente arrabbiata da perdere di vista la discrezione.» Sollevai il volto per guardarlo meglio e sfoggiare il mio classico sorriso di scuse.

«Hai letto?» mi domandò, dopo un lungo sospiro.

«Ho letto.»

Non ebbi bisogno di aggiungere altro perché lui mettesse in moto la macchina per spostarci da un'altra parte, allora sedetti composta sul sedile e non parlai per il resto del tragitto. La rabbia iniziava pian piano a lasciar spazio a un'ansia tremenda e incontrollabile, e Jan sembrava voler rispettare il mio stato d'animo.

Rimase per tutto il tempo con gli occhi ben piantati sulla strada e le mani strette al volante, senza neanche accennare mezza parola.

Ero padrona di quel silenzio e potevo scegliere quando e come scioglierlo, lui non mi avrebbe messo alcuna fretta. «Dove stiamo andando?» domandai con curiosità, mentre guardavo fuori dal finestrino.

Eravamo ormai abbastanza lontani dalla scuola, ma Jan non sembrava voler accostare. Forse salire in macchina con un ragazzo che conoscevo a malapena non era stata una mossa degna del mio intelletto, ma non mi sentivo in pericolo. Nonostante le voci terribili che giravano su lui e la famiglia Horàk, quando ero in sua compagnia avevo come la sensazione che nulla avrebbe potuto farmi del male.

«Da nessuna parte, stiamo vagando.» Cambiò marcia e risistemò la mano sul volante. «Guidare mi rilassa.»

Fissai in silenzio il suo profilo perfetto, e ripensai con attenzione alle sue parole. Da bambina avevo sofferto di paralisi del sonno e quando accadeva, quando mi ritrovavo immobilizzata a letto e circondata da voci inquietanti generate dalla mia testa, scoppiavo a piangere senza più riuscire a dormire. Tutte le volte Marvin veniva a prendermi a letto, mi portava dentro la macchina della nonna e fingeva di guidare, poi aspettava che io mi riaddormentassi per riportarmi in camera. Aveva sempre trovato il mio pianto insopportabile, diceva che gli toglieva il sonno.

Nel ricordare quei momenti, mi venne in mente il suo faccione da bambino che mi guardava con aria di rimprovero per averlo svegliato e risi come una scema. Sentii quanto gli volevo bene, perché non gliel'avevo mai detto? Se avessi insistito un po' di più, se non avessi risposto alla sua rabbia con altra rabbia, sarei riuscita a farmi amare come una sorella?

BarlowWhere stories live. Discover now