Ho detto corri!

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Volevano solo spaventarmi, non mi avrebbero uccisa. Farlo sarebbe stata la loro condanna a morte, e non erano così stupidi da non saperlo.

Eppure sentivo la canna premuta contro la nuca, metallo freddo e duro che infastidiva quella parte già indolenzita dalla portiera dell'auto contro cui, una settimana prima, mi avevano mandata a sbattere.

Dovevo parlare. Dovevo difendermi. Dovevo dirgli ciò per cui ero andata lì, invece me ne stavo a boccheggiare come un pesce e pensavo che non potevo farcela, non potevo farcela, non. Potevo. Farcela.

Forse me lo dissi cinquanta, sessanta, cento volte. Forse solo dieci, ma che importanza aveva? Di colpo il tempo aveva assunto ai miei occhi un aspetto del tutto nuovo. La consapevolezza che sarei potuta morire mescolò ogni cosa ‒ passato, presente, futuro ‒ e realizzai che ieri era già oggi e oggi stavo per morire.

Quindi, in base alla mia nuova concezione del tempo, potrei affermare che una quarta persona fece il suo ingresso nell'esatto momento in cui avevo bisogno di lei, né prima né dopo, sempre ammesso che un prima e un dopo esistessero per davvero.

«È permesso?» Quel cretino di Logan Hardin si affacciò timidamente dalla porta.

Non ebbi bisogno di voltarmi per vedere i suoi occhietti a pesce lesso vagare per tutta la stanza, per poi soffermarsi sull'unico dettaglio importante: la pistola premuta contro la mia testa.

Squittì. «Gesù!» esclamò poi.

Perché era tornato indietro? Avrei tanto voluto strappare la pistola dalle mani di Clare e usarla per fargli saltare le dita dei piedi. Razza di... di...

«Logan» Nicholas Belmont sollevò le sopracciglia. Un altro problema da risolvere. «Posso aiutarti?»

Lo chiese in tutta tranquillità, come se io non fossi proprio in mezzo a loro e con una pistola puntata alla testa. Se ne stava seduto dietro la scrivania con l'aria di un uomo impegnato in importanti faccende di lavoro. La luce del sole proveniva dalla finestra alle sue spalle, inondando di calore quello studio fin troppo ordinato. Nicholas tamburellò le dita sul bracciolo della poltrona elegante con fare pensieroso.

Sperai non lo ammazzasse ‒ Logan, intendo ‒ ma non sapevo più cosa aspettarmi. E se avesse ammazzato me? Mi avrebbe fatto un favore.

«Io... ero venuto per...» Logan sembrava preda di un attacco di panico. «Per...» I suoi occhi, campo cristallino con un solo, minuscolo, buco nero al centro, si inchiodarono su Clare. «Mio Dio, non le sparerà, vero?» balbettò. Una goccia di sudore freddo gli attraversò la fronte.

Non sarei rimasta sorpresa se fosse scoppiato a piangere.

Nicholas sospirò e, proprio come aveva fatto con me, gli fece cenno di sedersi sulla sedia di fianco alla mia. «Clare, abbassa l'arma e porta un bicchiere di acqua anche al ragazzo.»

Quando sentii Logan sprofondare accanto a me mi venne quasi da ridere. Trovai il coraggio di voltarmi a guardarlo solo quando Clare tolse quella dannata cosa dalla mia testa. Lui mi stava già fissando con un'espressione che sembrava dire: "Barlow, ma in che situazione ti sei cacciata?"

E io: "Io so bene in che situazione mi sono cacciata, forse non lo sai tu."

O forse stavo fraintendendo e quello che voleva dirmi era: "Se usciremo vivi di qua, mi sposerai?", ma probabilmente la mia immaginazione stava correndo troppo.

Comunque, gli avrei detto sì.

Adoravo le nostre discussioni silenziose, perché non era cosa comune che qualcuno riuscisse a leggerti nella mente così bene come facevamo noi, e lo facevamo da sempre, da ancor prima che ce ne rendessimo conto o avessimo iniziato a piacerci.

BarlowDonde viven las historias. Descúbrelo ahora