Vorrei parlare con mio padre

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Mi risvegliai con una mano premuta con forza contro la bocca.

Se non fossi stata certa che si trattava di Henry, probabilmente l'avrei morsa.

Mio fratello era un musicista, suonava il basso e la batteria con estrema maestria e, proprio come tutti i grandi musicisti, aveva le mani segnate da un'infinità di calli. Poco atletico, magrolino e sempre pallido, ci si sarebbe aspettati delle dita deboli e sottili, invece rispecchiavano la potenza e l'amore che Henry metteva quando stringeva delle bacchette o colpiva una corda.

Le mani che mi tenevano stretta non erano quelle di mio fratello.

«Sono io!»

Quando sentii la voce di Penelope spalancai gli occhi, poi mi diedi della stupida per aver davvero pensato che non avesse trovato un modo per ficcarsi anche in quella storia. Non accennava ad allontanare la mano dalla mia bocca.

Era buio ‒ era stata abbastanza furba da non accendere la luce e attirare tutta l'attenzione di casa Horàk su di noi ‒ e riuscivo a vedere solo la sua sagoma appena illuminata dalla luce dei lampioni. Era una mia impressione o aveva i capelli corti? Allungai una mano per accertarmene. Strofinai fra le dita una ciocca morbida e non spalancai le labbra solo perché erano ancora strette sotto al palmo di Penny: aveva i capelli a caschetto!

«So che sei arrabbiata» sussurrò piano, mentre allontanava la mano dalla mia bocca. «Mi dispiace, non ho voluto dirti la verità.»

Ma io non ero arrabbiata. Confesso di esserlo stata, ma non con lei. Mi aveva taciuto molte cose, ma... era una ragazzina, come me.

Aveva paura, come me.

Probabilmente aveva deciso di non dire nulla per non turbare il già difficile rapporto che c'era tra me e il resto della famiglia. Non era lei la causa dei miei crampi allo stomaco, delle vertigini. No, lo sapevo bene.

L'abbracciai. La stritolai. La strinsi al petto tanto forte che avrei potuto spezzarle le ossa, ma per la prima volta lei rimase ferma lì, stretta fra le mie braccia e senza neanche provare a scappare. Di solito scalciava.

La sentii sospirare, come se le avessi appena alleggerito l'anima, ma poi disse una cosa strana e mi accorsi che stava ridendo: «Henry ha detto a Logan che hai la scarlattina.»

La allontanai. «Cosa?» sbottai.

«Sì, e Logan ti ha chiamata "La pimpa".»

Io lo ammazzo, pensai, io li ammazzo entrambi. Ma non era quello il momento. «Perché sei qui? E dov'è Henry?» chiesi sottovoce, mentre scostavo le coperte e afferravo le scarpe da sotto il letto. Ero già vestita e pronta all'azione. Si, beh, capelli spettinati a parte: feci una coda.

«È di sotto» spiegò lei, indicando il balcone.

Ebbi a malapena il tempo di alzarmi, prima di vederla infilarsi sotto le coperte. «Mentre sarai via, io resterò qui a dormire e a fingere di essere te.»

«E cosa farai quando domani mattina scopriranno ogni cosa?»

Ero alterata, ma anche molto preoccupata. La trovavo una pessima idea, e fra tutte le persone che volevo proteggere lei era la prima della lista.

Penny fece spallucce, poi sollevò le coperte fino al mento. Riconoscevo quel luccichio che intravedevo nei suoi occhi: era eccitata. Quasi non vedeva l'ora di farsi scoprire. «Sono in parte Horák, l'hai dimenticato?» Ed era certa bastasse a garantirle l'immunità?

Sospirai. Era tardi per tirarsi indietro, e se anche lo avessi proposto Penelope si sarebbe messa a urlare. O avrebbe minacciato di farlo. «Va bene. Se Lady Eloise è con te, non ho da preoccuparmi.» Sorrisi, poi le accarezzai la testa come si fa con i cuccioli.

BarlowDär berättelser lever. Upptäck nu