10 - On Stage

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 Dopo l'entusiastico feedback, nonché incondizionato appoggio da parte del professor Livio Romano, i tre Dreamers si misero al lavoro per allestire le cosiddette "presentazioni-spettacolo". Grazie ai conoscenti dei rispettivi genitori e agli influenti contatti dell'editore, poterono stilare in breve un calendario dei loro eventi prenotando auditorium, sale convegni e piccoli teatri su tutto il territorio lombardo.

Il trio lavorò sodo per pianificare quegli eventi. Gli spettatori ora non erano più solo studenti e professori ma gente di tutte le età ed estrazioni sociali. Il loro pubblico si era allargato e dovevano fare del loro meglio per essere coinvolgenti. Si trattava di vere e proprie serate di intrattenimento di un'ora e mezza circa, durante le quali avrebbero recitato poesie e si sarebbero cimentati nelle altre loro passioni artistiche.

Fin dal loro esordio come autori, Romano si era sempre dimostrato pronto a supportarli. Era diventato una sorta di agente per loro che aveva, a sua volta, gioito e giovato del successo dei suoi prediletti, collezionando apprezzamenti da parte dei colleghi e, in modo particolare, del pubblico femminile. L'aitante prof si era incaricato di fare una breve presentazione del programma all'inizio di ogni serata, lasciando poi interamente a loro il palco. Con l'arrivo della bella stagione avevano anche la possibilità di esibirsi all'aperto durante i festival cittadini, nei caffè letterari e nei locali più spaziosi.

La sera del 13 maggio il trio si sarebbe esibito sul palco allestito per la stagione estiva nell'ampio spiazzo sul retro della Chiesa di San Giovanni della Croce di Corsate, a circa venti chilometri da Oderzano. Avevano concordato di alternare l'ordine di comparsa a ogni serata. Quella sera sarebbe toccato a Jem aprire lo "show".

Romano concluse la sua parte e prese posto in prima fila accanto al parroco, padre Agostino, Luca Martini e i genitori dei ragazzi. Erano tutti lì. Tranne i suoi. Jem salì sul palco, impeccabile in camicia bianca e pantalone nero; si piazzò davanti al leggio, badando bene a non indugiare troppo sui grandi assenti in prima fila. Erano all'estero per lavoro, tanto per cambiare: suo padre doveva incontrare gli investitori degli Emirati Arabi mentre sua madre era volata in Cina con un team di esperti per studiare in loco il boom del fotovoltaico.

Jem trasse un profondo respiro e cominciò a parlare. Esordì con un discorso sulla solitudine del poeta, prendendo come spunto la poesia L'albatro di Charles Baudelaire, tratta dalla raccolta I fiori del male.

«Essere un artista non è mai facile. Non lo era in passato, quando bisognava entrare nelle grazie di qualche nobile o alto prelato per sperare di campare del proprio lavoro... e non lo è neanche oggi, in un mondo in cui sembrano contare anzitutto l'economia, la finanza e il consumo sfrenato. In un mondo del genere, che spazio hanno gli artisti? Molto poco, in verità, se escludiamo i rari fortunati che sono riusciti a emergere. Personalmente, mi ritengo molto fortunato perché ho avuto la possibilità di vedere realizzato, insieme ai miei amici, il sogno di avere un pubblico a cui leggere le mie poesie. Vorrei approfittarne, perciò, per rivolgermi a tutti quelli che si sentono un po' come l'albatro di Baudelaire, e ai ragazzi in particolare.» Jem fece una pausa e lasciò scorrere lo sguardo sulle tante facce giovani e silenziose rivolte verso di lui.

«La vostra sensibilità, il vostro talento forse non saranno apprezzati da chi vi circonda, ma ciò non significa che non abbiano valore. Anche se è dura, anche se vi sentite incompresi, ignorati, non mettete da parte i vostri sogni. Ciò che può essere produttivo per i più non è detto lo sia anche per voi.» Detto questo tacque per qualche secondo, abbassò gli occhi sul foglio e iniziò a recitare la sua poesia:


Sogni


Cieco al lampo

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