33 - Broken

218 33 44
                                    

Jem mantenne la promessa: già dall'indomani andò a trovare Sara ogni giorno. A dirla tutta, l'accoglienza che ricevette le prime volte non fu delle migliori. Una volta Sara gli aveva scagliato addosso il libro che aveva sotto mano: Furore di John Steinbeck; un'altra lo aveva deliberatamente ignorato, dandogli le spalle e aumentando il volume nelle cuffie e urlando a squarciagola:

What's in your head,

In your head

Zombie Zombie

Zombie-e-e-e

Quella doveva essere la fase della rabbia, pensò tra sé Jem. Tuttavia, non si lasciò abbattere: sapeva con chi aveva a che fare, doveva solo attendere il momento giusto. Sembrava avercela con il mondo intero, tanto era infuriata. Poteva biasimarla? Dopotutto aveva... avevano perso una parte della loro vita, un pezzo del loro cuore. Come fai a vivere senza un pezzo di cuore?

Con il passare dei giorni la situazione parve migliorare: Sara divenne via via più docile e gli consentì di farle compagnia. Passavano la maggior parte delle giornate a leggere stesi sul divano o sul tappeto della sua stanza tappezzata di disegni e quadri di Will. Parlavano poco e niente. Ogni tanto Jem le chiedeva come stesse e lei gli rispondeva con un filo di voce che stava bene e che le mancava l'oggetto dei loro pensieri. Punto. Talvolta scribacchiavano parole sconnesse su qualche foglio che il più delle volte veniva strappato o appallottolato e lanciato dritto nel cestino.

«Perché lo fai?» gli chiese un giorno Sara dal suo letto, lo sguardo fisso sul soffitto. «Io... non voglio disturbarti, non voglio rovinare le tue giornate. Non sei costretto» aggiunse con voce inquieta.

«Non è una costrizione per me. Lo faccio perché ci tengo a te e voglio che tu stia bene. Non vorrei essere in nessun altro posto. Davvero.» Non seguì alcuna risposta a quelle parole. Sara era ripiombata nel suo silenzio ermetico.

I gruppi che avevano creato sui social – sui cui non avevano più scritto da quel giorno – erano intasati di messaggi di cordoglio, affetto e supplica da parte dei fan, i quali non chiedevano altro che poter vedere di nuovo Sara e Jem all'opera.

«Tieni ancora il telefono spento?» s'informò un altro pomeriggio Jem. Sara scrollò le spalle.

«A che mi serve? Tanto le uniche persone con cui posso aver motivo di comunicare sono tutte in questa casa.»

Jem si schiarì la voce e le si sedette accanto. «Dovresti accenderlo invece. Ho dato un'occhiata alla fanpage, sai? È strapiena di messaggi bellissimi per Will e... per noi. Dovresti leggerli» la invitò gentilmente, ma Sara non batté ciglio. «Inoltre,» insisté lui «ho sentito Romano. Mi ha chiamato per sapere come stavamo; poi mi ha informato che le nostre poesie continuano a essere richieste in libreria e che l'editore sta predisponendo una ristampa. Dice che i lettori le adorano!»

Nonostante quella chiacchierata con il professore non avesse fatto altro che ricordargli dolorosamente il fatto che fossero ormai un "ex trio", Jem l'aveva presa come l'occasione perfetta per invitare Sara a rimettere mano alla scrittura. A quella notizia, lei prima lo aveva insultato, poi aveva pianto come se non ci fosse un domani e, infine, aveva accettato.

Adesso impiegavano qualche ora della giornata per comporre ma non riuscivano più a trovare l'ispirazione di prima, era un esercizio che mandavano avanti per inerzia. L'armonia dei versi era sfumata, la musicalità della composizione spezzata. Quell'atmosfera magica che per anni aveva riempito come un mare in piena i loro pomeriggi e illuminato le loro menti si era infranta.

Jem riuscì comunque a trascinare Sara a casa sua un paio di pomeriggi, sperando che un cambio d'ambiente le giovasse. Ma lei se ne stava a terra con le gambe incrociate, immobile e con lo sguardo perso oltre la finestra mentre lui suonava il piano, aggrappandosi ai suoi notturni. Non poté fare a meno di ricordare quanto prima Sara amasse volteggiare in quel salotto alle sue note e farsi ritrarre da Will. Prima. Ora era tutto diverso.

Per quanti sforzi facessero, mai li abbandonava la consapevolezza di non poter riparare ciò che era irrimediabilmente rotto. Le loro vite erano rotte. Anche se provavano e riprovavano a mettere insieme i pezzi, mancavano sempre quelli che Will si era portato con sé. Bastava il ricordo di questa consapevolezza a portargli via all'istante le poche forze e voglia di fare che gli restavano. Nulla sarebbe tornato come prima. Nulla. Il trio dei giovani poeti romantici non esisteva più.

«Era il migliore» dichiarò in un impeto di afflizione Sara un giorno, scoppiando a piangere e chinandosi devastata sul foglio in cui stava provando a scrivere una poesia. Jem emise un sospiro triste e la attirò a sé con un braccio, posando la guancia sul suo capo e accarezzandole delicatamente la spalla. 

«Lo era.»

The DreamersWhere stories live. Discover now