14 - Inside

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Dall'episodio della sfuriata a Will la situazione non fece che peggiorare per l'infelice Jem, il quale passò un paio di giorni infernali in isolamento nella sua stanza. Dopo aver mentito così spudoratamente al suo amico sul suo vero stato d'animo, capì che era giunto il momento di farsi un serio esame di coscienza, di fermarsi a riflettere.

Dovette ammettere a se stesso, con non poco tormento, che stava covando un crescente interesse nei confronti di Sara. Non gli bastava più il saluto, il sorrisino, l'abbraccio di circostanza... voleva di più. Voleva la sua completa attenzione, voleva essere la sua fonte d'ispirazione, così come lei lo era per lui. Voleva perdersi nei suoi occhi grandi e luminosi, sentire il suo profumo, il calore della sua pelle sotto le mani...

Non sapeva come e quando quel sentimento fosse cominciato. Sapeva però che lo faceva stare male, molto male. Non si era mai sentito così confuso. Era come se avesse perso la bussola. Non riusciva più a scrivere né a suonare. Quando, poi, rovistando nella sua libreria in cerca di qualcosa da leggere gli era capitato tra le mani I dolori del giovane Werther si sentì definitivamente spacciato. "Doveva proprio avvenire che ciò che forma la felicità dell'uomo fosse anche la fonte della sua miseria?" L'amore di Werther per Lotte, a sua volta legata ad Albert, non era finito bene...

Così Jem aveva rinunciato a ogni forma di distrazione e si era buttato a peso morto sul letto, incapace di fare alcunché. Portò il polso destro all'altezza degli occhi e contemplò il triangolo inciso sulla pelle chiara. Il simbolo della loro amicizia sembrava essersi trasformato nella loro condanna. Jem lasciò cadere sconfortato il braccio sul petto e prese a fissare il soffitto vuoto, immaginando di appenderci uno a uno tutti i pensieri che lo assillavano.

Aveva perso la fame e il sonno, sentiva le viscere sottosopra e ogni sospiro era come una lama che gli trafiggeva il cuore. Di notte, quando riusciva a chiudere occhio, l'ossessione continuava anche nei sogni. Tutto quello che faceva, tutti i suoi propositi, tutti i suoi pensieri convergevano su di lei. Non riusciva a togliersela dalla mente. Al suo confronto, le altre ragazze sembravano a dir poco mediocri, insulse. Lei era così affascinante, energica, divertente, così... vera!

Sara era diversa da tutte le altre. Ed era anche la sua migliore amica. Con la quale condivideva il suo migliore amico. Con il quale sembrava divertirsi un mondo. Gran bel casino. Quegli scambi di battute e ammiccamenti tra i due degli ultimi giorni lo stavano facendo andare in bestia. Sembrava quasi che l'interesse di Sara nei loro confronti fosse inversamente proporzionale: all'aumentare dell'interesse per uno, diminuiva quello per l'altro. E la bilancia al momento pendeva nettamente in favore di Will.

"Ma c'era mai stato un reale interesse per lui?" si era chiesto perplesso Jem. No, non proprio. Lei era sempre stata carina con lui, certo, ma non poteva affermare di aver ricevuto esternazioni di sentimenti che andassero oltre l'amicizia. Cosa che invece Will sembrava ricevere con sempre maggiore frequenza.

Che fosse stato a sua insaputa relegato nella friendzone? Sperò con tutto il cuore di no. Cosa poteva esserci di peggio? E se così fosse, cosa avrebbe fatto? Prenderne atto, scrollare le spalle e andare avanti con la sua misera vita?

Dov'era il confine tra amicizia e amore? Era amore quello che provava per Sara? E Sara cosa provava per lui? E per Will? E se a Sara piaceva Will, come avrebbe lui potuto competere? Semplice, non avrebbe potuto: Will era impeccabile, dentro e fuori, era la perfezione incarnata. Il senso di frustrazione e impotenza non faceva che aumentare in Jem. Al solo pensiero dei due assieme si sentiva morire. Perché i ricordi del tempo trascorso in loro compagnia che prima erano così dolci si erano di colpo trasformati in una tortura medievale?

E se avesse frainteso tutto? E se fosse lui la causa dei suoi mali? Se stesse semplicemente montando l'evidenza, lui e la sua mente perversa? Se il problema non fossero né Sara né Will, ma lui? Come scriveva Kundera: "Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l'amore) dall'altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza."

Forse doveva accettare l'idea che tra lui e Sara non avrebbe potuto esserci niente di più che un amore fraterno, platonico. Sì, non poteva essere altrimenti. Doveva smettere di pretendere ciò che non aveva alcun diritto di reclamare per sé.

E se la sua non fosse neanche gelosia? Magari gli era soltanto montata su l'invidia per il fatto che Will fosse una persona migliore di lui. Ma non doveva essere invidioso. E allora perché gli dava così fastidio il fatto che i due s'intendessero praticamente su tutto? Ripensandoci, erano sempre andati d'amore e d'accordo. "Numquam felix eris, dum te torquebit felicior (Giammai sarai felice finché ti tormenterai perché un altro è più felice)" scriveva Seneca nel De ira.

Era vero, aveva cominciato a provare sentimenti negativi nel vedere i suoi amici stare bene. Che essere spregevole era? Doveva piantarla con quelle paranoie e darsi una calmata. Erano un trio, erano nati e cresciuti insieme. Condividevano tutto, erano inseparabili e sempre lo sarebbero stati. La loro amicizia era troppo importante, non l'avrebbe messa in discussione per delle fantasticherie nate da un passeggero slancio emotivo. Non avrebbe permesso alla sua indole masochista di rovinare il loro prezioso legame.

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