35 - Hurts Like Hell

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Quando Jem andò a trovare Sara quel pomeriggio si accorse subito che qualcosa non andava. Era seduta a terra con le gambe incrociate, come sempre, ma nei suoi occhi aleggiava un'ombra sinistra. Stava immobile a fissare come in trance i disegni appesi alla parete fatti da Will. In realtà, non sembrava nemmeno vedere quello che aveva davanti: il suo sguardo era assente, le palpebre pesanti.

«Ehi, come stai?» le chiese sedendosi con cautela al suo fianco. Un mugolio distratto fu la risposta che ricevette.

Ma come? La stessa ragazza che aveva tentato di stenderlo scagliandogli addosso una copia di Furore adesso non aveva neanche la forza di parlare? Qualcosa non quadrava. Jem fece scorrere lo sguardo sul suo profilo e si accorse che Sara teneva stretta tra le dita la manica della maglia... Perché una maglia a maniche lunghe d'estate, con quel caldo? Jem fu colto da un terribile sospetto. Senza pensarci due volte le afferrò il braccio e, nonostante le sue accese proteste, le sollevò la manica senza tanti complimenti.

Ciò che vide lo stordì come se avesse ricevuto un pugno in pieno volto. Il triangolo che si erano tatuati, il loro simbolo, era tutto tagliuzzato ai lati... come se avesse voluto rimuoverselo dalla pelle. I tagli erano freschi.

«Merda, Sara! Che cosa hai fatto?» le urlò contro Jem, gli occhi sbarrati e colmi di orrore.

«Vuoi davvero che te lo dica?» gli domandò Sara, ora furiosa e sull'orlo delle lacrime, ritraendo con uno strattone il braccio dalla sua presa e prendendo le distanze.

Jem non riusciva a capire. Tutto quello che stavano passando non era già abbastanza? Ci mancava solo quello... La disperazione l'aveva spinta fino a quel punto? Come aveva potuto fare una cosa del genere a se stessa, al simbolo della loro amicizia? Credeva di risolvere così le cose? Credeva che sarebbe stata meglio dopo? E se non ci fosse stato un dopo? Il tatuaggio era proprio sul polso: se i tagli fossero stati più profondi a quest'ora probabilmente non sarebbero stati neanche lì a parlarne...

Un brivido corse improvviso lungo schiena di Jem. Aveva già perso Will. E se avesse perso anche Sara?

Jem scosse il capo, cercando di ricacciare indietro il senso di nausea e di recuperare un minimo di lucidità per affrontare il doloroso presente che gli stava davanti.

«Perché l'hai fatto?» le domandò con voce rotta.

«Perché?! Proprio tu mi chiedi perché? Perché non ha più senso, ecco perché. Niente ha più senso ormai! NIENTE!» gli ringhiò addosso Sara alzandosi e dandogli le spalle, lasciando che le lacrime scorressero libere sulle guance infiammate. La sua collera sembrava essersi risvegliata di colpo; doveva averne tanta dentro e stava tentando di liberarsene con ogni mezzo, noncurante delle conseguenze delle sue azioni.

Jem si alzò e le si avvicinò, circondandola con le braccia senza dire una parola, lasciandola sfogare. I suoi singhiozzi soffocati riempivano di pena e tormento lo spazio attorno a loro.

«Non dirlo ai miei!» lo ammonì infine lei in tono minaccioso, stringendo disperata tra le dita tremanti la sua t-shirt zuppa di lacrime.

«Tranquilla, se ne accorgeranno da soli. Fa ancora caldo per quelle» ribatté inespressivo Jem, indicando con lo sguardo le maniche lunghe. Sara strinse forte le labbra nel tentativo di trattenere un'altra ondata di pianto e nascose di nuovo il viso nel petto di Jem.

«Fa male» gemette con voce flebile.

«Sssh, lo so. Lo so. Sono qui. Passerà» le sussurrò lui piano all'orecchio. Poggiò la guancia sul suo capo e le accarezzò con delicatezza i lunghi capelli biondi, cercando di assorbire nel suo cuore già a pezzi quel tragico grido d'aiuto.

«Passerà. Quest'inferno passerà.»

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