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Controllo per l'ultima volta allo specchio che il trucco sia apposto, se un velo di ombretto glitterato si può definire così, anche se ciò che più mi preoccupa, come al solito, sono i capelli. Dopo la doccia non ne vogliono proprio sapere di starsene al loro posto e sembra che in testa abbia la criniera di un leone appena svegliato. Mi metto però il cuore in pace: vorrà dire che sembrerò più selvaggia.
Il top che indosso è abbastanza scollato, glitterato anche lui ovviamente, ma ha le maniche lunghe perché fuori si gela. Sotto porto degli umilissimi jeans neri. Cecilia è riuscita a convincermi a mettere i tacchi, anche se non sono più la mia specialità da qualche anno. Spero solo di non cadere di nuovo davanti a tutti.
Scendo le scale con tutta la femminilità che riesco a recuperare, anche se non stacco gli occhi nemmeno per un secondo da dove metto i piedi. Quando finalmente arrivo nella hall trovo Charles appoggiato al bancone della reception ad aspettarmi. Sta usando il cellulare e non si accorge di me, così posso godermi qualche attimo di più la sua figura slanciata nella camicia perfettamente bianca, con l'orologio nuovo fiammante che luccica al suo polso. È molto elegante nonostante non abbia né cravatta né papillon, ma per una discoteca sarebbero stati eccessivi.
"Eccomi" mormoro dopo che ho finito di mangiarmelo con gli occhi.
Alza di scatto lo sguardo su di me e fa la stessa espressione che devo aver fatto io appena l'ho visto.
"Stai..." inizia squadrandomi dal basso verso l'alto "...bene" aggiunge infine.
"Anche tu" commento semplicemente. Stavo solo per svenire, ma sì tranquillo, 'stai bene'.
"Sarai lieta di scoprire che auto di servizio ci hanno dato"
"Sì in effetti sono curiosa" rispondo.
Ma appena esco rimango letteralmente a bocca aperta.
"Ma è" dico solo
"Una Ferrari Portofino" aggiunge lui e siamo entrambi con gli occhi a cuoricino davanti a questa meraviglia.
La livrea è di un bel nero laccato e lo stemma della Scuderia spicca sul fianco sinistro.
"Pensavo ce la avrebbero data rossa" commento.
"Rossa di giorno, ma nera di notte, ricordatelo sempre"
Di nuovo non capisco cosa intenda, ma ormai con lui ci ho fatto l'abitudine.
Mi siedo sul sedile del passeggero e il profumo di nuovo dei sedili in pelle mi fa innamorare di quest'auto. Lui parte con uno scatto fulmineo e il motore ruggisce con potenza, rimbombando fra le mura dei palazzi. Amo il suo stile di guida e penso che lui lo abbia intuito già da un po' di tempo, per questo sa che non mi dà alcun fastidio se sforiamo i limiti di velocità.
"Non ti facevo una ragazza da discoteca" commenta lui "ma dopo averti vista volare sui kart avrei dovuto capire che non sei come tante altre".
Caro Charles, ci sono così tante cose che non sai di me.
"Riservo molte sorprese, lo so" gli rispondo tirandomela un po', nonostante sia in parte vero.
Lui mi guarda di sbieco con il suo solito sguardo enigmatico ma non aggiunge altro.

Il locale è molto affollato e si muore di caldo. La musica è un misto fra tecno e latino che non mi dispiace e le luci non sono troppo fastidiose, rimangono soffuse e sui toni del blu.
Charles mi fa strada nel privè, dove ci sono già gran parte dei piloti della griglia. Si siede su un divanetto e inizia a parlare con Pierre, mentre io scontro accidentalmente Daniel, che con il suo enorme sorriso si presenta e si preoccupa di farmi conoscere anche il suo ex compagno di squadra. Max se ne sta appoggiato al muro con uno sguardo un po' altezzoso, anche se noto che è interessato a ciò che succede in pista da ballo.
"Fa sempre così" dice Daniel in italiano, con un accento da australiano che mi piace da morire "aspetta che lo porti a ballare" aggiunge, facendogli uno strano verso e entrambi si mettono a ridere, mentre io rimango un po' confusa. Prima che me ne accorga mi trascinano in mezzo alla pista e mi ritrovo a ballare fra una marea di sconosciuti. Ora posso finalmente lasciarmi andare dopo due settimane a dir poco stancanti e mi scateno come se fossi l'unica persona in tutta la sala. Le canzoni volano via una dopo l'altra e mi sento la testa sempre più leggera, nonostante non abbia bevuto neanche una goccia di alcool. Ad un certo punto un ragazzo mi appoggia le mani sui fianchi, cosa che mi dà parecchio fastidio, ma nonostante cerchi di levarmelo d'intorno lui non demorde, così decido di allontanarmi per un po' dalla pista da ballo e dare intanto un attimo di respiro ai miei poveri piedi.
Appena mi avvicino al divanetto su cui è ancora seduto Charles, lui mi prende per la mano e mi tira giù per farmi sedere, ma gli finisco in braccio con non molta grazia. Noto che sul tavolino ci sono alcune bottiglie vuote di vodka e deduco che deve aver bevuto un po' più del concesso. Cerco di sistemarmi a fianco a lui e mi lascia fare, forse ancora un briciolo di lucidità gli è rimasta. L'impresa è a dir poco ardua, considerando che anche Pierre è bello che andato e ci mette una vita a capire che deve farsi un po' più in là. Quando finalmente riesco ad appoggiare il sedere sui cuscini del divano tiro un sospiro di sollievo. Che fatica!
In tutto questo Charles è stato a guardare senza fare nulla per aiutarmi e ora ha pure il coraggio di fissarmi con uno sguardo ironico e un sopracciglio alzato. Lo prenderei a sberle, ma in fondo fa un po' ridere anche me questa situazione.
"Stanca?" mi chiede avvicinandosi al mio orecchio per sovrastare il rumore.
Annuisco.
"Hai ballato tutta la sera" commenta e abbandona la testa sulla mia spalla. Spero che non lo faccia per sbirciare il panorama più in basso.
Gli do una scrollata ma lui non si sposta, perciò mi arrendo e approfitto di questo momento di pausa per guardare il cellulare. Quando lo sblocco noto che sono già passate due ore da quando siamo arrivati.
"Tu invece hai fatto il vecchietto con Pierre" gli rispondo dopo aver rimesso via lo smartphone.
All'inizio ride per quello che ho detto, ma poi si fa serio e si tira su di scatto, come se si fosse ricordato che in discoteca si viene per ballare. Di nuovo mi prende per mano e vengo trascinata in pista.
Mentre balliamo non mi molla per un secondo e ogni volta in cui cerco di separare le nostre dita, lui mi guarda smarrito. È la conferma che è totalmente ubriaco. Lo lascio fare anche quando mi stringe a sé, nonostante il suo profumo alla menta risvegli tutti i campanellini di allarme nella mia testa. Decido comunque di stare ancora un po' fra le sue braccia, perché temo che da sobrio non mi avrebbe stretto così forte.

Quando usciamo dal locale ho dei seri problemi a reggermi sui tacchi e a farlo camminare dritto, figuriamoci quando gli dico di stare fermo per riuscire ad allacciargli la cintura.
Per fortuna non ho bevuto e posso guidare, ma forse è meglio farlo a piedi scalzi. Appena metto in moto, il rombo caldo del motore mi fa venire in mente la prima volta che sono salita su un kart.

Ero molto piccola, avrò avuto sei anni circa, ed ero andata con papà alla pista della città in cui abitavo prima di trasferirmi. Era stato il nonno a insistere perché mi ci portasse, l'automobilismo era la sua passione e forse aveva già intuito che sarebbe stata anche la mia.
Faceva molto freddo e alcuni angoli del circuito erano ghiacciati. Ma mentre tutti erano spaventati a passare su quelle lastre lucenti, io sentivo come un fuoco dentro di me che mi spingeva ad andarli a cercare, per essere più veloce e poter superare gli avversari. Ad un certo punto però le ruote mi si sono bloccate su un punto un po' più scivoloso e sono andata a sbattere contro le barriere. Non mi sono fatta male e non ho provato paura, ma una risata sugli spalti mi ha come squarciato il petto e sono scoppiata a piangere. Da quella volta ho sempre temuto di ritornare, nonostante mio padre e mio nonno cercassero di convincermi che avevo talento e che non dovevo interessarmi dei giudizi altrui. Solo qualche anno fa ho capito che avevano ragione. Nessuno sa quanto rimpiango di non essermene accorta prima.

"Partiamo?" mi chiede Charles, notando che sono rimasta con lo sguardo fisso sul quadrante per un po' di tempo. Cerco di togliermi dalla mente il ricordo ed esco dal parcheggio.
Mentre andiamo mi lascio distrarre dalle magie di quest'auto. La tenuta di strada è un qualcosa di surreale: sembra di stare incollati al suolo e nel frattempo di viaggiare su un cuscino, per non parlare del grip che ha con l'asfalto.
"Carina eh?" aggiunge con un sorriso estasiato.
"Altroché!" esclamo raggiante di gioia e stringo più forte il volante.

Quando arriviamo in albergo mi sento in dovere di accompagnarlo fino in stanza, non sia mai che finisca per bussare alla porta di qualcun altro. Dopo alcuni minuti passati a cercare le sue chiavi, che scopro di avere non so in che modo nella mia borsa, possiamo finalmente salutarci e andare a dormire, ma mi trattiene ancora un po' sull'uscio con una scusa banale.
Siamo pericolosamente vicini e il suo maledetto profumo alla menta continua a inebriarmi il cervello.
Solo ora noto di avergli sporcato con i brillantini il colletto della camicia, dev'essere stato mentre ballavamo, e istintivamente cerco di pulirlo con le dita.
"Sei sempre così gentile" sussurra, prendendo una ciocca dei miei capelli e facendomi alzare lo sguardo sui suoi occhi.
Lentamente mi attira a sé e le sue labbra sfiorano le mie. Sento il suo respiro calmo che mi solletica il viso. Le sue mani premono un po' di più sui miei fianchi nel momento in cui mi lascia un bacio delicato a fior di labbra, per poi mollare la presa e darmi la buonanotte.

Portofino | Charles LeclercOnde histórias criam vida. Descubra agora