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Guido alla velocità della luce per arrivare il prima possibile a casa di Charles. Ora che ci faccio caso, non è detto che si trovi lì, ma in fondo è martedì sera, perciò dove potrebbe essere andato? E poi se non dovessi trovarlo lo aspetterò sul pianerottolo, non riesco più a trattenere il bisogno di chiarire questa situazione. Voglio sapere chi è questa cavolo di ingegnera di Lewis e perché si vedono tanto spesso. Se stanno insieme perché non me lo dice? Non mi offendo mica! (Okay forse un po' ci rimarrei male, ma lui questo non può e non deve saperlo).
Mentre continuo a pensare a queste cose, vedo una macchina ferma su un lato della strada. Do uno sguardo all'orologio e constato che non ho tempo per fermarmi e dare una mano perciò passo oltre.
Un "Emma!" urlato a squarciagola mi fa però inchiodare per lo spavento. Dallo specchietto retrovisore riconosco la chioma dorata di Cecilia e, anche se non era proprio quello che avevo intenzione di fare in questo momento, accosto la macchina e scendo per vedere cos'è successo alla sua.
Quando arrivo di fronte a lei sento un vortice di emozioni travolgermi, ma riesco a contenere l'agitazione e a pronunciare un banalissimo "Ciao Ceci".
Interessante davvero come il destino faccia il cavolo che gli pare con le nostre vite.
"Hey" risponde lei abbassando lo sguardo sull'asfalto "ho bucato" aggiunge, voltandosi verso la gomma incriminata.
"Vedo. Hai il ruotino?" le chiedo, già pronta a tirare fuori le mie doti da meccanico e a sporcarmi le mani.
"E che cos'è?" esclama confusa alzando un sopracciglio.
"La ruota di scorta" le spiego indicando il bagagliaio.
"Ah quella. Sì sì ce l'ho"
"Dai allora rimediamo a questo danno" mormoro tirandomi su le maniche.
Il sorriso che le spunta naturale sul volto mi rassicura un po', forse non è del tutto perduta la nostra amicizia.

Quando ho finito di sistemarle anche l'ultimo bullone mi appoggio sfinita alla portiera e mi accendo una sigaretta. È una serata abbastanza calda per essere ancora aprile e sono nel giusto mood per godermi i ghirigori che il fumo lascia sopra la mia testa.
"E così fumi di nuovo" commenta Cecilia appoggiandosi anche lei all'auto.
"Seh" biascico, lasciando che una nuvoletta bianca esca dalle mie labbra.
Lei annuisce in risposta serrando le labbra. È visibilmente in disaccordo con questa mia decisione, ma in fondo non sa che è solo uno sfogo passeggero, per cui non mi sento in dovere di darle delle spiegazioni.
"Torniamo amiche" sbotto mentre spengo il mozzicone con il tallone "Mi sei mancata in queste settimane" aggiungo senza guardarla negli occhi.
"Anche tu" dice allungando la 'u' e lasciando la frase sospesa. È chiaro che ci sia un 'ma' che dovrebbe seguire questa affermazione.
"Allora perché ho l'impressione che non sia così?" chiedo con un po' di retorica, mentre tiro un calcetto alla cicca spenta.
"Emma, da quando sei entrata in Scuderia sei diventata un'altra persona: hai smesso di ascoltarmi quando parlavo e ora fumi pure" commenta con aria schifata, facendomi un po' irritare.
"Mi dispiace di non averti ascoltato l'ultima volta" rispondo con tono acido "Ma non penso di essere cambiata: sono sempre la stessa, solo che ho iniziato a mostrare un lato che trovi meno piacevole" le faccio notare e per smacco accendo una seconda sigaretta.
"Lo dico per il tuo bene Emma. Non è passato così tanto tempo da quando ho dovuto portarti da uno specialista per aiutarti a uscire dai tuoi casini" commenta, stando bene attenta a marcare l'aggettivo 'tuoi'.
Ci lanciamo a vicenda uno sguardo di fuoco, finché non decido di lasciar cadere il discorso: come ho detto poco prima, non mi sento in dovere di darle delle spiegazioni.
"Vabbè penso di dover andare" dico dopo un paio di minuti di silenzio. Guardo l'ora sullo schermo e faccio finta di avere fretta, perché ormai è diventato un po' tardi per presentarmi così dal nulla alla porta di Charles.
"No aspetta" mi blocca con un braccio.
"Voglio che torniamo amiche, però promettimi che non farai più le cazzate di cinque anni fa" aggiunge con gli occhi lucidi "Perché ho davvero temuto di perderti quando avevi iniziato a frequentare quei brutti giri".
Rimango stupita dalle sue parole e sento come un nodo formarmisi in gola. Non riesco a trovare cosa dire e posso solo abbracciarla per farle capire quanto bene le voglia.
Una lacrima mi scivola lentamente giù dalla guancia, e mi sembra come se fossi riuscita a condensare tutto il dolore di quel periodo in una minuscola goccia d'acqua.
"Oh, ti ho macchiata con il rossetto" dico ridacchiando dopo essermi staccata da lei. Faccio per pulirle la felpa, ma ho le mani sporche del grasso della ruota perciò è meglio che eviti di peggiorare la situazione.
Sorridiamo entrambe per la situazione e tutta la tensione dei minuti precedenti vaporizza lentamente.
"Grazie per la ruota" dice portando lo sguardo sulla sua auto "Luca era impegnato e avrei chiamato il carro attrezzi se non fossi passata tu".
"Figurati, mi diverto a fare queste cose" rispondo con un mezzo risolino, in fondo è un po' vero.
"Ma dove andavi così di fretta?" mi chiede voltandosi verso di me con un guizzo, come se se ne fosse ricordata improvvisamente.
"Ehm" cerco di prendere tempo, anche se in realtà non ha senso continuare a inventare delle bugie "da Charles" confesso infine.
"Ah" risponde annuendo "Come stanno andando le cose fra di voi?"
"Come andavano fra me e te fino a poco fa" commento con un po' di tristezza "Ma ho scelto io di allontanarmi: mi tratta come se fosse interessato a qualcosa di più e poi mi definisce 'amica'. Per non parlare del fatto che ora si stia vedendo sempre più spesso con l'ingegnera del nostro maggior rivale, il che è molto strano. Ma sai qual è la cosa peggiore? Che non mi parla mai di lei, anzi è sempre molto attento a non tirarla in mezzo al discorso, anche se ultimamente non abbiamo più parlato" le spiego con una punta di fervore di troppo.
"E perché stavi andando da lui allora?" mi chiede appoggiando un gomito al finestrino della sua auto.
"Perché sono stanca di questa situazione, voglio sapere una volta per tutte chi è questa ragazza e in che modo devo relazionarmi con lui. Non voglio che finisca in un enorme incomprensione come con Matteo" pronuncio tutto d'un fiato. In realtà, solo per il fatto di essere riuscita a parlarne con qualcuno mi sento già meglio.
"E allora cosa ci fai ancora qui? Dovresti già essere da lui" mi incita dandomi una pacca sul braccio.
"Non so, forse è un po' tardi ormai" le faccio notare.
"Seriamente? Emma sono le 10, non penso che sia già andato a dormire. Dai, vai!" mi sbraita dietro, accompagnandomi fino alla macchina. Non smette di spingermi finché non mi sono seduta sul sedile.
"Aspetta!" urla facendomi sobbalzare un attimo prima che appoggi le mani sul volante "Togliti il grasso con questo" aggiunge porgendomi una salviettina umida.
Mi pulisco nel modo più accurato possibile anche se l'odore di prima non è svanito del tutto. Fa niente, se Charles se ne accorgerà gli spiegherò cos'è successo poco prima che arrivassi da lui.
"Buona fortuna" dice dandomi un bacio sulla guancia e chiudendo la portiera.
"Grazie Ceci" le rispondo con un sorriso.
"E di cosa? Grazie a te per la ruota!" afferma con naturalezza.
"No beh, grazie per i tuoi soliti consigli preziosi" aggiungo mentre accendo l'auto.
La saluto con la mano dal finestrino e parto, forse sono ancora in tempo.

Quando arrivo nelle vicinanze del suo appartamento inizio a cercare un parcheggio. Lo trovo non molto distante, anche se avrò comunque qualche minuto di camminata prima di arrivare a casa sua. Dopo essere scesa dalla macchina (ed essermi accertata di averla chiusa) inizio a correre per arrivare il prima possibile da lui. Non riesco a frenare l'impulso di vederlo e parlargli. Sento il bisogno irrefrenabile di sistemare la situazione e quasi mi scappa da ridere, tanto mi sento agitata.
Quando vedo una luce accesa attraverso la finestra del suo salotto accelero il passo per arrivare il prima possibile davanti alla sua porta. Sorrido e mi sento pronta a qualsiasi cosa: voglio dirgli tutto, confessargli tutto, fargli capire perché mi sono allontanata e perché ho bisogno di ritornare a parlare normalmente con il mio pilota. Accetto qualsiasi risposta da lui, se mi vede come una semplicissima collega a me va bene, ma voglio che sia sincero. Voglio che ci sia comunicazione fra noi due. Voglio vincere insieme a lui, come ha detto Lewis. Sono la sua ingegnera al momento e farò del mio meglio per la Scuderia, almeno fino alla fine di questo stage, poi si vedrà. Ma ho davvero bisogno di tornare a discutere con lui di strategie, è straziante dover continuare a evitarlo. E soprattutto, mi manca da morire il suo sorriso contagioso.
Arrivo finalmente davanti al portone di casa sua e mi concedo un paio di lunghi respiri prima di bussare. Nel frattempo che riprendo fiato sbircio ancora una volta fra le tende del salotto. La luce dalla finestra mi dà un altro fremito di speranza.
Ma proprio mentre alzo la mano per suonare il campanello, sento un rumore inconfondibile strapparmi via dalle mie gloriose aspettative.
È la risata di una ragazza.

Portofino | Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora