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"Charles aspetta, ti prego, posso spiegarti" lo rincorro mentre esce dalla hall dell'albergo.
Lui continua a procedere via spedito. So perfettamente che mi ha sentito, ma ciò nonostante non vuole fermarsi. Faccio uno scatto e lo prendo per un braccio, almeno così è costretto a guardarmi in faccia.
"Per favore Emma, non ho tempo per delle scenate. Ho bisogno di concentrarmi sul mio lavoro. Ne parliamo in un altro momento" mi intima.
Il suo sguardo dietro le lenti degli occhiali da sole è davvero raggelante. Se i suoi occhi potessero trafiggermi forse lo avrebbero già fatto.
Non riesco perciò a controbattere alle sue parole e lascio che si diriga verso il paddock senza di me. Mi trattengo dall'imprecare contro il mondo intero solo perché in fondo so che è colpa mia. Se soltanto mi permettesse di spiegargli.

Ciò nonostante, Charles segna per tutta la mattinata ottimi tempi e riempe il box di quella fiducia che mancava da almeno due gran premi. Anche la Q1 va alla grande e ci sembra già di sentire il profumo della sua seconda pole.
Durante la Q2 non riesco però a concentrarmi sui suoi giri perché la mia attenzione viene attirata da Rossa, appena arrivata nel nostro garage. Sembra la solita Rossa di sempre. Non c'è un cavolo di indizio che possa portarmi a dubitare di lei, a vederla così. A questo punto mi chiedo se l'abbia mai davvero conosciuta o se quella con cui ho parlato non fosse che una maschera costruita ad arte.
La vedo salutare i miei colleghi con disinvoltura, sorridere ad altri e fare un cenno con la mano nella mia direzione. Forse si comporta in modo troppo normale. Appare davvero un comportamento già pianificato il suo. Sicuramente è tutto un artificio. Avrei dovuto accorgermi prima di questa sua caratteristica.
In ogni caso, per rimanere fedele a ciò che mi ha suggerito Mattia questa mattina, le ricambio il saluto, anche se dentro mi sento bruciare di indignazione per quello che ha fatto.
Ma proprio mentre i nostri sguardi si incrociano un boato si alza dagli spalti e dai muretti della pit. Mi avvicino a uno schermo per vedere cos'è accaduto.
Non appena vedo una Ferrari schiantata a muro perdo un battito e institivamente mi avvicino meglio al monitor per vedere meglio di chi si tratta e quanto è grave.
"È Charles" mormora uno degli ingegneri alle mie spalle. Alle sue parole per un attimo sento le gambe diventarmi di gelatina.
La parte anteriore della macchina è completamente distrutta, si è pure staccata una ruota. E se abbiamo sentito il rumore fin da qui non dev'essere stato un incidente soft.
La testa prende a girarmi sempre di più. Mi siedo per evitare di svenire davanti a tutti.
Quando però lo vedo uscire illeso dall'auto e sulle sue gambe, posso finalmente rallentare i battiti.
Afferro un foglio e inizio a sventolarmelo vicino. Ho bisogno di riprendere fiato.
"Che spavento" mormoro, notando gli occhi di molti posati su di me "Ma va già meglio tranquilli" cerco di distogliere la loro attenzione, alzando una mano come a indicare 'va tutto okay'.
È bastato un attimo per mandarmi in tilt.
Se fosse successo qualcosa a Charles... Non voglio neanche pensarci, diamine, che colpo mi sono presa. Ma per fortuna sta bene, è stata solo un errore. Ma se si fosse fatto male, ah, non so davvero come avrei reagito.
Prendo dei lunghi respiri e cerco di riportare il mio battito cardiaco alla normalità. È passato tutto e lui sta bene. Questo conta.

Poco dopo lo vedo rientrare al box assediato dai giornalisti. Risponde un po' infastidito a qualche domanda, camminando sempre più spedito per cercare di convincerli a desistere. Una volta liberatosi di loro si rifugia in fretta e furia nel suo stanzino, dicendo chiaramente a tutti che vuole essere lasciato da solo. Nessuno osa avvicinarglisi e io rimango immobile a guardarlo sbattersi la porta dello spogliatoio alle spalle.
E se fosse stato distratto per via della questione di Lewis?
Suggerisce perfida la mia vocina. Cerco di scacciare dalla mente questo pensiero, anche se forse non è del tutto insensato. Charles non mi sembra uno che si lasci condizionare dalla vita privata, non quando è in macchina, ma se quel maledetto biglietto da visita non fosse riuscito a levarselo dalla testa? E se davvero fosse andato a sbattere perché era sovrappensiero? Avrebbe potuto farsi male per colpa mia. Avrebbe potuto mandare tutto a puttane per una mia bugia. E se avesse sbagliato di qualche centimetro di troppo sarebbe potuta andare anche peggio, molto peggio...
No, basta. Non è andata così per fortuna. Okay, non gli ho detto della proposta di Lewis ma non è successo nulla di grave. Ho la mia opportunità per rimediare e lo farò. E poi torneremo ad essere quello che eravamo. E cioè colleghi. Anzi, forse neanche quello se dovessi trasferirmi in Mercedes. Allora torneremo ad essere... amici? Ma siamo davvero amici io e lui? Amici che si sono baciati? Amici che scopano? Amici che dormono insieme?
Sospiro frustrata. Ancora una volta la situazione fra noi due sembra essere dannatamente complicata.

All'uscita della pista incontro Daniel che rientra al suo hotel tutto sorridente. Mi avvicino a lui per parlare un po' e gli chiedo come sono andate le qualifiche.
"Abbastanza bene, decimo" risponde, portando lo sguardo verso il cielo "Ma ogni tanto mi chiedo se capirò mai questa macchina. Vedi, io cerco di fidarmi di lei ma quando le do un po' più di fiducia e provo a portarla al limite, lei mi tradisce tirando fuori qualche problema. Soprattutto quando si parla di freni" aggiunge, perso a fissare le nuvole blu sopra le nostre teste.
"Peggio di una fidanzata" commento, cercando di rifargli spuntare il suo sorriso contagioso.
"Oh sì molto peggio" esclama, riportando lo sguardo su di me.
"E invece a te com'è andata? Infartino per Charles?" aggiunge, dandomi una gomitata non appena nomina il mio pilota.
"Eh sì" ammetto con un mezzo sorriso "Diciamo che sarebbe potuta andare meglio, ma l'importante è che lui stia bene"
"Ah l'importante è che lui stia bene!" dice scimmiottando la mia voce "Che cambiamento Emma! Due mesi fa avresti detto che l'importante era che avesse segnato un buon tempo. Sicura di star bene? Non è che c'è qualcosa che mi nascondi? A zio Dan puoi dire tutto lo sai. Anche le cose sconce" aggiunge facendo un occhiolino molto malizioso.
Possibile che Dan debba fiutare sempre tutto?
"No, non devo dirti niente" rispondo, facendo una smorfia.
"Allora lo scoprirò da solo" conclude, portando una mano sulla spallina del suo zaino "A meno che non lo sappia già" aggiunge, spostando lo sguardo sul mio volto per cercare di decifrare la mia espressione.
"Guarda che la psicologia inversa non funziona con me" lo ammonisco.
"Allora c'è qualcosa da scoprire!" esclama con il suo solito sorriso a trentadue denti.
Maledizione. Mi ha fregato. Di nuovo.
Sbuffo spazientita per essermi fatta beccare e lui inizia a saltellare gioioso.
"Ah ah! Lo sapevo! Emma e Charles!" mi canzona fra un saltello e l'altro.
"Shhh" lo rimprovero "Vuoi che ti sentano tutti?!" sussurro a bassa voce e cerco di placarlo.
"Comunque non c'è niente di serio che debba dirti, davvero. Per il momento, mettiamola così. E poi io e lui abbiamo pure una discussione in sospeso al momento" gli spiego.
"Ah sì? Come mai?" chiede, genuinamente incuriosito.
Mi piace il modo in cui mi ascolta e mi pone le domande. Sembra molto Cecilia in questi casi. Se le dovesse andare male con Luca, potrei sempre presentarle Dan.
Sospiro, indecisa se raccontargli tutta la storia oppure no.
Ma sì, è Daniel.
"Perché la Mercedes mi ha fatto una proposta di lavoro. Stavo aspettando il momento giusto per dirglielo, ma lui l'ha scoperto e se l'è presa" gli racconto in modo abbastanza stringato. Se mi perdessi nei dettagli so che non la farei finita mai più.
"Mh" mormora "Beh complimenti per la proposta di lavoro. Anche se sì, sei stata un po' stupida a farti beccare" commenta, facendomi ridere.
"Oh grazie, ora mi sento proprio meglio" dico sarcastica e entrambi ridiamo.
"Interrompo?" chiede una voce alle nostre spalle.
Con mia sorpresa trovo Charles impalato di fronte a noi. Mi chiedo quanto abbia sentito del nostro discorso.
"Ciao Charles" lo saluta Dan con una pacca sulla spalla "Stavo per andarmene, perciò non disturbi. Buona serata" si congeda, non prima di avermi dato una strizzatina sul braccio, seguita da una lunga occhiata, come per dire 'Mi raccomando'.

Prendo un lungo respiro prima di incamminarmi verso l'albergo, questa volta al fianco di Charles. Rimaniamo entrambi in silenzio e non ci siamo neanche ancora salutati, né credo che lo faremo.
"Charles stavo cercando di dirtelo ieri sera, prima che uscisse la storia di Rossa e degli appunti rubati" cerco di spiegargli, non appena il mutismo con cui mi sta trattando inizia a infastidirmi.
"Ho immaginato" risponde, spiazzandomi alquanto. Ero già pronta a un litigio in mezzo alla strada.
"Hai immaginato?" chiedo, sorpresa.
"Sì. E credo di averlo fatto esattamente mentre percorrevo l'ultima curva prima del mio incidente" mi spiega, tirando un calcio a un sassolino sul marciapiede.
Non faccio in tempo a rispondere perché si avvicina a noi un gruppetto di tifosi, che chiede di poter fare una foto con lui. Mi allontano per lasciarli fare e solo dopo una decina di minuti di scatti e autografi possiamo riprendere il discorso.
"Mi dispiace" dico sincera, dopo essermi accertata che i fan si siano allontanati "Per averti rovinato le qualifiche e per non avertelo detto prima. È che non ho ancora preso una decisione e non volevo impensierirti per niente, anche se, a quanto pare, ho fallito miseramente" cerco di giustificarmi, benché sappia di essere imperdonabile ai suoi occhi.
In risposta lo sento sospirare e lanciarmi uno sguardo alquanto serio. Mi mordo l'interno guancia e distolgo gli occhi dai suoi.
"Ho davvero temuto di aver fatto un casino quando ti ho visto a muro" gli rivelo, sempre con il viso rivolto al marciapiede "So che tu non ti lasci influenzare dagli altri, ma da qualche parte dentro di me sentivo che era colpa mia. E in effetti..." dico, forse più rivolta alla mia vocina che a lui "Ma spero che tu possa perdonarmi, quando vorrai" aggiungo, alzando lo sguardo davanti a me.
Continuiamo dritti per la nostra strada per ancora qualche minuto e  nessuno ha altro da aggiungere.
Il suo lungo silenzio mi ferisce un po', ma so che è il suo modo per elaborare quanto gli ho detto.

Portofino | Charles LeclercWo Geschichten leben. Entdecke jetzt