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Tornare in sede a Maranello è come tornare a scuola dopo una gita fantastica. Leila è ovviamente la ragazza insopportabile della classe a fianco.
"Chi si rivede" commenta mentre entro dalla porta principale "ho sentito dire che sei caduta ai piedi di Matteo quando eri a Barcellona. Mi chiedo se lui sappia che invece in senso metaforico non è successo" aggiunge con un sorriso da serpe, che le mette in risalto i dentoni da castoro.
"Buongiorno anche a te Leila" dico indifferente ed entro nel mio laboratorio. Non posso sopportare un attimo di più la sua voce.

Quando ho finalmente un momento di pausa decido di andare a cercare il mio tutor e mettere in chiaro il discorso una volta per tutte. Lo trovo voltato di spalle dalla macchinetta del caffè, la stessa di quando mi aveva toccato il braccio e io avevo sussultato. Cerco di non pensarci e prendo un po' di coraggio.
"Ciao" dico appoggiandogli una mano sulla spalla e questa volta è lui a spaventarsi.
"Ciao" risponde con un sguardo non molto felice "vorrei scusarmi per l'ultima volta" mi anticipa "ho fatto il cascamorto e non era il caso. Mi dispiace di averti messo in imbarazzo davanti a tutti".
Rimango stupita dalle sue scuse e dal suo tono pacato, ma ho comunque delle cose da dover dire anche io.
"Un po' di colpa è soprattutto mia" incomincio "non sono mai stata chiara con te e ho permesso che ti illudessi. Mi dispiace di aver ferito i tuoi sentimenti e vorrei tornare ad essere amici, come all'inizio"
Il modo in cui sospira spazientito quando pronuncio queste ultime parole non preannuncia niente di buono. Anche il suo sguardo si è rabbuiato e temo di aver toccato un tasto dolente.
"Emma è impossibile far finta che non sia successo niente, almeno per me. Non puoi dormirmi sulla spalla in aereo e pretendere che io rimanga impassibile. Hai ragione, mi hai illuso, non sei stata molto gentile nei miei confronti e ora non so se sono disposto a perdonartelo. Ci siamo scusati, ma tornare indietro non si può. Ho bisogno di starmene un po' per conto mio e forse un giorno potremo ricominciare a parlare"
Le sue parole mi trafiggono come dieci spade in un colpo solo e non riesco a trattenere una lacrima, che scivola via veloce per raggiungere il prima possibile il pavimento. Il suo sguardo rimane tuttavia duro e fisso sul mio viso a fuoco per l'emozione, come se davvero avesse smesso di provare anche solo che un po' di compassione per me. Mi chiedo dove sia andato a finire il tono gentile con cui aveva iniziato la conversazione.
"Cioè ora non mi parli più?" gli chiedo con voce rotta.
"È meglio così. Per tutti"
Il modo con cui sottolinea l'ultima parola mi fa presupporre che ci sia qualcos'altro sotto, ma non voglio continuare a piangere davanti a lui, perciò giro sui tacchi e mi allontano, evitando di scappare via come una bambina, quale mi sento.

La giornata scorre via lentamente a lavoro, ma il ricordo di questa mattinata non vuole proprio saperne di andarsene. Continuo a ripensare a ciò che Matteo mi ha detto e al suo sguardo d'acciaio. Mi sento in colpa per tutto quello che è accaduto e vorrei essere stata più matura nel gestire la nostra amicizia (forse meglio dire conoscenza a questo punto) fin dall'inizio.
Anche lui però si è lasciato illudere senza chiedersi se fosse il caso. Mi fa notare la vocina.
Sospiro con stanchezza. È davvero solo colpa mia se è andata così? Avrei potuto comportarmi meglio, questo è sicuro, ma anche lui forse avrebbe dovuto evitare certi commenti.

Mentre rifletto, esco finalmente dalla sede per tornare a casa. Nel parcheggio il boato di un clacson mi spaventa, ma capisco che dev'essere rivolto a me perché sono l'unica persona presente. La bella Portofino da cui è partito il suono mi si accosta e si apre una portiera.
"Che faccia. Dai sali, facciamo un giro e intanto mi racconti cos'è successo" mi invita Sebastian.
Mi siedo a fianco lui e di nuovo una lacrima mi scappa, ma riesco a nasconderla con un veloce gesto della mano. Dopo essermi calmata mi rendo conto che lui non dovrebbe essere da queste parti.
"Come mai a Maranello?" gli chiedo.
"C'era bisogno di un pilota per dei test con le nuove sospensioni e Charles era impegnato"
Impegnato? A fare cosa?
"Ah capisco" dico solo.
Lascio passare qualche minuto di silenzio finché non trovo la forza per raccontargli della litigata di questa mattina.
Quando ho finito sospiriamo entrambi per la situazione così complicata.
"Mi dispiace dovertelo dire, ma non puoi farci niente. L'ho visto un po' abbattuto oggi e credo che abbia seriamente bisogno di allontanarsi da te. Probabilmente dirà a Leila che hai finito il periodo di affiancamento e che sarai in grado di gestirti da sola, così smetterà anche di essere il tuo tutor" mi fa notare.
"Ma secondo me non hai mai avuto bisogno di lui, hai dimostrato fin da subito di sapertela cavare anche nei momenti peggiori" aggiunge "Perciò stai tranquilla, supererai anche questa".
Cerco di tirare fuori un sorriso con cui coronare il suo discorso, ma mi esce un qualcosa di più simile a una smorfia.
"Grazie mille" dico per rimediare alla mia espressione "per quello che hai detto e per il giretto in macchina"
"Su una Portofino si parla sempre volentieri" commenta lui con un sorriso orgoglioso.
"Dai riprenditi, ci vediamo domani"  aggiunge infine, con la sua solita aria paterna.
Lo saluto con la mano e scendo dall'auto.

Quando arrivo a casa scopro che le mie avventure di oggi non sono ancora finite nel momento in cui vedo qualcuno seduto sul pianerottolo. Il mio cuore perde un battito, anzi due, non appena riconosco di chi si tratta.
Lo saluto un po' imbarazzata e cerco di levarmi subito dalla mente la sensazione delle sue labbra sulle mie.
"Sono venuto a portarti la relazione per l'università che mi avevi chiesto" dice, portando una mano dietro la nuca e allungando con l'altra una cartellina di fogli nella mia direzione.
"Oh grazie, me ne ero quasi dimenticata" gli rispondo prendendo in mano il plico che mi porge.
"Vieni ti offro una birra" aggiungo quando percepisco che non sa se è il momento di andarsene.
Annuisce semplicemente.
Per fortuna la casa non è troppo in disordine e lui sembra trovarsi subito a suo agio.
Gli porgo una birra e ne stappo una anche per me, dopo questa giornata è il minimo.
Dato che non dice niente, nemmeno dopo che mi sono seduta vicino a lui sul divano, cerco di fare conversazione in qualche modo.
"Come mai oggi non sei venuto? Seb mi ha detto che ha dovuto sostituirti" provo.
"Ho preferito finire quei documenti che mi avevi chiesto e poi è da sabato che mi è rimasto un po' di mal di testa" mi spiega fissando il soffitto.
"Eh la sbronza" dico, spostando lo sguardo sui cuscini, imbarazzata. Immagino che non si ricordi nulla.
"E avevo altri pensieri per la testa" aggiunge, e sento i suoi occhi perforarmi.
Okay, forse si ricorda. Resto con il fiato sospeso finché non riprende a parlare.
"Fra una settimana inizia il campionato e sono un po' agitato" mi confessa stendendo un braccio sul cuscino dietro le mie spalle.
No, non si ricorda.
"Ma mi sembra che i test siano andati bene, no?" gli faccio notare, volgendomi verso di lui.
"Sì sì, ma" dice riportando lo sguardo verso il soffitto "è il sogno di una vita lavorare qui con voi in Scuderia e non voglio deludere le mie aspettative"
"Le tue aspettative? Tipo?"
"Nel senso che so di avere del potenziale e mi piace il feeling che ho con la SF90, perciò ci rimarrei male se non riuscissi a concludere niente già nella prima metà di stagione. Mi sentirei come se non riuscissi a dimostrare quanto valgo. E voglio dimostrarlo perché so che ne sono capace" pronuncia con una punta di ispirazione di troppo, il che rivela ancora di più quanto ami questo sport.
"Ce la farai" dico appoggiandogli una mano sul ginocchio "Mattia mi sembra già molto entusiasta del tuo lavoro e gran parte degli ingegneri ti adora, per quel poco che mi è concesso sapere" cerco di rassicurarlo.
Sembra lievemente convinto e questo mi basta per proporre un brindisi.
"Al nuovo campionato" dico scontrando la mia bottiglia con la sua. Sembra che voglia aggiungere qualcos'altro, ma alla fine mi fa solo eco e entrambi beviamo.
Trascorriamo tutta la serata insieme a parlare sul mio divano del nostro futuro e dei nostri sogni, anche se ormai stanno diventando realtà, e per fortuna! Ordiniamo pure una pizza per poter continuare a chiacchierare ancora un po'.
La sua compagnia mi fa dimenticare del litigio con Matteo e va diminuendo tutta la tristezza accumulata durante il giorno.
"Ma è già l'una!" esclamo non appena il mio sguardo cade sull'orologio.
"Oh merda, scusa Emma, vado, non volevo disturbarti" dice alzandosi frettolosamente e raccogliendo le sue cose.
"Figurati, è stato carino" mormoro mentre lo guardo infilarsi il cappotto "Sei stato carino" mi correggo, azzardando un pochino.
In risposta mi ammicca con un sorriso da togliere il fiato e mi scruta con il mento alzato. I nostri sguardi rimangono agganciati anche mentre si sistema la sciarpa.
"Buonanotte" pronunciamo entrambi al volo, dandoci due baci sulle guance. Poi scappa via e io rimango sull'uscio della porta a guardarlo correre giù per le scale.
Mannaggia all'alcol che fa dimenticare tutto.

Portofino | Charles LeclercWhere stories live. Discover now