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La notte scivola via lentamente e porta via con sé anche il grumo di rabbia e delusione formatosi dopo la giornata di ieri. Mi sveglio di buon umore: sono pur sempre in un posto magnifico e so che posso bastare a me stessa per essere felice. E quando vorrò andarmene basterà mandare un messaggio a Lewis e lui sarà subito pronto per venirmi a prendere. Tengo tutto sul palmo di una mano, insomma. Già, tutto, tranne una relazione perfetta e dei vestiti puliti. Ed è quest'ultima cosa a preoccuparmi di più. Sarà meglio che vada a comprarmi qualcosa, a meno che non voglia continuare ad indossare gli abiti del viaggio (il vestito regalatomi da Scarlett mi sembra un po' eccessivo per uscire a fare una passeggiata).

Apro la porta della stanza per scendere a fare colazione, ma trasalisco non appena sento qualcosa sfiorarmi il piede.
Con non poco stupore scopro Charles addormentato in corridoio, la sua mano caduta sopra la mia scarpa.
"Che ci fai qui?" chiedo, aiutandolo ad alzarsi. Le sue ossa producono degli scricchiolii secchi.
"Ti ho aspettato" risponde, la bocca ancora impastata dal sonno.
Un sorriso mi sfugge, ma lo nascondo subito dopo. Non mollerò così presto.
"Beh sono qui" dico perciò, cercando di sembrare acida, ma oggi non ci riesco così bene come ieri.
"Vai a fare colazione?" mi domanda.
Annuisco, avviandomi verso l'ascensore, senza aspettarlo. Lo lascio in piedi davanti alla porta della mia suite.
Mi ha aspettato tutta la notte, è vero. Ma io l'ho aspettato due mesi.

A colazione mangio frutta, cereali e yogurt. Evito di bere caffè, diventerei solo più nervosa e direi che lo sono già abbastanza di mio. Non è decisamente il caso.
Dopo il digiuno di ieri mi sento morire di fame. Perché negli hotel di lusso non servono cibi un po' più calorici?
Sono circa a metà pasto, quando vedo Charles entrare nella sala. Indossa pantaloni della tuta neri e una felpa color crema. I capelli sono leggermente spettinati. È abbastanza ovvio che si sia preparato di fretta, ma non sta male. L'aria trasandata gli dà quel pizzico di bad boy che ogni tanto gli manca. Quando ha i capelli bagnati poi, sta ancora meglio.
Si siede di fronte a me, ammiccandomi. Presa alla sprovvista, sento le orecchie andare a fuoco.
Per quanto tempo l'ho fissato?
Diamine, non posso cascarci così.

"Sarà meglio che vada" dico, guardando l'orologio. Ho terminato la mia colazione in silenzio. Se avessi aperto bocca avrei finito solo per tradire tutti i mie propositi.
"Dove vai?" chiede lui, alzando lo sguardo su di me.
"A fare shopping, non ho altri vestiti con me, sai" commento, stringendomi nelle spalle nella gestualità più ostile che riesca a trovare.
"Vengo anch'io" si propone, finendo in un boccone la sua mela.
"Posso farcela anche da sola" sottolineo, facendo un passo verso l'uscita.
"Non era una domanda" risponde, superandomi "e poi immagino ti serva una macchina in cui mettere le buste, no?" aggiunge.
Rimango muta, incapace di controbattere.
Uno a zero per Charles.

Va bene, questa prima battaglia l'ha vinta lui, ma io non sono di certo una che si arrende davanti al primo ostacolo.
Vuoi giocare sporco, Charles? Hai trovato l'avversario giusto. Altro che Max Verstappen.

Ci fermiamo alla prima boutique. Anche il negozietto, come qualsiasi cosa del resto qui a Portofino, si affaccia sul mare.
La commessa ci saluta con un ampio sorriso: deve aver riconosciuto Charles già da oltre la vetrina. Rimane poi stupita quando nota la mia espressione impassibile. Evidentemente si aspettava che fossi la ragazza più felice del mondo per il semplice fatto che mi trovi in un posto magnifico con Charles Leclerc.
Beh, si sbagliava.
"Posso aiutarvi?" ci chiede con premura.
"Do solo un'occhiata" dico a bassa voce, ma le mie parole vengono sovrastate da quelle di Charles.
"Sì, tutto quello che è della sua taglia e le piace lo prendiamo" le spiega, indicandomi con un cenno della testa.
A sentire le sue parole, la commessa diventa ancora più raggiante.
"Meglio darsi da fare allora" esclama, rifugiandosi dietro il bancone. Spunta fuori qualche attimo dopo con un metro da sarta e senza che io possa opporre alcuna resistenza, mi ritrovo con le braccia alzate per farmi prendere le misure.
"Sa signorina, tutti i vestiti che vendo sono stati realizzati da me. Pezzi unici ovviamente" mi spiega, prendendo nota.
Dopo aver finito di annotare anche l'ultima misura si volta verso Charles con un sorriso compiaciuto.
"Ottima scelta" bisbiglia.
Ottima scelta, cosa? Il mio corpo? Questa boutique?
Torna poi a guardare me e il mio abbigliamento, cercando probabilmente di dedurre quali siano i miei gusti.
"Torno subito" mormora dopo avermi studiata un po' e la vediamo scomparire nel retro del negozio.
Seguo la sua figura con lo sguardo, finché ne ho la possibilità. Mi guardo poi intorno, incuriosita dall'arredamento del negozio.
Anche i più piccoli particolari sono curati: i cartellini dei vestiti sono tutti scritti a mano, ogni ripiano è foderato con un sottile strato di tessuto azzurro pastello e lo specchio a fianco al camerino è circondato da lucine bianche.
Proprio mentre mi soffermo su questo particolare, noto il riflesso di Charles seduto su una poltroncina alle mie spalle, intento a guardare il cellulare.
Mi irrita un po' che non sia io l'oggetto delle sue attenzioni, ma penso di sapere come fare per rimediare.

Portofino | Charles LeclercDonde viven las historias. Descúbrelo ahora