Sì e no

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La sera della cena arrivò anche troppo in fretta, non ero mentalmente pronta, ero ancora molto confusa su quale fosse la cosa giusta da fare. Avevo passato la mattina a lezione, seduta a fianco di Samuele e avevo ascoltato la metà delle nozioni spiegate dal professore, perché continuavo a distrarmi, spiando il mio compagno di banco e cercando di capire che emozioni mi suscitava la sua vicinanza. 

Sicuramente agitazione. Sicuramente batticuore. Sicuramente amore.

Cosa? Amore?! Non esageriamo! Forse non amore, ma era evidente che qualcosa provavo, e non era semplice amicizia, lo sapevo anche se non volevo ammetterlo.

Rebecca diceva sempre che l'amore non ha regole e bisogna fare tutto quello che ci viene spontaneo senza pensarci troppo... sarà per questo motivo, forse, che si è sempre ritrovata in situazioni incresciose e talvolta imbarazzanti. Ma non si è mai pentita di nulla. E io invece? Ho passato tutta la vita a rimpiangere le mie decisioni, o meglio le decisioni che i miei prendevano per me e ancora mi stavo tirando indietro sostanzialmente perché avevo paura di soffrire.

Mi tornò alla mente il bigliettino trovato nel biscotto della fortuna: "La realtà ha i suoi limiti, la stupidità no."

Ero decisamente stupida, ma ero contenta così. Basta limiti.

Mi lavai sotto la doccia stonando la mia canzone preferita, poi asciugai i capelli in modo da lasciarli perfettamente lisci e mi truccai più del solito, aggiungendo anche un tocco di rossetto. Guardai la mia immagine riflessa allo specchio. Non male!

Il caschetto biondo che mi arrivava fino alle spalle mi incorniciava il viso, rendendo la mia pelle luminosa, le lunghe ciglia dipinte di nero esaltavano il mio sguardo e le labbra con una leggere sfumatura di rosa apparivano... invitanti!

Messaggiai con Rebecca per avere qualche consiglio su cosa indossare, ma come al solito lei aveva delle idee troppo provocanti per un primo appuntamento, così optai per un vestitino grigio chiaro abbastanza corto e attillato ma con il collo alto e degli stivali senza tacco che mi arrivano leggermente sopra il ginocchio. Aggiunsi poi dei cerchi alle orecchie e indossai un cappotto per proteggermi dal freddo.

Alle venti in punto Samuele bussò alla porta e quando andai ad aprire, notai dal suo sguardo che avevo fatto centro, sembrava ammaliato e per qualche secondo rimase zitto, studiandomi, poi con una nota di imbarazzo nella voce disse : "Stai benissimo... anche se non mi dispiacevi nemmeno vestita da fragola!"

"Non parliamo più di quel costume ti prego!" risposi abbassando gli occhi mortificata. La figuraccia era ancora troppo fresca per scherzarci!

Mentre seguivo Samuele giù per le scale mi soffermai a osservarlo, indossava dei jeans che scendevano stretti sulle caviglie, un paio di scarpe da ginnastica nere e sopra un maglione leggero verde scuro, coperto da una giacca sportiva nera. I capelli biondi erano più corti di lato e lasciati più lunghi, ma pettinati indietro al centro. Aveva uno stile completamente diverso da Tommaso, che invece girava sempre con i jeans stretti strappati, le felpe larghe colorate e la sua immancabile giacca di pelle. Lui portava gli scuri capelli che aveva scompigliati e abbastanza lunghi cosicché gli ricadevano sulla fronte, ma spesso li legava in un piccolo codino oppure indossava un cappellino con la visiera per tenerli lontano dal viso.

E pensando a Tommaso, eccolo sbucare dal portone del palazzo con la sua solita aria da bello e dannato, con il casco della moto da un lato e il borsone della palestra dall'altro. Quando ci vide arrivare insieme, eleganti e leggermente impacciati, subito si stampò un sorriso strafottente sul viso, anche se questa volta sembrava un po forzato.

"Uscite insieme voi due?" domandò scherzoso.

Samuele rispose subito: "Sì!"

Ma io fui altrettanto veloce e sopra il suo sì ribattei: "No!" per poi guardare in imbarazzo prima un ragazzo e poi l'altro correggendomi: "Cioè... sì"

"Sì o no?" chiese perplesso Tommaso sempre mentendo il suo sorriso sexy. Si stava decisamente divertendo!

"Sì" rispondemmo insieme, questa volta entrambi convinti.

Tommaso rise della nostra goffaggine... mamma mia che tensione! Poi ci superò salendo i gradini velocemente per sparire dalla nostra vista.

Cenammo nel ristornate dietro l'università, come avevo chiesto, era un posto molto carino e abbastanza elegante, con la musica di sottofondo e le lucine ad incorniciare grandi finestre che davano su un giardino interno ben curato. Ordinammo un antipasto, un primo e una bottiglia di vino, grazie al quale dopo un paio di bicchieri, l'atmosfera si alleggerì e la conversazione divenne più naturale.

"Come mai eri così stronzo le prime volte che ci siamo visti? Ora sei completamente diverso!" chiesi curiosa, volevo sapere cos'aveva provocato quel cambiamento.

"Perché credevo che fossi una delle tante ragazze che girano intorno a Tommaso. Tutte uguali, superficiali e frivole..." fece una pausa, guardandomi intensamente "... poi ho capito che tu sei diversa e... mi fai divertire!"

Gli risposi con un sorriso sincero e vidi i suoi occhi illuminarsi. Volavano scintille!

Gli raccontai del perché dovevo fare tre lavori e disse che voleva venire a vedermi ogni volta che dovevo indossare uno di quei ridicoli costumi. Mi rifiutai. E poi, sulla scia del momento, gli raccontai anche della mia famiglia e delle loro restrizioni.

Lui mi parlò di suo padre, che l'aveva abbandonato quando era piccolo e solo recentemente era tornato sui suoi passi, ma lui non l'aveva ancora del tutto perdonato. Poi nominò suo zio, il padre di Tommaso, un uomo con un impero sulle spalle e poco tempo per la famiglia, un uomo che cercava di comprare l'affetto del figlio con i soldi e che aveva cresciuto entrambi i ragazzi con la convinzione che l'amore non è poi così importante. Mi spiegò che sua madre e quella di Tommaso erano sorelle, ed erano la colonna portante della loro infanzia. Avevano un forte legame tra loro, sopratutto Tommaso e Samuele che erano come fratelli.

"E Carolina?" osai chiedere infine cercando di studiare la sua espressione. Avevo notato una certa chimica tra loro e volevo capire come comportarmi con lei.

Un velo di tristezza attraverso lo sguardo di Samuele e anche qualche altra sensazione che non riuscii ad interpretare: "Carrie è la mia ex."

"Ah" risposi spiazzata. Mi aspettavo un forte legame, ma non così forte, questo già rendeva le cose complicate.

"Ma non ti preoccupare, è finita quando andavamo al liceo, e da allora siamo grandi amici."

"E' quello che ha detto anche lei" conclusi, cercando di porre fine alla tensione che si era venuta a creare.

"Signori, gradite un dolce?" intervenne il cameriere... grazie al cielo!

Ordinammo un tortino al cioccolato da dividere perché avevamo già mangiato molto entrambi e, quando iniziammo a lottare con i cucchiaini per conquistare gli ultimi pezzi del dolce, l'intesa e le risate erano già tornate tra di noi.

Camminammo fianco a fianco sulla via del ritorno, illuminati dalla fioca luce dei lampioni, e parlammo delle nostre passioni, Samuele amava suonare la chitarra e durante il liceo aveva fatto parte di una band con alcuni suoi amici.

"Eri sicuramente l'idolo delle ragazzine!" lo presi in giro ridacchiando. Lui si voltò per guardarmi con finto rimprovero, ma poi rimase con gli occhi fissi nei miei, la sua espressione si fece seria e senza neanche rendercene conto ci fermammo uno di fronte all'altro, studiandoci. Brividi lungo il mio corpo arrivavano a scuotere anche il mio cuore.

"Sei sporca di cioccolato..." mormorò in un soffio, spostando la sua attenzione sulla mia bocca. Rimase in attesa, ma notai le sue pupille dilatarsi, poi sollevò un braccio e con la mano mi sfiorò una guancia. La mia mente era focalizzata su un solo pensiero: Samuele. Chiusi gli occhi e sentii le sue labbra posarsi sulle mie, dolci e leggere prima, frenetiche e insaziabili poi.

Era un bacio che, nonostante il cioccolato, sapeva di fragola. 

Se son rose... appassiranno!Where stories live. Discover now