San Valentino

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Passai le settimane successive sforzandomi di non pensare a Samuele e buttandomi nello studio e nel lavoro per distrarmi. A parte Rebecca, nessun altro sapeva che avevamo rotto, neanche Tommaso, che era andato via qualche giorno per far visita a sua madre. Non volevo ancora dirlo ad alta voce, perché faceva troppo male. E poi, anche se mi sentivo patetica, speravo ancora che Samuele ripensasse a tutto quanto e tornasse da me. Sapevo bene che era solo un'illusione, ma non riuscivo proprio a scacciare quel pensiero dalla mia testa. Dannata testa!

Non so come, ma riuscii a evitare tutte le persone che conoscevo fino al giorno di San Valentino. Il giorno peggiore da affrontare per una ragazza che si era appena lasciata. I miei piani erano di indossare il mio pigiamone caldo, con sopra un pinguino peloso, cospargermi il viso con una maschera di bellezza al mango e piazzarmi a letto, davanti alla televisione, con una tazza fumante di cioccolata. Una serata molto simile alle precedenti, in realtà.

Fu proprio in questo stato che mi trovò Rebecca quando si presentò alla mia porta con un sorriso smagliante stampato sulla faccia.

"Sono le undici di sera Becky. Cosa ci fai qui?" chiesi io con tono piatto, spostandomi di lato per farla entrare.

"Cos'hai sulla faccia Cami?" mi ignorò lei, squadrandomi dalla testa ai piedi "è un pinguino quello?" continuò trattenendo una risata. Incrociai le braccia al petto cercando di assumere un'espressione risentita, ma la maschera di bellezza sul mio viso si era seccata, bloccandomi la pelle.

"Vai a toglierti quella roba e indossa qualcosa" riprese a dire Rebecca, facendomi girare su me stessa e spingendomi verso il bagno.

"Non vado da nessuna parte" protestai puntando i piedi.

"Invece sì. Andiamo a ballare!"

"Non se ne parla."

"Non ti lascerò qua da sola proprio stasera. Ora io e te usciamo, ci ubriachiamo e balliamo per tutta la sera!"

"Ho intenzione di tornarmene a letto Becky. Non mi convincerai assolutamente."


Mi strinsi le braccia intorno alle spalle rabbrividendo di freddo. Come diavolo aveva fatto Rebecca a trascinarmi fuori casa? Come?

Sbuffando seguii Rebecca lungo il marciapiede, fino al locale, fuori dal quale ci aspettavano alcuni suoi amici. Non ne conoscevo nessuno! Quando Rebecca aveva fatto tutte queste amicizie?

Dentro la discoteca la musica era assordante, la pista era piena di persone che ballavano e al bancone c'era una gran folla. Rebecca mi prese per mano e si fece strada, spintonando chiunque le si parasse davanti, così raggiungemmo il barista per ordinare da bere. Nonostante il mio stato d'animo, non proprio festaiolo, dovevamo ammettere che avevo fatto bene ad uscire di casa. Avevo messo da parte il mio dolore, almeno per stasera. 

Era passata circa un'ora da quando eravamo arrivati, quando sentii una voce conosciuta vicino all'orecchio: "La mia vicina preferita!"

"Tommi!" esclamai, voltandomi e trovandomelo di fronte. Gli sorrisi, felice di vederlo, ma poi un pensiero fugace mi raggelò. Se Tommaso era in questo locale, molto probabilmente c'era anche Samuele. Tutti i miei sforzi per evitare di vederlo, sarebbero stati vani. Non volevo star male ancora.

Tommaso notò la mia espressione angosciato e mi disse qualcosa, ma io non lo stavo più ascoltando. Dietro di lui, in lontananza tra la folla, notai Samuele... con Carolina. Stavano ballando vicini, lei gli teneva le braccia intorno al collo e lui la stringeva per i fianchi. Ridevano felici. Immediatamente ricordai di aver già assistito ad una scena simile, solo che questa volta Samuele non sarebbe tornato da me. 

Osservai impietrita Carolina che faceva scorrere le mani sulla testa di Samuele, attirandolo a sé. Samuele si chinò, senza opporre resistenza, e depositò le sue labbra su quelle della ragazza. Si baciarono appassionatamente mentre io restavo immobile, come una scema, in mezzo alla pista. Gli occhi spalancati, il respiro mozzato, il cuore dilaniato.

Tommaso si rese conto che qualcosa non andava, mi prese per le spalle e cercò di parlarmi, ma io non riuscivo ad allontanare lo sguardo da quella dolorosa scena. Poi si voltò, seguendo la direzione del mio sguardo, e allora capì. Mi rivolse un ultimo sguardo angosciato, mentre una lacrima sfuggiva dal mio occhio, colorando la mia guancia di mascara. Poi si mosse con passo sicuro verso Samuele e interruppe il suo bacio con Carolina. 

Vidi i due ragazzi che discutevano, Tommaso che gridava arrabbiato e spintonava Samuele, il quale all'improvviso voltò la testa nella mia direzione. Mi riservò uno sguardo triste... era triste per me. Era un umiliazione troppo grande. Non potevo più sopportare il dolore. Quello sguardo che mi trafiggeva il cuore. Mi voltai nella direzione opposta e scappai via, dritta verso l'uscita e poi di corsa al mio appartamento.

Lungo il tragitto avevo chiamato Rebecca per avvertirla. Lei voleva insistito per raggiungermi, ma io le avevo detto che preferivo stare da sola. Così ora, mi ritrovavo sul mio letto, ancora con addosso il mio vestito nero attillato e i collant che si erano pure bucati.

Non ero pronta per vederlo. Non ero pronta per sostenere il suo sguardo. Non ero assolutamente pronta per assistere a quel bacio con Carolina. Bagnai il cuscino con le mie lacrime nere di trucco, ma non mi importava. Volevo solo buttare fuori tutto il mio dolore e tutta la mia frustrazione.

Quando stavo per addormentarmi, suonarono alla porta. Mi sollevai a sedere sul bordo del materasso, preoccupata. Se fosse stato Samuele, gli avrei sbattuto la porta in faccia. 

Mi sollevai in punta di piedi e guardai dallo spioncino. Era Tommaso. Non pensai neanche al mio aspetto caotico. Aprii la porta, gli feci un cenno di saluto e gli voltai le spalle, dirigendomi nuovamente nel mio letto. Mi infilai sotto le coperte e chiusi gli occhi. Non sapevo cosa volesse Tommaso a quell'ora, ma non volevo parlare con nessuno. Così sperai semplicemente che se ne andasse.

Fece di meglio.

Sentii il materasso abbassarsi sotto il peso di qualcuno, poi il braccio di Tommaso mi avvolse il fianco, attirandomi verso il suo corpo. Restammo così, vicini, abbracciati, finché non smisi di piangere e mi addormentai.

Quella notte mi resi conto che mi potevo fidare di lui. La vicinanza silenziosa di Tommaso mi aveva consolato più di mille parole. 

Se son rose... appassiranno!Where stories live. Discover now