Vuoi giocare con me?

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Il resto del mese volò. Ero rimasta tutto il tempo immersa nei libri, non avevo avuto modo di vedere né pensare ad altro... l'esame di russo di fine anno era imminente! 

Anche Tommaso stava preparando il suo esame di architettura del primo anno, perciò non ci eravamo visti molto. In compenso ci eravamo scritti ad ogni ora. Aspettavo con ansia il suono del cellulare che mi segnalava l'arrivo di un suo messaggio, tanto che, ad un certo punto, avevo deciso di spegnerlo per evitare di distrarmi ogni due minuti. Tommaso era diventano una costante nella mia testa, mentre ora la costante doveva essere il russo!

Arrivai all'esame agitata come mio solito e trafelata perché avevo studiato fino a tardi e non avevo sentito la sveglia suonare. Quando incrociai lo sguardo di Samuele, seduto qualche fila più avanti, decisi di mostrarmi amichevole e mi andai a sedere vicino a lui. La situazione tra di noi era ancora un po' tesa, ma piano piano stavamo ricominciando a parlare quasi in modo normale... quasi!

Fortunatamente quella mattina non c'era spazio per i nostri problemi personali, ci consultammo semplicemente sulle nozioni che avevamo studiato e cercammo di capire come funzionava l'esame. Quando fu il mio turno di essere interrogata, mi alzai, ma prima di raggiungere il professore, mi voltai verso Samuele e gli auguri buona fortuna, sorridendo gentilmente. Lui ricambiò affabilmente.

Nonostante tutti i miei drammi personali e i miei lavori impegnativi, passai l'esame con un buon voto. Grande Cami!


Qualche giorno dopo, un messaggio di Tommaso, mi informò che anche lui aveva superato l'esame di architettura. Sorrisi felice mentre guardavo il cellulare. Quando lo bloccai, sullo schermo nero mi apparve la mia immagine riflessa. Ero truccata con un cerone abbastanza chiaro, le gote rosa e le lunghe ciglia finte che mi irritavano gli occhi. Non ero assolutamente abituata ad averle! Indossavo una parrucca bionda con la frangetta, acconciata con due freccine laterali che mi ricadevano sulle spalle e si chiudevano con due grossi fiocchi rosa. Il tutto era completato da un vestito che mi arrivava alle ginocchia, anch'esso rosa, con sbuffi, pizzi e altrettanti fiocchi. Ero una bambola, ovviamente, perché dovevo pubblicizzare, appunto, un negozio di bambole.

Ancora con il cellulare in mano, mi ricordai che non avevo mandato la foto a Tommaso, ma proprio mentre stavo per scattare, nella mente mi balenò una perfida idea.


Quella sera, nel mio appartamento, indossai nuovamente il costume da bambola, con tanto di parrucca, ma questa volta, cambiai leggermente la sua innocente funzione. Mi truccai il viso con uno strato di fondotinta bianco, in modo da risaltare maggiormente i segni neri che mi disegnai ai lati della bocca, i quali arrivavano fino al mento. Poi mi dipinsi delle lunghe ed inquinanti ciglia sotto gli occhi e infine sfumai una riga di matita scura sulle guance per accentuare gli zigomi. Mi guardai allo specchio e mi ritenni soddisfatta. Sicuramente Tommaso si sarebbe spaventato!

Sapevo che non era in casa perché aveva gli allenamenti di boxe, così andai dall'altra parte del pianerottolo e suonai il campanello, sperando con tutto il cuore che non ci fosse anche Carolina. Fortunatamente, in casa c'era solo Samuele, che trasalì non appena mi vide così combinata. Ma quando gli spiegai la mia idea, fu entusiasta e mi lasciò piena libertà.

Mi nascosi in camera di Tommaso, tra la sua libreria e il letto. Rimasi in piedi nella penombra, in modo da essere comunque visibile non appena lui fosse arrivato. Mi scappava già da ridere, pensando alla sua faccia, ma cercai di trattenermi. Dopo diversi minuti, sentii una porta sbattere e la sua voce dire: "Sono a casa!"

Trattenni il fiato mentre sentivo i suoi passi lungo il corridoio. Quando arrivò sulla soglia della sua stanza, con una mano spalancò la porta, che era già semiaperta. Non gli lasciai il tempo di schiacciare l'interruttore. Avanzai di qualche passo fuori dal mio nascondiglio, rimanendo mezza all'ombra e mezza alla luce, che filtrava dal corridoio.

Lascia le braccia penzoloni lungo il corpo, rimanendo dritta con la schiena. Piegai la testa di lato, spalancai gli occhi e sussurrai con voce infantile: "Vuoi giocare con me?"

Tommaso rimase impietrito, con la mano ancora sulla maniglia e un'espressione terrorizzata sul volto. Non respirava nemmeno, se ne stava li immobile a fissarmi, incapace di reagire.

Mossi un passo verso di lui, piegando la testa dall'altro lato e aprendo le mie labbra in un sorriso inquietante. Fu allora che Tommaso sembrò intuire l'imminente pericolo e, senza dire una parola, aumento la presa sulla maniglia e attirò la porta verso di sé, chiudendola velocemente. Scoppiai a ridere, non riuscendo più a trattenermi, mentre sentivo, dall'altra parte del muro, che anche Samuele stava ridendo.

"Tommi, che faccia!" stava dicendo, prendendo in giro l'amico spaventato. Sentivo chiaramente che si stava divertendo un sacco.

"Credo di aver avuto un infarto!" sentii dire a Tommaso con voce tremante. Si stava ancora riprendendo. Aspettai paziente, al buio, che riaprisse la porta, e quando lo fece, accese subito la luce. Poi mi rivolse uno sguardo diffidente e allo stesso tempo offeso, restano sempre a debita distanza.

"Non ti piace il mio costume stavolta?" chiesi ironicamente.

"No" mi rispose lui seccamente "Ti prego, puoi cambiarti?" distolse lo sguardo dal mio viso. Probabilmente aveva paura di me anche con la luce!

"Vado! Però è stato divertente!"

"Per niente!" disse Tommaso con un'espressione di rimprovero "sappi che dovrai farti perdonare per questo. Sono arrabbiato con te!"

"Va bene, domani sera andiamo al cinema, offro io... anche i pop corn!"

"Affare fatto!"

Se son rose... appassiranno!Where stories live. Discover now