Capitolo 39

925 74 9
                                    

Mi sono lasciato prendere troppo la mano? Forse si.
Il pavimento è praticamente ricoperto di sangue, e le braccia non smettono di gocciolare più o meno da mezz'ora.
Mi sento debole e assonnato.
Eppure sto bene.
La mia mente è libera e nessuno potrebbe occuparla.

Devo chiamare Cecilia per scusarmi con lei.
Afferro il mio telefono e compongo il suo numero "Bella Cecia" sbadiglio "Hey Tanc. Come va?" Passo un dito in mezzo al sangue gocciolato a terra "Va tutto bene,te?" Lei scoppia in una leggera risata "Sono felice. Tra 1 ora circa potremo riabbracciarci" sorrido "Ci vediamo dopo allora" la saluto e poi attacco.
Non sapevo sarebbe venuta.
Ma non era sola. Chi c'era con lei?

Il campanello di casa suona e Diego va ad aprire.
Appoggio le spalle alla porta della mia stanza e mi guardo le braccia: Sono completamente rosse. I tatuaggi sono stati coperti dal sangue.

Chi l'avrebbe mai detto? Tancredi, il ragazzo stronzo e senza cuore, ricoperto di tagli e sangue sulle braccia.
Chi ci crederebbe mai? Nessuno.
Quando sei stronzo, non importa quanto tu stia male. Alla gente importerà sempre e solo la parte esteriore.

Milioni di volte dentro di me ero ridotto in mille pezzi, eppure fuori ero comunque uno stronzo. Nessuno, però, é mai venuto a chiedermi perché io sia così stronzo.
Magari è solo carattere, o magari è tutto quello che ho passato in vita mia.
Insomma, essere chiamato scheletrino, manico di scopa, capra o ignorante, dalla seconda elementare alla terza media ha avuto i suoi risultati.

"Sei solo una stupida capra scheletrica." Anche tu non puoi farmi questo "Ma noi siamo amici!" Dei singhiozzi escono dalle mie labbra, mentre tutti i miei compagni mi stanno intorno "Amici? Io non sono amico degli stupidi, o delle femminucce" mi punta un dito contro "Inizia a fare l'uomo. Non avrai mai amici sennò" Corro lontano da quella classe e mi chiudo a chiave in bagno.
Devo fare qualcosa. Non ne posso più.
Andare in quarta elementare non può essere così doloroso.
È tutta colpa della mia stupida dislessia.
Mi avvicino alla cassetta del water e afferro la corda. Me la lego intorno al collo e comincio a stringerla.
Mi manca l'aria. Non riesco a respirare.

Mi ritrovo in mezzo ad un mare di lacrime.
Detesto ricordare il mio passato.
Avevo 9 anni cazzo!Non posso piangere per delle cose accadute così tanto tempo fa.
Eppure non riesco a smettere.
Più ci penso e più i singhiozzi aumentano.
"Tancredi apri questa porta" eccola, di nuovo in mio soccorso.
Come farò a spiegargli tutto questo?
Come farò a dirle che l'ho delusa di nuovo?
Come? Come posso averle fatto una cosa del genere?
"Non posso" un singhiozzo mi sfugge dalle labbra e Martina comincia a tirare pugni sulla porta "Ho detto: apri questa cazzo di porta. Non voglio più ripetertelo" nego con la testa, anche se lei non può vedermi.
"Va bene Tancredi. Non aprirmi" La sento parecchio arrabbiata e preoccupata dalla voce, ma sento i suoi passi allontanarsi.
Tiro un sospiro di sollievo e mi metto in piedi.
Devo sistemare tutto questo casino.
Raccolgo delle cose dal pavimento e mi siedo un attimo sul letto.
Le braccia mi fanno malissimo. Non mi era mai successo.
Ho tagliato troppo questa volta. Cazzo.

La porta di camera mia si spalanca rivelando una Martina molto incazzata, che però si tramuta in preoccupata appena nota le condizioni mie e della camera.
"Perché? Perché così tanto?" I suoi occhi cominciano a riempirsi di lacrime, e corre subito al mio fianco "Mi avevi promesso di non farlo più" abbasso lo sguardo "Non ci riesco. Non posso farlo cazzo. È l'unico momento in cui sto bene." Comincia a ripulirmi le braccia.
Disinfetta i tagli e ci avvolge delle bende intorno.
Lei non parla, si limita ad asciugarsi qualche lacrima scappata al suo controllo, e continua a disinfettare e fasciare.

Quando ha finito mi fa stendere sul letto ed esce dalla mia camera, portando con se delle cartine e delle bustine di erba.

Poi ritorna trascinandosi con se un secchio e delle cose per pulire.

Vorrei dirle qualcosa, anche un semplice "lascia stare, ci penso io" ma non ci riesco.
Io l'ho ferita, l'ho delusa e non ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto.
Sono proprio un infame se faccio del male all'unica persona che mi è stata accanto in un momento del genere.

Sento la porta della mia camera chiudersi è solo adesso mi rendo conto che lei sia uscita.
Il pavimento è pulito, non c'è più una sola traccia di sangue ne di quello che è successo poco fa.
Le lamette non sono più sul pavimento, dovrei averle posate appena ho finito.
Apro il cassetto ma noto che non sono nemmeno li.
Non può essere. Non può averle prese lei.

Mi infilo una felpa e mi dirigo in salotto.
La trovo seduta sul divano con gli occhi gonfi e mi siedo accanto a lei "Perché Tancredi? Perché devi ridurti così?" Abbasso lo sguardo "Perché lo amo.." dico poi a bassa voce e lei mi afferra una mano "Lui non tornerà da te se ti distruggi. Non potrà stare con te se morirai. Perché si, continuando così, prima o poi morirai dissanguato" comincio a piangere "C'ho provato a smettere. Ma come faccio Martina? Come devo fare? È come se le lamette mi chiamassero e mi chiedessero di non abbandonarle"mi asciuga le lacrime e mi accarezza il viso "Ti prometto che troveremo il modo di uscirne. Lo faremo insieme." Mi abbraccia ed io le accarezzo i capelli "Non lo dirai a Gian e Diego vero?" Abbassa lo sguardo "Dovrei dirglielo. Ma, se non te la senti li terremo allo scuro da questa cosa. A patto che tu non dorma mai da solo" annuisco "Non dormirò più da solo." Lei mi sorride "Se i ragazzi dovessero non esserci, sali da me e facciamo un bel pigiama party. Che te ne pare?" Scoppio a ridere "Pigiama party? Mi hai preso per una ragazzina quindicenne?" Nega con la testa e continua a ridere "Guarda che sono fighissimi eh" la abbraccio nuovamente "Grazie di esistere biondina"

"Come niente fosse"/Tancredi Galli"Where stories live. Discover now