XXXIV.

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Oliver camminò sul selciato sconnesso fino ad un negozio con un'insegna che trovava inquietante, anche se non l'avrebbe mai detto al proprietario. Entrò e il campanello, che faceva un rumore che somigliava tanto ad una scoreggia, risuonò amplificato grazie all'alto soffitto. Sentí movimenti e un fracasso poco rassicurante dal retro finché George non comparve con una provetta con un liquido scuro all'interno, si tolse gli occhiali protettivi e gli sorrise. Sembrava perplesso e Oliver sospirò -hai parlato con Perce?- il ragazzo si batté una mano sulla fronte -prego, appostati pure- disse indicando uno sgabello che ispirava davvero poca fiducia, fece per prenderlo -oh, no quello meglio di no- ci pensò un attimo -quello dietro il bancone, è quello di Verity- si sedette senza cadere o prendere a girare su stesso e George parve sollevato e tornò a girare il liquido -che cos'è?- lo sperimentatore parve lusingato per la domanda. Cominciò a passeggiare per il negozio, tra le pile di oggetti -questo è un inchiostro che non si esaurisce- Oliver inarcò le sopracciglia e l'altro lo indicò con un dito -fammi finire. È un inchiostro che non finisce per penne a sfera- l'effetto che quella parola sortì su Oliver parve piacere molto al suo interlocutore -i Babbani sono incredibili, davvero. Sembro mio padre- sgranò per un attimo gli occhi -comunque, sto apportando alcune migliorie- si dilungò su come avrebbe rivoluzionato il modo di scrivere dei maghi, ma per non rinnegare la sua natura lo rassicurò sul fatto che avrebbe prodotto anche tipi che potevano esplodere. -Ed è stata quella che proprio adesso se ne sta andando dalla redazione che mi ha illuminato su questo strumento geniale- asserì facendo cenno con la testa.
Oliver scattò in piedi e diede una pacca sulla spalla a George che si appoggiò al banco pensando a quanto le sue perfettamente disordinate montagne di prodotti avessero rischiato di essere abbattute.

La vide irrigidirsi e rimanere bloccata, nel tentativo di sistemare come avrebbe voluto la sciarpa colorata per proteggersi dal vento che si era alzato. Sembrò confusa quando il suo sguardo cadde su ciò che lui aveva in mano.

Non sapeva se avvicinarsi, aveva paura che se ne andasse dandogli una spallata. La Katie che aveva conosciuto ragazzina non lo avrebbe fatto, ma la donna che era diventata gli risultava del tutto impossibile da prevedere. Si soffermò molto sugli stivali anfibi di lei prima di riuscire a decidere di parlare.

Riuscì solo a dire che gli dispiaceva, semplicemente.
Ma fu sufficiente: Katie rilasciò la tensione nelle spalle sentendo quelle parole.

Le rimise il libro tra le mani -lo stavi davvero buttando per quello che ti ho detto in preda ad una specie di attacco isterico?- disse incerto, Katie alzò gli occhi dal manoscritto che stava accarezzando con i polpastrelli. Era sorpresa. Scosse la testa -con tutto quello che abbiamo vissuto insieme- deglutì e i suoi occhi rimasero chiusi per un istante, come se quello che stava per dire le costasse uno sforzo -come pensi che tua opinione possa non interessarmi?-.
Oliver si rese conto di essere più vicino a lei di quanto non fosse mai stato in un momento in cui era cosciente o padrone di sé, quel terribile giorno al ponte non era affatto lucido. Ma in quel momento vedeva incredibilmente da vicino quegli occhi castani che tremavano per le lacrime trattenute, pensò che forse li preferiva chiusi perché così erano come una lama che lo trafiggeva e sentiva di meritarlo.

Poi lei si scusò, inspiegabilmente dal punto di vista di Oliver, per la sua instabilità dei due anni precedenti, per quella che definiva follia -ero così frustrata, mi sembrava che tutti fossero miei nemici. Poi ho capito che questo mi faceva stare bene- sollevò leggermente il libro con un sorriso -ma Ivy non è qui dentro, perché io rispetto il tuo dolore, quello di Fred, quello di Andromeda Tonks, quello di mio padre. Perché io lo conosco- indicò di nuovo i fogli -questa è una storia, che non avrei mai voluto scrivere- sputò quelle parole quasi esasperata, ma dopo aver ripreso fiato si ricompose mettendosi i capelli dietro un orecchio e sospirò. Oliver annuì e si mise le mani in tasca, fece qualche metro andandosene, ma poi si voltò.
Katie camminava lentamente evitando le pozzanghere forse per paura di cadere, il suo corpo si mosse da solo, lei scattò guardandolo perplessa -non dirmi che hai cambiato idea- quando la risposta fu negativa allargò le braccia sconsolata -accidenti, pensavo mi volessi strappare la borsa e tirare tutto in una pozzanghera- borbottò, poi si fermò notando qualcosa di strano nello sguardo di Oliver -che c'è?- poi sentì le mani ruvide del ragazzo prenderle il viso, le labbra contro le sue.

Vite che non si arrendonoWhere stories live. Discover now