XXXI.

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Le spiagge dell'Aberdeenshire erano costantemente battute dal vento, ma in quei giorni di giugno sembrava che il tepore del sole li invitasse a popolarle.

Oliver camminava sulla sabbia mentre i suoi fratelli correvano davanti a lui, Kenna faceva la ruota e delle capriole in aria che il fratello non riusciva a capire come fossero possibili mentre Philip tirava calci ad una vecchia Pluffa ormai fuori uso perché aveva visto dei ragazzi Babbani giocare con un palla in quel modo qualche anno prima e da quel momento si era messo in testa di dover imparare a giocare a calcio.

I tre fratelli passavano avevano passato la maggior parte dei pomeriggi delle ultime settimane fuori di casa, Oliver non voleva che i gemelli vedessero quello che rimaneva della loro madre aleggiare per casa con la vestaglia e i capelli sporchi tirando su con il naso. Quei due poi non avevano mai veramente vissuto con Ivy, non la conoscevano, erano ancora dei dodicenni e ad Oliver la loro spensieratezza faceva bene, era felice che non provassero il dolore che provava lui ogni volta che Kenna si affacciava alla sua porta come aveva sempre fatto l'altra sorella.

La ragazzina tornò indietro nelle sue capriole e camminò all'indietro davanti ad Oliver, il vento le faceva svolazzare i capelli in faccia mentre gli sorrideva. Aveva uno spazio tra i due incisivi che tutti avevano sempre trovato adorabile anche se lei lo avrebbe volentieri eliminato, aveva un sorriso così dolce che faceva sentire tutti meglio, ma a casa non sembrava riuscire nemmeno a parlare quando vedeva passare sua madre. Si era fatta una serie di trecce e le aveva aggrovigliate in cima alla nuca, come faceva sempre Ivy -ti stanno bene così- le disse indicando i capelli e lei si rabbuiò per un attimo -mi aveva insegnato Ivy, quando è tornata a casa- lui annuì mentre la ragazzina lo abbracciava. Oliver se la caricò sulle spalle e seguirono Philip che poco più in là urlava -sei proprio una femmina- il fratello maggiore rise e calciò la palla -sei scarso, Ollie- Kenna sbuffò -ne ha una per tutti-.

Si sedettero sulla sabbia vagamente tiepida e la ragazzina si voltò fissando il fratello, lo informò che lo aveva sentito respirare a fatica qualche notte prima e quell'espressione preoccupata fece capire ad Oliver che forse era abbastanza grande per sapere. Le raccontò della notte della battaglia e lei rimase in silenzio con gli occhi fissi su di lui che invece osservava il mare disegnando delle figure senza senso sulla sabbia, non aveva ancora rivissuto quei momenti parlandone con qualcuno e per quanto doloroso e devastante riuscì ad arrivare al momento in cui gli occhi di Ivy l'avevano guardato sorpresi. Poi Kenna chiese se si sentisse in colpa e lui poggiò la testa sulle ginocchia, la sentì appoggiarsi alla sua spalla -sono contenta che sia arrivati in tempo per salvarti, mi saresti mancato- un corpo più pesante di quello di Kenna si appoggiò sulla sua schiena -anche a me- mormorò Philip -mi manca anche la mamma-.

La sera successiva Oliver bloccò suo padre sulla porta del bagno e gli disse che sarebbe andato con i gemelli nel Maine dallo zio Bo, l'uomo non disse niente perché era consapevole di quanto la condizione di sua moglie facesse male ai suoi figli. Aveva pensato che la vitalità dei gemelli l'avrebbe risollevata, ma vedeva Kenna lanciare occhiate a Maeve mentre si occupava della cucina in silenzio cercando di evitare che si mettesse a piangere sentendo un bicchiere tintinnare più del dovuto, e Philip che non riusciva nemmeno a stare nella stessa stanza perché probabilmente avrebbe voluto darle un abbraccio, ma aveva paura di romperla. Poi c'era Oliver, convinto che lei lo incolpasse per la morte di Ivy quando Kit sapeva che lei considerava lui il colpevole -tu pensi sempre a tutti, Kit. Ma non ai tuoi figli- quella frase l'aveva ferito, si sentiva dannatamente in colpa perché anche lui aveva perso una figlia e aveva visto suo figlio in lacrime trascinato da Percy Weasley mentre Katie Bell faceva aleggiare il corpo di Ivy. E rivedeva nella sua mente quella scena, il sangue che ricopriva Oliver con quell'orribile ferita, le trecce di Ivy impregnate di polvere e calcinacci. Era caduto a terra, come se qualcuno gli avesse stritolato cuore e polmoni contemporaneamente, aveva sentito di nuovo e non avrebbe mai voluto sapere quale fosse la reazione del corpo di uno come lui alla morte di un figlio. Era stata quella ragazza a cui aveva rovinato ala vita a soccorrerlo e lui aveva avvertito quanto il suo corpo fosse scheletrico, Maeve non aveva specificato che nel suo pensare sempre agli altri, non era riuscito a fare niente di buono nemmeno con loro. Aveva stretto il corpo della sua bambina, pensando che i suoi organi gli sarebbero esplosi nel petto, gli occhi di Oliver lo guardavano con la morte dentro. Ed in quel momento Kit seppe di essere morto anche lui.

Maeve si alzò dal letto con un fazzoletto in mano e si passò la manica sugli occhi, non si stupì del silenzio che regnava in quella casa ormai da due mesi e si diresse verso il bagno, la porta della stanza di Oliver era stranamente aperta, ma non aveva la forza di capirne il motivo. Con la coda nell'occhio vide che sul letto c'era solo il nudo materasso e barcollò fino alla stanza, aprì gli armadi che trovò vuoti ad eccezione della divisa da Quidditch abbandonata in un polveroso angolo da un anno, le camere di Kenna e Philip era vuote allo stesso modo. Girò su se stessa presa dallo sconforto e si sedette sulla sedia che fino a qualche tempo prima era stata coperta di vestiti sporchi.

Scese le scale e arrivò in cucina dove Kit stava prendendo il caffè -dove sono- mormorò indicando con l'indice tremante il piano superiore, lui poggiò la tazzina e sorrise -sono da Robert, in America- lei rimase a bocca aperta senza riuscire a dire niente e si mise le mani nei capelli scompigliati, poi si mise ad urlare per la prima volta dalla morte di Ivy.

Kit subì la frustrazione della moglie senza dire niente finché non la prese per i polsi quando lei iniziò a prendere stancamente a pugni il suo petto -loro hanno il diritto di andare avanti- le disse fissandola -non devono aver paura di parlare perché tu potresti crollare ancora di più. Hanno un futuro, loro ce l'hanno- chiuse gli occhi e le lacrime gli scesero sulle guance insinuandosi tra le rughe -cosa credi che stia pensando Ivy vedendoti così? Te la ricordi? "Papà devi sorridere di più, tutto passa"- Maeve che vedeva per la prima volte suo marito piangere non riusciva a parlare -ho ancora tre ragazzi che mi chiamano papà, e non so tu, ma io non li voglio perdere- scosse la donna -io li ho lasciati andare perché tu non hai pIù una figlia, ma loro non hanno più una sorella. Kenna si pettina come lei da due mesi. E Oliver l'ha vista morire, lo sai?- lei gli gettò le braccia al collo e lui fu sollevato che finalmente l'avesse fatto.

Oliver ricominciò ad allenarsi dopo mesi e nonostante arrivasse alla fine della giornata distrutto, era felice di esserlo perché lo stava facendo per tornare alla sua passione.

Suo cugino gli lanciava Pluffe per pomeriggi interi ed alla fine aveva insegnato anche ai gemelli e sua sorella a tirare con una discreta potenza, Kenna si era rivelata una discreta Cacciatrice ed Oliver era felice che almeno qualcuno avesse una predisposizione per quello sport nella sua famiglia.

Notizie confortanti arrivarono da suo padre a metà agosto, sua madre l'aveva accompagnato a comprare le cose per scuola per i gemelli e stava bene -è sempre stata una testa dura, mio fratello- aveva osservato suo zio con gli occhiali sul naso mentre leggeva la lettera -è la genetica- borbottò zia Ruth prendendosi una lieve gomitata.

Ad Oliver piaceva tanto l'accento di quella donna con gli occhi a mandorla, suo zio non aveva mai perso l'accento scozzese ed anche i suoi cugini non avevano la cadenza americana così accentuata, ma lei sembrava forzarla solo per distinguersi da loro e farli divertire.

La settimana successiva i fratelli Wood prepararono i loro bauli e salutarono gli Stati Uniti -Matt, devi venire in Gran Bretagna. Devi vedere una partita- il ragazzo che aveva i tratti della madre si era stretto nelle spalle -vediamo se ti riprendono in squadra, non sei tanto in forma- osservò mettendosi a ridere.

Vedere sua madre sorridere di nuovo, con la coda di cavallo perfettamente composta fece provare ad i fratelli un senso di sollievo incredibile, Philip incerto le corse incontro non appena lei aprì le braccia incitandoli. Kenna guardò Oliver come per capire se fosse il caso e lui la spinse leggermente. Suo padre gli consegnò un busta, dopo che sua madre lo ebbe stritolato e gli ebbe chiesto scusa per cinque minuti. C'era lo stemma del Puddlemore impresso sulla ceralacca.

Vite che non si arrendonoWhere stories live. Discover now