XXI.

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Il corpo senza vita di Cedric Diggory giaceva davanti a loro, Harry piangeva disperato senza che riuscissero a staccarlo da lui, Katie fissava la scena avendo ormai capito che cosa fosse successo.

Le ore successive furono un delirio indescrivibile, la tragedia così grande che nessuno sembrava riuscire a seguire razionalmente il corso degli eventi, un'unica cosa era stata chiara a tutti, Harry aveva detto che era stato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ad uccidere Cedric. Lord Voldemort sembrava veramente essere tornato.

La signora Diggory si aggrappò alle braccia di Oliver urlando per il dolore, il signor Diggory singhiozzava seduto accanto a Kit Wood, gli Wood erano subito arrivati ad Hogwarts non appena avevano saputo dell'accaduto. Oliver con la gracile donna tra le braccia non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso pallido dell'amico, le lacrime scesero silenziose sulle guance, strinse le labbra e guardò in alto per cercare di contenerle. Non aveva il diritto di piangere davanti a due genitori devastati, poteva solo sostenere la loro disperazione.

Il signor Wood con gli occhi lucidi guardò il figlio e fu felice di vederlo lì e non sdraiato su quella branda, e la cosa lo fece sentire in colpa. Lo sapeva che si trattava di un evento pericoloso e non aveva lottato abbastanza per non permettere che si svolgesse, e Tu-Sai-Chi, se fosse stata davvero opera sua si trattava dell'inizio della fine.

Oliver era semiseduto sul bordo del ponte fissando il lago tremando, gli occhi gli bruciavano terribilmente, ma la ferita vera era nella sua coscienza, avrebbe potuto impedire a Cedric di mettere il proprio nome nel Calice, aveva avuto l'impressione che non fosse la cosa più indicata, ce l'aveva avuta, ma non aveva detto niente. Aveva lasciato che l'amico dimostrasse il suo valore, ma tutti conoscevano già la straordinarietà di Cedric Diggory, non ne aveva bisogno, infatti lui non l'aveva fatto per sé, ma per la sua casa che era anche la sua famiglia, per dimostrare agli occhi degli altri che anche loro valevano qualcosa. Oliver aveva capito questa necessità, stupidamente non aveva riflettuto su quanto fosse infinitamente diversa una competizione di Quidditch da un Torneo come quello, in tempi come quelli. Non osava pensare che l'ultimo essere che Cedric aveva visto da vivo potesse essere stato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Non riusciva a non sentirsi responsabile, perché lo era, e sapeva che anche suo padre pensava lo stesso di sé, da qualche parte nel castello. Ripercorreva le ultime ore senza sosta nella sua mente, soffrendo ogni volta di più.

Quella mattina Oliver era corso in salotto dove aveva trovato suo padre con gli occhi sbarrati, il ragazzo aveva cercato con tutte le proprie forze di non andare nel panico. Aveva scoperto che cosa significasse il poter avere delle percezioni sulla vita che si spegne di cui tanto aveva letto sui libri druidici, ma non avrebbe mai voluto che quella vita fosse così connessa a lui. Aveva sperato di essersi sbagliato, di essere troppo giovane e di aver confuso i segni, ma suo padre l'aveva spinto verso la porta -Maeve, è Cedric- la donna si era portata una mano sulla bocca e aveva fatto loro cenno di andare, poi l'avevano vista accasciarsi sulla sedia.

Suo padre aveva rotto il silenzio solo una volta che erano giunti ad Hogsmeade -sarà una delle cose più difficili che farai in vita tua- deglutì -ma loro sono di famiglia- mormorò Oliver, l'altro annuì -lo sanno che saremmo arrivati, Silente ci farà entrare-. Nell'atrio Percy era corso loro incontro con aria stravolta e senza dire una parola aveva fatto loro cenno di seguirli. Non era così che Oliver avrebbe voluto rivedere Percy, non era così che sarebbe voluto rientrare nella scuola, non avrebbe voluto correre nei corridoi sapendo che avrebbe trovato da qualche parte i due più cari amici della sua famiglia distrutti dalla perdita del suo più vecchio amico.

In qualche modo era riuscito a rimanere in sé, sorreggendo la signora Diggory che sussultava per ogni lacrima, si chiese se le lacrime di quella donna avrebbero mai potuto smettere di scendere sul suo viso ormai segnato per sempre. Avrebbe tanto voluto che la sua mamma fosse lì, lei avrebbe saputo cosa dire, cosa fare, invece l'unica cosa che lui riusciva a fare era stare fermo sforzandosi di non piangere, dilaniato dal dolore per Cedric e dal dolore che, con il contatto corporeo, percepiva immensamente più grande nei suoi genitori.

Con le mani in tasca e il volto tirato Katie si fermò in piedi davanti a lui. Lui la guardò con gli occhi gonfi -come stai?- mormorò, a quelle parole Oliver strinse gli occhi e chinò la testa prendendo a singhiozzare, la sentì abbracciarlo e poggiare il mento sulla sua testa.

Oliver pianse sul petto di lei che rimase immobile accarezzandogli di tanto in tanto i capelli, pianse tutte le lacrime che riuscì a piangere senza riuscire a fermarsi, si era trattenuto così tanto e alla fine non ce l'aveva fatta più.

Quando sentì di essere pronto la allontanò leggermente e tirando su con il naso, si asciugò gli occhi con la manica, non osò guardarla per il terrore di poter scorgere pena nei suoi occhi, per paura che potesse sentirsi dire una frase scontata. Ma lei se ne andò, risalendo verso il castello, lasciandolo lì, libero di tornare ai suoi pensieri. Cedric aveva ragione, non era come le altre, aveva una sensibilità e una delicatezza del tutto diverse dalla norma, il ricordo di Cedric che gli lanciava la Pluffa nel giardino mentre gli faceva queste considerazioni allargò ancora di più la ferita.

Fu Ivy, tornata dal Giappone, a parlare al funerale di Cedric, si era offerta volontaria vedendo tutti gli altri non in grado di formulare una frase in quella situazione. Sul cimitero quel giorno di inizio luglio splendeva il sole, forse lo faceva per Cedric, Oliver aveva chiesto a suo padre e l'uomo aveva stretto le spalle dicendo che anche la natura percepiva il dolore umano.

Ivy aveva preso parola, con un foglio in mano che ben presto aveva accartocciato e si era infilata in tasca.

-Ricordo come se fosse ieri, il giorno in cui Cedric è nato. Avevo sei anni e lo guardai pensando che fosse davvero bello e non grinzoso- la signora Diggory sorrise lievemente -ricordo quanto Oliver si arrabbiò quando Cedric imparò a volare al primo tentativo, perché Cedric era così. Riusciva a fare bene tutto ciò che faceva. Un po' certo era un dono di natura, ma era anche una persona che sapeva ascoltare, accettare gli insegnamenti e i consigli degli altri. Mi aveva ascoltato mentre gli dicevo di non piegare così tanto le ginocchia- Oliver sbattè le palpebre ripensando a quei momenti -mio padre, ha sempre detto di percepire qualcosa di diverso in lui, una forza più straordinaria delle altre. Più luminosa. Ed io non so se fosse vero, ma so che Cedric era capace con un sorriso di illuminare anche i giorni più bui e so che tutti saranno d'accordo con me. Aveva sempre una parola gentile, per tutti, soffriva per il fatto che lo credessero uno snob, perché non lo era. Sapeva essere schivo, ma chi lo conosceva, chi lo conosceva davvero, non poteva che ammettere quale persona straordinaria fosse. Il mondo, io ne ho visto parecchio, avrebbe avuto ancora bisogno di Ced. Buon riposo- il signor Diggory imprigionò Ivy in un abbraccio e sua madre vide una lacrima rigare il volto della figlia, quando tornò accanto a lei e accarezzò la schiena -sono orgogliosa di te- la ragazza annuì spostandosi i capelli scuri su una spalla. Ivy chiuse gli occhi e rabbrividì, guardò quella ragazza, Cho Chang, che piangeva e scosse la testa.

Quella sera tirò fuori dal suo baule un pacchetto di sei lettere che sua madre le aveva consegnato poco dopo il suo ritorno, che era avvenuto non appena aveva saputo di Cedric. Decise che per il momento non le avrebbe aperte, non voleva ammetterlo, ma sapeva in cuor suo che le avrebbero fatto troppo male.

Vite che non si arrendonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora