5. Una doppia natura

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La notte a nord di Nénór fu fredda e lunga, il vento gelido soffiava tra le colline nebbiose, l'aria umida rendeva difficile respirare senza percepire quella pungente sensazione di ghiaccio nel petto e per Katsuki fu difficile rimanere in piedi tutto quel tempo in cerca di qualcosa da mangiare. I suoi muscoli intorpiditi e scossi da brividi rendevano il suo corpo rigido, i suoi passi si trascinavano sul terreno ogni qual volta veniva investito da folate di vento pungente e a fatica i suoi occhi avevano vagato nel buio della notte in cerca di un qualunque movimento che potesse avvisarlo della presenza di una preda.

E infine giunse l'alba con la sua luce tenue filtrata dalla nebbia e l'aria umida di qualche ora prima. Versi indistinti di animali appena svegli giungevano lontani alla torre Minas-hithui, il vento si insinuava attraverso le pareti in pietra, ma il suo gelo veniva sopraffatto dal calore del fuoco le cui fiamme erano state ravvivate da pochi minuti. Fu la sensazione di quel caldo così intenso a ridestare per la prima volta il ragazzo che da fin troppe ore giaceva privo di sensi nell'ambiente abbandonato della torre, il crepitio del fuoco che divorava la legna giunse in un primo istante ovattato e lontano alle sue orecchie, diventando lentamente più nitido e chiaro. I suoi muscoli dolevano, la superficie sotto di sé era scomoda, benché coperta dalla paglia, un dolore improvviso lo colse allo stomaco quando mosse impercettibilmente i suoi arti, diradandosi poi lungo la sua gamba destra. Emise un mugolio appena impercettibile prima di gemere per il dolore, quando socchiuse gli occhi la luce del giorno lo investí con una violenza tale da fargli strizzare le palpebre mentre un forte mal di testa lo costringeva a mugolare di nuovo.

«non ti conviene muoverti, sai?» la voce che giunse alle sue orecchie riecheggiò nella sua testa aumentando il martellante dolore alle tempie, ma nonostante ciò cercò di riaprire gli occhi e le sue iridi rosso cremisi, appannate dalle lacrime per lo sforzo di tenere le palpebre socchiuse, si voltarono alla sua sinistra, verso la stanza che si apriva davanti a lui. Un ragazzo dai capelli biondi sedeva sul pavimento al di là del fuoco, la sua figura appariva confusa a causa del calore emanato dalle fiamme, ma la sua presenza fece comunque sobbalzare il rosso.

«d-dove mi trovo?» la voce abbandonò a fatica le sue labbra secche e la gola bruciò a tal punto da fargli lacrimare gli occhi. Cercò di muoversi ignorando i muscoli intorpiditi e il dolore al ventre, sollevò lentamente le spalle e a fatica poi il suo corpo ricadde sul gomito sinistro tenendo il suo busto sollevato e rivolto verso il suo fuoco. Non guardava l'altro ragazzo, il suo sguardo era rivolto sul pavimento in pietra mentre la sua mente cercava di ricordare cosa fosse successo e come fosse giunto fin lí

«siamo a Minas-hithui, a nord di Nénór» sentiva lo sguardo dell'altro su di sé, ma era troppo distratto dai suoi pensieri che cercavano di mettere insieme tutti gli eventi che gli erano capitati

«va tutto bene» la voce giungeva lontana, un tono esitante, quasi rassicurante, due mani protese in avanti e un volto di cui non riusciva a distinguere i lineamenti.
I suoi occhi si stavano socchiudendo, riusciva a distinguere solamente quelle due mani vicino a sé, ma il coltello che quelle dita stringevano lo spingeva a tenere gli occhi aperti.
«non ti farò del male» aggiunse la voce, la lama scivolò via dalla mano e quando quei palmi aperti furono rivolti verso di lui iniziò a sentirsi sempre più debole, la vista si oscurò, il ragazzo di fronte a sé svaní, poi buio.

Quando si rese conto di essere coperto da un caldo mantello con gesti frenetici scostò la stoffa rivelando il suo stomaco e la sua gamba fasciati da un tessuto rosso rappreso di sangue.

«ho fermato il sangue e usato le alghe del Lago Rosso per l'avvelenamento, per fortuna non erano ferite profonde, ma se non avessi fermato il veleno probabilmente non avresti superato la notte» il ragazzo poco distante parlò ancora e il senso di irrequietezza si placò in lui. Di certo non sembrava intenzionato a ucciderlo, o almeno così sperava.
«chi sei?» soffiò passando la lingua sulle labbra secche, aveva sete e ogni qualvolta che parlava la gola doleva sempre di più.
«tieni, bevi» ribatté il biondo, dopo aver bevuto un breve sorso d'acqua, lanciandogli la sua borraccia in pelle che giunse poco distante da lui. Il suo gesto gli aveva senz'altro dimostrato che l'acqua fosse buona, dal momento che sicuramente l'altro avrebbe esitato; con gesti rapidi il rosso svitò il tappo e bevve tutta l'acqua contenuta nella borraccia fin quasi ad affogarsi.
«s-scusa» sussurrò infatti rendendosi conto di averla svuotata e l'altro si alzò in piedi avvicinandosi a lui di pochi passi
«non importa - si chinò alla sua altezza piegando le gambe e facendo gravare il peso del proprio corpo sulle punte dei piedi - mi chiamo Katsuki Bakugo» rispose alla sua precedente domanda

The legend of dragons || KiribakuWhere stories live. Discover now