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Non c'era mai stata tutta questa affluenza di demoni e altre creature infernali in giro per Tijuana come oggi.

Il fatto che rientrassi nella classifica grazie, per così dire, alla mia natura, non mi importava poi così tanto. Non mi sentivo come loro, dei miserabili che non facevano altro che confermare il cliché su noi demoni, dove tutti ci credevano crudeli, bugiardi, bisognosi di potere. Crudele lo ero certamente, ma solo con chi meritava una punizione. Ogni demone possedeva un minimo di libero arbitrio: essere un bastardo che godeva del dolore e dell'angoscia di chiunque o essere un bastardo che gode solo del dolore dei peccatori. Mi rendevo conto che la logica comune non era sbagliata, per essere reputato una creatura crudele in ogni caso tanto valeva fare solo il male, ma io non c'ero mai riuscita.

Forse per il dono, che avrei preferito non avere, che ogni figlio di uno dei sette primogeniti di Satana possedeva dalla nascita: bastava unire il nostro sguardo con gli occhi di qualsiasi altra creatura infernale per poterne vedere l'essenza. In pratica vivevamo circa 15 secondi della loro vita tramite i loro occhi, un po' come un trailer, ed era molto utile. Almeno per me, che mi interessava fare del male solo a chi il male lo aveva già fatto.

Sospirai e girai l'angolo per entrare nel quartiere di Avenida Revolución, come sempre piena di gente più di qualsiasi altro quartiere. La maggior parte dei turisti con tempo limitato fa di Avenida Revolución, essendo una zona centrale, il primo approdo, alcuni perché conoscono già il famoso luogo e altri seguono semplicemente la calca del resto della gente. Le creature infernali invece sceglievano questo posto per il caos che si trovava ad ogni ora del giorno e della notte, così era facile che nessun umano si rendesse conto di ciò che veramente succedeva tra una bancarella e l'altra. Patti con il diavolo, prosciugamenti di corpi umani, sesso, successo e soldi in cambio della propria anima e altre mille cose diverse, ma tutte allo stesso modo terribili.

Mi sentivo osservata, da umani e non, ma ci ero abituata. Con i miei meravigliosi capelli neri dalle punte viola, le braccia coperte dai tatuaggi e il tubino di pelle nera che mi fasciava il corpo alla perfezione non potevo passare inosservata e farlo non era neanche la mia intenzione. Non mi dispiaceva essere guardata, o peggio, temuta.

A parte il cibo delle bancarelle, per circa otto isolati non si trovava traccia di bar, ristoranti o negozi di souvenir, c'era solo Cesare, l'icona reale. Tijuana è la culla dell'insalata Caesar, inventata nel 1924 all'Hotel Caesar in questo quartiere dal ristoratore immigrato italiano Cesare Cardini, e quella era la mia meta. Non avevo bisogno di nutrirmi di cibo umano, ma a differenza di qualsiasi altro demone sentivo molto più gusto nel mangiarlo a causa della mia natura, almeno per metà, di dea.

Entrai senza neanche prenotare e mi trovai da sola un posto dove sedermi, respirando a pieni polmoni per sapere se fossi l'unica creatura al suo interno. C'erano un paio di demoni incubi e anche un paio di donne succubi, in attesa di trovare le loro vittime adeguate e seguirli fino a casa, per poi avventarsi su di loro come le api con il miele sostanzialmente.

Tornai a guardare il cameriere, che sembrava ammaliato dalla mia bellezza, e sorrisi, ordinando un insalata Caesar. Avevo proprio voglia di una delle sue insalate, con lattuga romana, il parmigiano grattugiato, i crostini, l'uovo e la salsa. Dannazione che buona, ne sentivo già il gusto in bocca.

Un calore improvviso mi accarezzò la schiena e un odore aspro mi fece storcere il naso con sdegno, prima di vedere un possente demone sedersi di fronte a me con totale incuranza, ma anzi sorridendo.

Era alto, almeno un metro e novanta, e aveva un fisico realmente possente, le spalle grosse poco meno di un armadio e la vita snella, sicuramente dura come la pietra. Indossava vestiti adeguati all'età che indossava, un classico ventitreenne o giù di lì, con una polo blu senza colletto e un jeans più che normale. Il colore della sua maglia gli enfatizzava gli occhi, faticavo a credere che non fosse una cosa voluta, e la pelle olivastra era diversa dal solito, non aveva la comune tonalità calda, ma piuttosto una scura sfumatura che, ad un umano qualsiasi, avrebbe potuto incutere timore.

FatumWhere stories live. Discover now